Zanotelli, dalla parte di Gaia
Quando si parla di ambiente, di solito siamo abituati a sentirne parlare fuori dalle dinamiche della politica e dell’economia, come una sorta di decalogo delle buone intenzioni, ma Padre Alex Zanotelli racconta, dalle prima battute, la crisi del pianeta intimamente legata agli errori e agli orrori di una certa finanza e di una specifica avidità occidentale. Lo fa a pochi giorni dal vertice sul clima che si terrà a Copenhagen, in un piccolo comune alle porte di Roma, Lanuvio, dove il missionario comboniano ha incontrato i cittadini dell’Associazione "Pane e Rose" e parlato dello scenario drammatico della crisi ecologica.
Le parole e gli argomenti presentati, Padre Alex ce li ha negli occhi. Un patrimonio di esperienza che solo un piccolo missionario sceso nell’inferno degli uomini sa raccontare senza rinunciare alla speranza del riscatto e al paradiso in terra di quella che lui chiama la “civiltà della tenerezza”.
Copenhagen non è una conferenza come altre. Bisognerà raggiungere una soluzione e trovare un accordo. Gaia è bollente e la sua febbre va abbassata. Bisogna rimanere entro e non oltre i 2 gradi centigradi di aumento della temperatura e bisogna fissare almeno al 40% la riduzione del gas serra per evitare catastrofi. Il tempo a disposizione non è molto: nove anni fa, a Kyoto, si propose un tetto di riduzione del 5%, ma gli Usa di Bush non firmarono. Oggi, siamo ormai alla necessità di portare al 40% la riduzione dei gas serra.
Sarà difficile trovare un accordo proprio con i nuovi motori che iniziano ad affacciarsi nel mercato dell’economia che conta. Brasile, India e Cina non staranno a guardare la manovra di rallentamento forzato ora che è il loro turno di produrre e consumare. Sulla partecipazione di Obama al summit e quindi sul ruolo degli Stati Uniti, si gioca l’unica possibilità di trovare soluzioni fattibili e non vaghi annunci programmatici. Ma Obama, pare, non andrà.
A pagare la crisi del pianeta saranno i nostri figli e il patto generazionale che sta saltando sotto i nostri occhi è anch’esso un problema di giustizia. Da un lato le responsabilità comportamentali dei singoli, dall’altro le colpe senza appello di quello che la gente del Rione Sanità, dove ora Alex vive, chiama “o sistema”. Governi intrappolati in un potere finanziario occulto che stritola le ragioni della politica. Soldi che circolano nelle mani di 300-400 famiglie al massimo che detengono la ricchezza di tutti. Soldi che sono circa 4 volte più del PIL mondiale, che viaggiano senza controllo e che nessuno sa dove vadano a finire. La derisa TOBIN TAX a questo doveva servire. A stanare le mafie.
I paesi del Sud Mondo, prima dominati da un esplicito colonialismo territoriale, ora diventano serbatoi dove il Nord va a comprarsi le bioenergie, il futuro insomma, mentre impone loro limiti per la crescita economica e i suoi effetti ambientali. Un corto circuito da cui i paesi in via di sviluppo non hanno via d’uscita. L’Occidente prosegue indisturbato in questa reconquista, ben protetto dal potere delle armi. E se sono numerose le inchieste giornalistiche sul giro degli affari nella produzione e nel commercio delle armi, tacciono troppo spesso le penne sull’impatto enorme che esse hanno sull’ecosistema.
La crisi planetaria non sta solo nei 5 km di aria che circondano la Terra e che stanno schiacciando la crosta terrestre causando il surriscaldamento. A rischio è l’acqua, diritto di tutti, è diventata merce e bene economico e il dominio del business sulla politica attraverso la mercificazione dell’acqua è davvero lo scacco al re. Le multinazionali dell’acqua sanno di avere per le mani qualcosa che vale più del petrolio e hanno già iniziato la corsa per una competizione che gronderà di sangue. Gli assetati del pianeta.
E’accaduto in Italia nel silenzio generale. In poche mosse che non hanno scatenato proteste nemmeno nella Chiesa che, con l’ultima Enciclica papale, Caritas in veritate pure non ha mancato di coraggio nel riconoscere le immoralità dell’economia globale. Come sui rifiuti anche in questo caso il nostro Paese arranca in un ritardo di consapevolezza generale che è la nostra prima condanna.
