Svezia, etichette alimentari con emissioni di C02
Indicano quanto si è inquinato per produrre un certo cibo
Ad ogni attività umana è, direttamente o indirettamente, associata una certa produzione di anidride carbonica (CO2). La produzione di cibo non fa eccezione, ed ha un carico di emissioni che dipende da tante variabili: ubicazione geografica, tipo di alimento prodotto, tipologia di suolo, tecniche di coltivazione utilizzate, tipologie di trasporto e distanza percorsa eccetera.
Un hamburger di manzo, ad esempio, è responsabile dell’emissione in atmosfera di 1,7 kg di CO2, il quadruplo di un sandwich di pollo (0,4 kg di CO2). Produrre in serra pomodori è molto più dispendioso che produrli in campo, e le serre del nord Europa sono molto più energivore di quelle del Mediterraneo. Un kg di ciliegie mangiate a giugno (e quindi di probabile produzione nazionale) porta a valori di emissioni enormemente inferiori di un kg di ciliegie mangiate a dicembre (trasportate in aereo dal sud Africa o dal sud America).
La Svezia, per prima, sta lanciando un’etichettatura climatica riferita ai cibi, che indichi (per ogni prodotto alimentare disponibile sugli scaffali dei mercati), il livello di emissioni prodotte. A tal fine lo Swedish National Food Administration ha realizzato delle Linee Guida con una serie di raccomandazioni. Queste ultime, oltre ad indirizzare il consumo verso gli alimenti con il minor dispendio energetico, forniscono anche indicazioni sugli aspetti nutrizionali dei vari alimenti e sulla disponibilità delle risorse (per limitare, ad esempio, il consumo di alcune specie di pesce).
Secondo l’Autorità svedese per l’alimentazione, dall’assunzione di scelte consapevoli è lecito attendersi una riduzione dal 20 al 50% del carico totale delle emissioni attribuibili al settore alimentare.
Ricordiamo che la Svezia si è impegnata ad eliminare i combustibili fossili per la produzione di energia entro il 2020 e le auto a benzina entro il 2030.
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