Da: La Repubblica del 3 marzo 2001
Il dolore m’impedisce di mangiar carne
risponde Corrado Augias

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Salve, sono un assiduo ed interessato lettore della sua rubrica. Ho deciso di scriverle più che altro per sfogo personale. Ho 24 anni e da oggi ho deciso di diventare vegetariano.

Era già da un po’ che ci pensavo, ma la spinta decisiva l'ho avuta guardando la trasmissione "Sciuscià" su Raidue. La puntata, trattando il tema della «mucca pazza» descriveva anche le condizioni in cui sono costretti a vivere gli animali destinati al macello e quindi alle nostre tavole.

Deve credermi se le dico che sono andato a dormire con le lacrime agli occhi e con un'angoscia che non mi ha fatto chiudere occhio per almeno un'ora. Ho visto maiali che stanno per nove mesi in gabbie (di centimetri 60x200) dove non possono nemmeno girarsi fino al giorno della macellazione, tacchini e polli che vivono ammassati uno sull'altro non facendo altro che mangiare e bere per raggiungere la bellezza di 18 chili. Tale peso non consente loro nessun movimento perché le zampe troppo esili rischierebbero di spezzarsi. Pulcini, modificati geneticamente, che come in una catena di montaggio scorrono su nastri trasportatori e vengono poi divisi, senza un minimo di delicatezza, tra maschi, femmine, sani e non sani come si fa con i pomodori.

Io dico che se questo è il punto in cui ci ha portato lo sviluppo, se questo è il prezzo da pagare per avere carne sempre più a buon mercato io non ci sto e preferisco privarmi del piacere di mangiare la carne, perché dopo ciò che ho visto non riuscirò più a mangiare carne con il gusto di prima.

Come vede la mia decisione non è stata presa per il morbo della «mucca pazza», perché magari ho già dei bei prioni che mi girano per il corpo e non vedono l'ora di arrivare al cervello per «papparselo».

Una cosa è certa, se avrò dei figli non so se riuscirò a dare loro da mangiare della carne.

Marco Croce Lainate (Mi) mar.cro@tiscalinet.it


Caro Marco,
lei tocca il cuore dell’argomento quando si chiede se sia questo il prezzo per avere carne a buon mercato, cioè in abbondanza.

Proprio così, il prezzo è questo.

Se i polli si allevassero facendoli becchettare liberi sull’aia come ai tempi di mio nonno, sarebbero la vivanda di lusso che erano ai tempi di mio nonno. Se le case fossero costruite come ai tempi di mio nonno costerebbero il doppio o il triplo, lo stesso vale per le automobili e per qualsiasi altra merce. Così stanno le cose, duramente, all’epoca dei consumi di massa in cui lei vive i suoi 24 anni.

D’altra parte i giovani di oggi sono meglio nutriti, più alti, più belli e vivranno più a lungo di mio nonno anche perché mangiano meglio e mangiando meglio hanno anche più energie per fare sport, curare l’igiene eccetera eccetera.

Questa civiltà non ammette deroghe alla sua ferocia, alla sua impazienza, al suo egoismo e agli indiscutibili vantaggi che procura. Un limite ci sarebbe, quello delle creature vive che hanno un sistema nervoso centrale e soffrono come noi il dolore fisico. Il limite ci sarebbe, in teoria, ma i tempi di produzione non permettono di rispettarlo.

Il solo rifiuto diventa allora quello individuale, la scelta che lei pubblicamente annuncia di aver fatto.

Mi permetto un solo consiglio: quando avrà dei figli prima di imporre loro la sua scelta ci pensi. Ci sono voluti secoli perché in questo paese i bambini potessero mangiare carne, prima di abolirla è il caso di valutare bene le conseguenze.


Caro Augias, non sarà il contrario?
Che prima di continuare a mangiare carne... è il caso di valutare bene le conseguenze?