PAVIA. «Purtroppo la nostra battaglia ha avuto un epilogo tragico, con la morte di tutti
i 19 beagle utilizzati negli esperimenti. Ma non ci arrendiamo: vogliamo sapere chi, e con
che modalità, ha soppresso i cani».
Gli animalisti pavesi tornano ad alzare la voce contro le sperimentazioni sui beagle
condotte al Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica di piazza Botta.
La loro speranza di adottare almeno 6 dei 19 cani è svanita nei giorni scorsi, dopo una
lettera inviata al Ministero della Sanità dalla dottoressa Francesca Crema, responsabile
degli esperimenti.
La comunicazione, partita da Pavia il 22 febbraio, ufficializzava la conclusione dei
«protocolli sperimentali» e la «soppressione mediante eutanasia dei cani beagle
utilizzati in detti protocolli sperimentali». Inoltre veniva evidenziato che «i
risultati della ricerca sono stati soddisfacenti sul piano scientifico e rispondenti alle
apsettative nell'ambito dei progetti di ricerca di rilevanza nazionale e internazionale
cui il Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica da tempo aderisce».
Pochi giorni prima (venerdì 16 febbraio) l'onorevole Carla Rocchi, sottosegretario alla
sanità, aveva scritto al professor Antonio Crema ed alla dottoressa Francesca Crema
invitandoli a «considerare l'opportunità che i cani beagle, utilizzati nelle ricerche,
possano essere affidati in adozione ad associazioni animaliste disponibili a farne formale
richiesta».
Ed è stata questa la speranza che gli animalisti di Pavia hanno coltivato sino a pochi
giorni fa, prima che da piazza Botta arrivasse la conferma della morte di tutti e 19 i
cani.
«Dopo l'ispezione disposta in novembre dal ministro Veronesi - spiegano gli animalisti -
avevamo sperato di salvare almeno 6 dei 19 cani. Purtroppo non è stato possibile. Adesso
però vogliamo sapere tutta la verità sulla morte di questi animali.
C'è un comitato etico che deve esprimersi prima di consentire le sperimentazioni: che
cosa ne pensa? E che vantaggi ci saranno dopo gli esperimenti sui beagle? Infine chiediamo
che vengano scelti altri sistemi didattici, che non prevedano le sperimentazioni animali.
E' una strada già seguita in altri centri italiani: non vediamo perchè non debba essere
seguita anche a Pavia».
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