I popoli indigeni sono vittima dei cambiamenti climatici
I cambiamenti climatici dell’ultimo decennio stanno accentuando gelate, grandini, piogge e inondazioni. Particolarmente colpiti sono il centro e il sud delle Ande, dove si concentrano diverse popolazioni indigene di Bolivia, Colombia, Ecuador e Perù, tutti e quattro paesi membri della Comunità Andina (CAN). In un comunicato, datato 15 ottobre, la Coordinatrice Andina delle Organizzazioni Indigene (CAOI) ha messo in risalto il fatto che, nonostante i gruppi indigeni risultino i più colpiti da tale situazione, questi rimangano esclusi dai comitati nazionali sul clima.
Nelle zone più alte delle Ande, infezioni respiratorie acute (IRAS), bronchiti e polmoniti, sono le principali cause di morte di bambini e anziani. Nelle regioni più basse, la maggior parte dei decessi sono dovuti a dissenteria acuta (EDAS).
Il servizio di acqua potabile raggiunge solo il 37% della popolazione rurale boliviana e il 38% di quella ecuadoriana. Inoltre solo il 45% delle zone rurali dei quattro paesi andini dispongono dei sistemi sanitari basici.
Nelle regioni andine situate a 3.000 metri sopra il livello del mare, i venti gelati provenienti dall’Antartide hanno raggiunto i 40 Km/h, causando brusche discese della temperatura. Le gelate che ne conseguono colpiscono l’agricoltura, l’allevamento e la salute umana, provocando bronchiti e polmoniti, in primo luogo agli anziani e ai bambini fino ai cinque anni.
Nelle catene peruviane la temperatura media oscilla tra i 12°C e i -12°C, soprattutto in regioni come Paco, Junin, Huancavelica, Puno, Cuzco, Moquegua e Tanca (Catene del centro e del sud).
In Ecuador il fenomeno del Niño ha causato, nel marzo dello scorso anno, piogge intense. Le inondazioni che ne sono conseguite hanno colpito la catena e la costa del paese; 500.000 persone ne hanno subito i danni, oltre alla distruzione di ponti, strade e sistemi di fornitura dell’acqua. I casi di dengue e epatite sono stati innumerevoli.
In molte regioni della Bolivia, le forti precipitazioni, assieme alle gelate e alla grandine, hanno causato, nel marzo del 2007, inondazioni, frane. Più di 100.000 famiglie ne sono state colpite, la metà delle quali costituite da indigeni della regione dell’altipiano. Circa 80.000 ettari di coltivazioni sono stati distrutti. La fonte di tali informazioni è la CAOI.
Mancanza di rappresentanza indigena
Nonostante le popolazioni indigene della regione andina siano le più colpite da questi fenomeni climatici, i governi non lasciano loro alcuno spazio nel momento della formulazione dei piani per l’esecuzione del Protocollo di Kyoto.
In Bolivia, per esempio, il Consiglio Interistituzionale sul Cambiamento Climatico, creato nel 1999, fino ad oggi non ha una rappresentanza indigena e in Colombia i gruppi indigeni restano esclusi dal Comitato Tecnico Intersettoriale di Mitigazione del Cambiamento Climatico, creato nell’agosto del 2003.
In Ecuador, il Comitato Nazionale sul Clima prende decisioni riguardanti le misure climatiche dal 1999, senza la presenza dei popoli indigeni. Anche i gruppi del Perù sono esclusi dalle discussioni della Commissiona Nazionale del Cambiamento Climatico, creato nel maggio di quest’anno.
La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambio Climatico (CMNUCC) è stata ratificata dall’Ecuador (nel febbraio del 1993), dal Perù (neò giugno del 1993), dalla Bolivia (nel luglio del 1994) e dalla Colombia (nel marzo del 1995). I quattro paesi della Comunità Andina dispongono di strategie di implementazione della convenzione.
Un altro progetto congiunto – a cui però la Colombia non partecipa - è il Progetto Regionale Andino di Adattamento al Cambiamento Climatico (PRAA). Firmato nel 2006 da Bolivia, Perù ed Ecuador, l’iniziativa è finanziata dal Fondo Globale per l’Ambiente e dunque obbliga la realizzazione delle attività di divulgazione, diffusione e consultazione pubblica.
La CAOI ha denunciato, tuttavia, che solamente lo Stato colombiano ha dato avvio alla realizzazione di laboratori sul tema, nei municipi di Batallas, Pucarani, Mecapaca e Palca.
“Questa esperienza dovrebbe costituire un punto di riferimento per futuri progetti che includano la partecipazione indigena nei progetti sul cambiamento climatico, con il fine di inserire e valorizzare, attraverso il loro apporto, la nostra conoscenza tradizionale sul comportamento del clima all’interno degli ecosistemi di montagna”.
Traduzione di: ANNA BIANCHI
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