Ong sotto esame. Ma i governi non sono innocenti…
Dalla denuncia di Linda Polman alle responsabilità dell’Onu e dei singoli Paesi. Intervista a Sergio Marelli, presidente dell’Associazione delle Ong Italiane
Le Ong? Sono aziende come altre, impegnate a concorrere tra di loro per accaparrarsi i contratti migliori. Sopravvivono grazie alle crisi umanitarie ma contribuiscono poco alla loro risoluzione finendo, spesso, per favorire loro malgrado signori della guerra, dittatori locali e criminali internazionali. Ha fatto molto rumore negli ultimi tempi la denuncia della giornalista olandese Linda Polman, autrice de “L’industria della solidarietà” e implacabile critica dell’attuale sistema cooperativo internazionale. Una riflessione, quella della Polman, che ha aperto un nuovo dibattito nella comunità degli operatori umanitari e che, senza dubbio, induce a nuove riflessioni soprattutto di questi tempi, con i governi e le grandi organizzazioni internazionali (a cominciare dall’Onu, dal Fmi e dalla Fao) impegnati a promettere o a invocare nuove erogazioni di fondi e risorse per il Terzo Mondo. Cosa bisogna fare, dunque, per rendere davvero efficace la cooperazione? La cooperazione contribuisce davvero alla lotta alla povertà? Cosa è cambiato negli ultimi anni? Valori ne ha parlato con Sergio Marelli (foto), presidente dell’Associazione delle Ong Italiane e direttore generale di Focsiv, una delle principali organizzazioni del Paese.
Che idea si è fatto del libro di Linda Polman e del dibattito che ne è seguito?
Non ho letto il libro ma ho seguito il dibattito e non ho sentito nulla di nuovo. Le critiche della Polman sono comprensibili, alcune anche pienamente condivisibili, ma credo che si stia generalizzando troppo. Quello delle ong è un mondo molto vasto e complesso come dice la stessa definizione che è, di per sé, una definizione negativa. In pratica qualsiasi organizzazione diversa da un governo può essere chiamata “ong”.
Parliamo della “provocazione” della Polman. Siamo in un Paese neutrale, la Svizzera ad esempio, ed è in corso la seconda guerra mondiale. I nazisti vi contattano: «potete portare aiuti ad Auschwitz ma decidiamo noi come e a chi distribuirli». Cosa fate?
E’ un’ipotesi volutamente provocatoria, non possiamo fare delle valutazioni senza giudicare il contesto. Io credo che tutte le ong debbano avere la sola finalità di prestare soccorso alle vittime della violenza o delle catastrofi naturali. La Focsiv ha elaborato un proprio codice di condotta basato sul principio dell’autonomia di azione. In ogni caso, tornando all’esempio precedente, posso dire che io non accetterei mai di portare aiuti se la loro distribuzione fosse condizionata dalla volontà di una fazione armata e violenta
Dopo l’11 settembre la lotta al terrorismo ha condizionato l’agenda delle ong. Ne è nata la cosiddetta “teoria del terreno fertile”. La povertà favorisce il consenso al terrorismo, gli aiuti contrastano la povertà, quindi gli aiuti contrastano il terrorismo…
E’ così e io ne sono convinto da molto tempo, ben prima che dall’11 settembre. Dopo quella data se ne sono accorti anche i governi ed è stato allora che le ong sono divenute uno strumento della geopolitica. Un’indagine condotta da Focsiv ha rivelato come gli aiuti governativi dopo il 2001 siano stati indirizzati soprattutto in quei Paesi in cui c’erano focolai di terrorismo anti-occidentale. Non è un caso che in questo stesso periodo gli aiuti forniti da Usa e UE al Pakistan siano quintuplicati.
Anche in Afghanistan gli aiuti sono proliferati insieme alla presenza delle ong eppure i Talebani si sono rafforzati notevolmente negli ultimi anni. Come mai?
In Afghanistan gli interessi geopolitici e militari si sono mescolati con quelli della cooperazione. E’ stato questo il motivo del fallimento.
Parliamo dei codici di condotta. Ogni ong può adottare il proprio ma il mancato rispetto non viene sanzionato. Non c’è nessuno che controlla, nemmeno l’Onu…
Se per questo l’Onu non sanziona nemmeno i governi. Anzi, direi che prima di occuparsi delle ong le Nazioni Unite farebbero bene a pensare a quello che fanno i governi. Io penso che tocchi ai governi nazionali controllare l’operato delle ong. In Italia, nella fattispecie, sarebbero necessari ulteriori controlli visto che ad oggi ci si occupa solo di questioni fiscali e amministrative
Cosa bisogna fare, quindi, per rendere efficace la lotta alla povertà? Servono più fondi o bisogna cambiare le regole e le procedure?
Occorre affrontare entrambi i problemi anche se qualcuno potrebbe cominciare ad occuparsi del primo. Stando all’ultima finanziaria, l’Italia destinerà alla cooperazione appena lo 0,1% del Pil, ovvero 1/5 di quanto precedentemente promesso in sede UE. Quando il livello quantitativo è così basso parlare di qualità in riferimento all’operato delle ong significa fare pura retorica.
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