Clima, Intesa Ue su finanziamenti ai paesi in via di sviluppo
Roma, 30 ott (Velino) - Alla fine saranno 100 i miliardi di euro l’anno che verranno erogati entro il 2020 ai paesi poveri per combattere il riscaldamento globale. È su questa base che l’Unione europea ha raggiunto un accordo che alla vigilia sembrava tutt’altro che scontato ma che mantiene in capo al Vecchio Continente la leadership mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici e soprattutto rappresenta un buon viatico per il più importante vertice di Copenaghen che si terrà a dicembre. Il nodo più spinoso era proprio la situazione di stallo sui finanziamenti ai paesi meno sviluppati per garantire la lotta contro il riscaldamento globale. Il primo ministro svedese, presidente dell’Ue, aveva invitato i leader del Vecchio Continente a fissare stanziamenti ben precisi per aprire la strada al contributo di altri paesi ricchi come Stati Uniti e Giappone.
Una presa di posizione contro la quale un “gruppone” di nove paesi europei – quelli meno ricchi – aveva minacciato il blocco dell’accordo a meno che non si fosse garantito una ripartizione in base alla ricchezza del paese. Il compromesso invece è stato raggiunto dal Consiglio europeo che di fatto ha approvato le stime della Commissione Ue e garantendo il proprio impegno economico mediante una combinazione degli sforzi dei paesi emergenti, del mercato internazionale della CO2 e delle finanze pubbliche, stando a quanto si legge nelle conclusioni finali del vertice. Soddisfatto il ministro degli Esteri Franco Frattini che ha rilanciato l’idea di un accordo ambizioso dell’Europa che deve candidarsi a un ruolo di leadership nella lotta ai cambiamenti climatici soprattutto in vista di Copenaghen. Ma a questo, ha aggiunto che deve corrispondere un impegno degli altri grandi paesi sviluppati e in via di sviluppo.
Il livello complessivo di sostegno delle casse statali dei paesi più ricchi è stimato tra i 22 e i 50 miliardi di euro l’anno entro il 2020 con una “equa ripartizione degli oneri a livello globale”. Sempre in base a quanto si legge nelle conclusioni del vertice europeo “tutti i paesi ad eccezione di quelli meno sviluppati dovrebbero contribuire al finanziamento pubblico internazionale” in base ai livelli di emissioni e sulla loro capacità di pagare. E su questa base “l’Ue e gli Stati membri sono pronti a fare la loro parte”. Il Consiglio europeo sottolinea in particolare l’esigenza di un “avvio veloce” (fast-start) per il sostegno finanziario pubblico “importante nel contesto di un accordo di Copenaghen globale, equilibrato e ambizioso”. Lo scopo dovrebbe essere quello di prepararsi per un efficace ed efficiente azione nel medio e lungo termine. In particolare il Consiglio Ue “prendendo atto dello stato di previsione della Commissione che un finanziamento globale pari a 5-7 miliardi di euro all'anno per i primi tre anni è necessario a seguito di un accordo ambizioso a Copenaghen” sottolinea che la cifra “sarà determinata in funzione dei risultati della conferenza di Copenaghen”. E che l’Europa è “pronta a contribuire” anche se “subordinatamente” al fatto che “altri attori chiave compiano sforzi comparabili”. Verranno stimolati anche i finanziamenti privati “attraverso lo sviluppo di un mercato ampio e liquido della CO2” sulla base del sistema cap-and-trade nei paesi sviluppati, riformando i meccanismi del Clean development sistema e i piani di azioni nei paesi in via di sviluppo.
In vista di Copenaghen poi rimangono confermati gli sforzi per arginare entro il limite dei 2 gradi centigradi l’innalzamento delle temperature. Il Consiglio Ue ha invitato in particolare tutte le parti ad accettare una riduzione delle emissioni globali di almeno il 50 per cento entro il 2050, mentre per i paesi più sviluppati la riduzione dovrebbe raggiungere almeno l’80-95 per cento rispetto ai livelli del 1990. E ha confermato l’obiettivo del taglio del 20 per cento al 2020 dei gas serra e del 30 per cento in caso di accordo a Copenaghen. L'azione dell'Unione europea, però, è il punto chiave del discorso, “da sola non sarà sufficiente. Un accordo globale e ambizioso “può essere raggiunta solo se tutte le parti contribuiranno a questo processo”. I paesi sviluppati, si legge in particolare nelle conclusioni, “dovrebbero dimostrare la loro leadership e impegnarsi in una riduzione delle emissioni ambiziosa, intensificando gli impegni attuali”. I paesi in via di sviluppo, specialmente quelli più avanzati, dovrebbero invece “impegnarsi ad azioni di mitigazione” che riflettano “le loro comuni ma differenziate responsabilità e le rispettive capacità”.
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