La privatizzazione dell’acqua in Italia comincia formalmente il 6 agosto 2008 con l’articolo 23 bis del decreto 133 di Tremonti che invitava tutti i Comuni entro il 31 dicembre 2010 a mettere a gara la propria acqua. Poi il 9 settembre di quest’anno con il decreto Fitto- Calderoli, che ha fissato al 40% la presenza dei privati nei consorzi di gestione e produzione, vengono azzerate le vecchie municipalizzate. Dietro le multinazionali dell’acqua - Veolia in testa, Perrier, Vittel, Danone e Nestlè - ci sono le banche e l’alta finanza. Prima di architettare il business dell’oro blu, le aziende sono entrate nelle case di tutti gli italiani con la pubblicità dell’acqua minerale.
E’ stato questo il cavallo di Troia. Convincerci che essa fosse una merce da supermercato e che quella acquistata fosse migliore di quella libera garantita per legge a tutti. E a quanti dicono di non avere un’acqua di buona qualità in casa - ipotesi peraltro tutta da dimostrare - é stato insegnato che la soluzione fosse comprarla in bottiglia - rigorosamente di plastica - piuttosto che esigere di averla in casa come deve essere.
Ci sono 400 mila firme per bloccare questo iter e nei Comuni dove l’acqua è privata le bollette sono già da capogiro. A quei cittadini che non ce la faranno a sostenere il costo di questo servizio necessario verrà data l’elemosina di un’altra social card? Ma l’acqua non è un bene come altri. La filosofia greca e la scienza ci insegnano che essa è l’origine della vita. Elemento fondamentale dei nostri corpi. E quando la politica vende la vita di tutti agli affari, essa ha rinunciato ai suoi compiti fondamentali e ha svuotato la democrazia di anima. L’acqua, dice Padre Alex, deve essere pubblica, al minor costo possibile (perché essa non è merce da vendere e su cui fare guadagno), e non deve essere gestita da Spa.
La partecipazione attiva dei Comuni e dei cittadini è l’unico antidoto per non cadere vittima dell’Impero o dell’ingenua Utopia. Il caso ce l’abbiamo avuto tutti sotto gli occhi. Napoli sommersa dai rifiuti e la Campania ridotta nel tempo a deposito di rifiuti tossici con omertà di tutti i colori politici. Alleanza dei Casalesi e degli imprenditori a caccia di competitività. Silenzio dei governi in carica. La soluzione del Decreto 90 del governo Berlusconi con la proposta dei 4 inceneritori metterà la Campania nelle condizioni di dover importare rifiuti da altre regioni per utilizzare la piattaforma della combustione e soprattutto di perpetuare una cattiva politica sui rifiuti che deresponsabilizza i cittadini e occulta i misfatti delle grandi discariche. Nessuna questione è all’ordine del giorno sulle diossine liberate che continueremo a respirare. Le prossime vittime saranno il Lazio e la Calabria.
Nessuno parla della via dei “rifiuti zero”. L’obiettivo del 70% di raccolta differenziata sarebbe così articolato: 40% di umido che torna all’agricoltura, 30% di secco che va all’industria, raccolta porta a porta con cooperative e qualche posto di lavoro in più, sobrietà dello stile di vita e quindi nuova attitudine al consumo. Portare questo dentro il Parlamento non significa tenere l’ennesima lezione di qualche accademico dell’ambiente, ma urlare l’emergenza della giustizia e toccare la vita di tutti. I morti di tumore in Campania, l’amianto galleggiante da cui vengono sulle nostre tavole tanti prodotti (acqua compresa), le finte ecoballe di san Giuliano (14 km di lunghezza per 4 di larghezza) e la deturpazione della nostra terra, hanno portato tanti cittadini in piazza e non c’è altro modo di parlare di ambiente che non sia denunciare, protestare, organizzarsi per azioni politiche continue e massiccie dal basso.
Alex Zanotelli dice di essere tutte le persone che ha incontrato nella sua vita. Dalle baracche del Kenya ai ragazzi di Napoli disperata. E tutte quelle storie sono lì. Nell’anima e nello sguardo di un cristiano che ha capito che la conversione di un’anima senza la missione politica non porta ad alcuna rivoluzione. Dalla conversione di San Paolo alla politica il filo conduttore è uno ed è la giustizia. E la vita di Padre Alex ci racconta quanto sia scomodo testimoniarla davanti al potere.
|