Ultima corrida a Barcellona?
A fine settembre ha avuto luogo quella che potrebbe essere l’ultima corrida a Barcellona. Il calante interesse della popolazione e la pressione da parte di ecologisti e regionalisti porterà ad un referendum davanti al parlamento catalano, dove verrà decisa la sorte della corrida e dei tori.
Il 27 settembre ha avuto luogo l’ultima corrida a Barcellona. Forse. Tutto dipende da una prossima votazione del parlamento catalano. L’ultima generazione non sembra più interessata a questo genere di eventi. I 19.000 posti della Plaza Monumental, l’arena dove ha avuto luogo la corrida di fine settembre però, erano tutti venduti. E questo nonostante i biglietti per una corrida abbiano i prezzi di un’entrata all’opera. Questo entusiasmo era forse dato dall’avvenimento della giornata: è ritornato in campo José Tomàs, uno dei ‘matador’ (letteralmente: ammazzatori) più celebri, che era stato in pensione per 5 anni.
Così questa potrebbe essere stata non solo l’ultima corrida di José Tomàs, ma di tutta la Catalonia. Barcellona è infatti l’ultima provincia della regione ad accogliere ancora questi spettacoli. Una svolta sorprendente poiché tra gli anni ’20 e ’60 era la città in cui avevano luogo più corride di tutto il paese.
Nel 2009 il numero di corride è precipitato in tutto il territorio nazionale.
L’accoltellamento di tori per il divertimento pubblico puo venir definito cultura?Quali sono i motivi di un calo così improvviso?
1.L’interesse degli spettatori spagnoli sta diminuendo: riguarda solo un quarto della popolazione.
2.Un pomeriggio di corrida prevede 6 ‘combattimenti’: ha come protagonisti 3 matadors e 6 tori. Si tratta quindi un evento caro, che con la crisi economica trova sempre meno organizzatori e spettatori.
3.La pressione degli attivisti per i diritti degli animali, che il 25 settembre hanno protestato davanti all’arena di Barcellona con cartelloni imbrattati di ‘sangue’. La ADDA (Asociaciòn Defensa Derechos Animal) dichiara che grazie alle corride “si continua ad associare la Spagna con la fiesta, il flamenco e poco altro. Si ignora la pluralità culturale del nostro paese…” (El confidencial del 2/10).
4.Vi sono inoltre i catalanisti, che - oltre ad imporre un’educazione scolastica principalmente in catalano - si vogliono distinguere dal resto della Spagna attraverso il divieto della corrida.
“In un periodo nel quale l’Europa sta diventando più grande e multiculturale, Barcellona sta diventando più piccola e più catalana”, commenta lo scrittore britannico Robert Elms, che ha vissuto nella città. Paco March, il responsabile del settore corride di La Vanguardia, uno dei maggiori quotidiani spagnoli, è d’accordo. “Mi fa infuriare il fatto che in nome della democrazia una minoranza di oppositori del toreo possano cancellare i diritti di un’altra minoranza, gli appassionati, ai quali piace quello che in questo paese è uno spettacolo legale che esprime profonde verità su vita e morte portate agli estremi”.
La Asociaciòn Defensa Derechos Animal dichiara che a causa delle corride “Si ignora la pluralità culturale del nostro paese"March si meraviglia della mentalità che si sta dilagando nella sua città: “I compagni di scuola di mia figlia l’hanno chiamata fascista, perché aveva la foto di una corrida incollata su un quaderno”. Vi è infatti chi dice che questa tradizione sia un rimasuglio della dittatura franchista nella quale era stata imposta come simbolo patriottico.
Da un lato dunque il regionalismo catalano preme per l’abolizione, dall’altro il nazionalismo panispanico la contrasta: è stato proprio l’orgoglio spagnolo ad aver sostenuto la resistenza alla pressione abolizionista dell’UE.
Nonostante ciò, 65 città spagnole dichiarano di ‘rifiutare’ la corrida. E non sono sole: vi si aggiungono 6 città latinoamericane, 4 portoghesi e 3 francesi. Questo perché le corride non hanno luogo solo in Spagna. La città della Francia meridionale di Alès ad esempio, sovvenziona 36.000 euro per due giorni di spettacoli. Ed è anche grazie a queste sovvenzioni che i bambini sotto ai 10 anni possono ammirare questi spettacoli gratuitamente. Un pomeriggio educativo in cui assistono alla morte di 6 tori e, se sono ‘fortunati’, anche di un uomo.
Un’altra volta ecologia e tradizione si scontrano.
Resta solo da domandarsi se l’accoltellamento di tori per il divertimento pubblico possa venir definita ‘cultura’.
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