Miniere: ricchezza e povertà dell'America latina
[pubblicato su Carta.org il 15 Gennaio 2010] - Nonostante l’affermarsi di governi progressisisti e di sinistra in America Latina e la forte componente ecologista e di tutela ambientale che tali forze politiche – spesso espressione di processi sociali – hanno portato nel dibattito politico e nei programmi di governo, il problema dell’espansione delle frontiere dello sfruttamento minerario nel continente rimane uno dei principali banchi di confronto e di scontro tra poteri pubblici, imprese private e società civile.
Il settore minerario è stato vissuto per molti anni come l’unico in grado di dare gambe alle economie latinoamericane: paesi ricchissimi di materie prime che non hanno mai avviato l’industria della trasformazione e della produzione di beni finiti, e che da decenni – meglio sarebbe dire da secoli – esportano a prezzi bassissimi quantità ingenti di minerali pagandone in via esclusiva i costi umani, sociali ed ambientali.
Il Venezuela costituisce attualmente l’esempio più chiaro di economia che riesce a redistribuire ricchezza grazie agli introiti dell’estrazione petrolifera. Lo stesso vale per l’Ecuador, che pur avendo tentato di introdurre meccanismi di responsabilità ambientale mirati alla conservazione di zone ad alta biodiversità (come la proposta di non estrarre greggio nel parco dello Yasunì in cambio di una assunzione condivisa di oneri con i paesi occidentali), continua a fondare buona parte della sua economia sul petrolio e sta ora aprendo alla possibilità di avviare estrazioni minerarie nel paese andino attraverso la controversa Ley de Mineria che tante proteste ha causato da parte dei movimenti e dalle comunità indigene. Anche la Bolivia ha già impegnato i guadagni presenti e futuri della vendita di gas nelle profonde riforme sociali avviate dal governo Morales e si interroga attualmente su come coniugare gli introiti che darebbe lo sfruttamento degli ingenti giacimenti di litio da poco scoperti con la tutela ambientale di una zona delicata come il Salar de Uyuni.
Le organizzazioni ambientaliste, le comunità rurali ed indigene che da secoli vivono e proteggono dalla distruzione i propri territori e la stragrande maggioranza delle comunità coinvolte nei progetti di estrazione portano avanti invece una posizione radicalmente contraria all’allargamento della frontiera estrattiva. Argomentano che l’industria mineraria è una delle attività maggiormente contaminanti, che distrugge gli ecosistemi e erode il territorio, contamina corsi d’acqua e terre, è economicamente poco redditizia e spesso è basata sullo sfruttamento disumano dei lavoratori.
Dalla parte delle comunità coinvolte, prima di tutto quelle indigene, c’è la Convenzione 169 dell’ILO, che riconosce in capo alle comunità residenti un preciso diritto di consultazione previa all’implementazione di qualsiasi progetto sui territori ancestrali. L’OCMAL, Osservatorio di Conflitti Minerari in America Latina – porta avanti in tal senso e da anni un lavoro di monitoraggio, documentazione, denuncia e accompagnamento delle comunità coinvolte in conflitti ambientali originati dall’imposizione di progetti estrattivi.
La questione posta è la seguente: i governi di sinistra latino americani si accoderanno alle politiche messe in atto dai governi neoliberali in materia mineraria? La giusta sfida di redistribuire ricchezza ai settori sociali più svantaggiati e marginali giustifica il sacrificio di comunità che vedranno distrutto il loro territorio e ogni possibilità di sussistenza ? I governi della “ola izquierdista” danno di certo molta più enfasi data alla questione del risarcimento del debito storico e sociale, secondo molti però ciò non giustifica in nessun caso la creazione di nuovo debito socio ambientale attraverso lo stimolo a politiche di sfruttamento.
Negli ultimi due decenni sempre più numerosi sono i fronti di conflitto sociale in America Latina nati attorno a progetti minerari. In Perù, Cile, Bolivia, Colombia etc. sono sempre di più le comunità che resistono ad una idea dello sviluppo fondata sullo sfruttamento delle risorse a dispetto della biodiversità e della sopravvivenza di chi quei territori li abita.
Da Huanuni, Coro Coro, Potosí, Oruro e Santa Cruz in Bolivia alle miniere El Cerrejon e La Loma in Colombia, ai versanti estrattivi Majaz e Yanacocha in Perù o Pascua Lama a cavallo tra Cile e Argentina , a confrontarsi sono due modi di intendere lo sviluppo e il benessere. Buen Vivir contro economia estrattiva. Futuro contro passato.
|