La Hedegaard alla pre-Cop 15: «Un accordo a metà non è un accordo»
Copenhagen, nulla è ancora perduto?
Il Wwf: «Copenhagen non è un dodo»
«Stiamo ancora cercando di ottenere il pacchetto completo», è quel che ha detto la battagliera ministro del clima e dell'energia danese Connie Hedegaard (Nella foto insieme ad Yvo de Boer) al termine dei due giorni di colloqui di clima della pre-cop 15 a Copenhagen che si sono conclusi con una nota positiva e la speranza di un accordo politico ambizioso alla conferenza Unfccc di dicembre.
I ministri di oltre 40 Paesi che hanno partecipato alla pre-Cop 15 non si sono certo nascosti che resta ancora molto lavoro da fare, e con la massima urgenza, ma secondo la Hedegaard «C'è stato uno spirito molto incoraggiante. Ho sentito da parte di tutti coloro che erano attorno al tavolo che Copenaghen deve essere un successo. Ma la metà di un accordo non è un accordo. Così dovremo alla fine ancora fornire un pacchetto completo per realizzare i "building blocks" in conformità con il piano d'azione di Bali. La volontà politica è essenziale per il mondo per ottenere un accordo a Copenaghen. Sono incoraggiata dalla determinazione dimostrata dai ministri per ottenere questo. E non meno importante: di farlo ora. Con una pressione di lungo periodo, alla fine si è realizzata una volontà politica. Ora ho la sensazione che la volontà sia maturata».
Anche il segretario generale dell'Unfccc Yvo de Boer si è detto incoraggiato dal numero di Pesi che hanno espresso il loro sostegno ad un accordo "vero" a Copenhagen: «Questo incontro dei ministri ha segnalato un forte desiderio di riuscire a fare una vera svolta a Copenhagen. Quasi ogni giorno ormai, vediamo nuovi impegni e promesse sia da parte della nazioni industrializzate che in via di sviluppo. La leadership politica che tanti leader hanno promesso al vertice sul clima delle Nazioni Unite di settembre è viva e sta bene ... e che ci porterà al successo di Copenaghen».
L'ottimismo della volontà sembra muovere de Boer, tuttavia non si nasconde che «Abbiamo ancora bisogno di agire di più e i Paesi industrializzati devono aumentare ulteriormente i loro obiettivi e gli impegni finanziari. Mi auguro che gli Stati Uniti forniscano un obiettivo numerico intermedio. Un obiettivo Usa è fondamentale, ma gli obiettivi da Paesi industriali nel loro complesso non sono ancora in linea con la scienza. Ma anche i Paesi in via di sviluppo devono fare di più. Abbiamo bisogno di più ambizione».
I ministri che hanno partecipato alla pre-Cop 15 hanno accolto con favore la dichiarazione di Barack Obama nel vertice in Cina che la conferenza di Copenaghen dovrebbe concludersi con un accordo che abbia «un effetto immediato operativo» e diversi tra loro hanno evidenziato che si sta allargando il fronte chi pensa che a Copenaghen verrà approvato un accordo politicamente vincolante su questioni fondamentali, ma che non ci sia più il tempo per concordare un trattato giuridicamente vincolante entro il 2009.
Per tutti ha parlato il ministro dell'ambiente indiano Jairam Ramesh: «Abbiamo fatto progressi, ma abbiamo una lunga strada da percorrere. I prossimi sei mesi saranno molto più intensi, perché sarà necessario tradurre in un trattato questo accordo politicamente vincolante».
Secondo il primo ministro danese Lars Loekke Rasmussen «Il presidente americano ha approvato il nostro approccio» e Obama accetterebbe una proposta di accordo sui punti fondamentali di Copenaghen, mentre gli Usa puntano a ritardare l'approvazione di un accordo completo perché non sono in grado di assumersi ancora obiettivi chiari di riduzione dei gas serra entro il 2020.
La Danimarca sta evidentemente cercando di salvare il vertice di Copenaghen, puntando tutto su un accordo politico e Rasmussen ha ammesso che la Cop 15 dell'Unfccc non produrrà un trattato che sostituisca il protocollo di Kyoto. Ha invece proposto che un trattato giuridicamente vincolante sia concluso entro la fine del 2010 in occasione della Cop 16 che si terrà in Messico, passando per un vertice intermedio a Bonn, sede dell'Unfccc
Il piano "di riserva" danese è studiato attentamente anche dalla Cina che, attraverso il suo ministro degli esteri, ha fatto sapere che qualsiasi accordo a Copenaghen dovrà «consolidare e ampliare il consenso e i progressi già compiuti nei negoziati in materia di mitigazione, adattamento, finanziamenti, trasferimento di tecnologia ed altri aspetti. Secondo la Hedegaard un accordo su questi temi è ancora possibile a Copenhagen, mentre per la firma di un nuovo trattato globale «Forse una scadenza realistica sarebbe quella del Messico, ma dipende da quanto andranno avanti le parti sulle "crunch issues"».
A Copenhagen, fuori dal summit pre-Cop 15, i manifestanti delle associazioni ambientaliste si fingevano morti ed inalberavano cartelli con scritto "Delay Kills", e Greenpeace, ha invitato l'Ue ad affrontare la sfida posta dal cosiddetto accordo made in Singapore tra Rasmussen ed Obama (e la Cina, ndr) puntando invece a «collaborare per raggiungere un pieno successo cin un risultato giuridicamente vincolante che metta uno stop al caos climatico».
Kim Carstensen, responsabile della global climate iniziative del Wwf, è più ottimista per il summit internazionale di dicembre: «Gli interventi di questa settimana che assicuravano che ormai Copenhagen è morta come un dodo sono clamorosamente esagerati».
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