La scuola, la geografia e il libretto delle istruzioni
Il governo si prepara a tagliare la geografia dalle scuole. L'Associazione italiana insegnanti di geografia e le altre organizzazioni disciplinari hanno promosso una protesta online per bloccare il provvedimento.
Forse qualcuno rammenterà i libretti delle istruzioni. Quelli veri, intendiamo, che venivano consegnati agli acquirenti, generalmente di oggetti tecnologici, circa una trentina d’anni fa, forse di più. Erano delle piccole enciclopedie, magari scomode, pesanti, ma, dentro, ci trovavi tutto quello che serviva per far funzionare la diavoleria appena acquistata.
Per questo venivano conservati gelosamente, in qualche cassetto o ripostiglio, e consultati con attenzione alla bisogna. Un avveniristico TV color appena sfornato dalle prestigiosissime (e inarrivabili) marche tedesche – venti pollici, quaranta chili circa – aveva un’ottantina di pagine (in italiano, ovviamente) per spiegare l’uso delle sue tre (tre) manopole e quasi altrettanti pulsanti. L’utente doveva essere informato su tutte le meravigliose e innovative potenzialità tecnologiche ed essere messo in grado di farle fruttare al meglio.
Poi, piano piano, con quella velocità impercettibile grazie alla quale le cose succedono senza che tu te ne accorga, mentre le funzioni dei televisori, dei loro telecomandi, ma persino dei frigoriferi, delle lavatrici e dei telefoni aumentavano mostruosamente, i libretti delle istruzioni hanno cominciato a rimpicciolirsi. Il linguaggio era sempre più involuto, meno comprensibile. In sempre meno pagine si sarebbe dovuto comprendere un marchingegno molto più complesso. Fino ad arrivare a una vera e propria resa.
È esperienza diretta, di poche settimane fa, l’acquisto del telefono cellulare più innovativo, complesso e costoso del mercato. Dentro la scatola un foglietto minuscolo, tutto ripiegato su se stesso. Una volta aperto, ecco le istruzioni illuminanti: “Per accenderlo il bottone è questo; per caricarlo il cavo, dalla spina, si attacca in questo buco". E basta.
Com’è successo? È, ci spiegano, tutta una questione di costi. I manuali sono una grossa spesa per le aziende: non sembra, ma tra carta, impaginazione, esperti che lo scrivono e traduzioni, volendo farlo veramente comprensibile e approfondito il costo rasenterebbe quello dell’apparecchio di ultimissima generazione. Allora si va al risparmio e, se davvero vuoi cercare di capire quali sono le funzioni per le quali hai pagato così tanto questo attrezzo, e magari come si utilizzano, devi prima tentare di far funzionare un manuale su CD-ROM (peccato, è una vecchia versione), e poi chiamare un call center dove qualcuno, impermeabile ai problemi concreti, ti leggerà minuziosamente il contenuto del CD o di un sito internet. E così ti passa la voglia di usarlo, oppure di sfruttarne al massimo tutte le capacità, che pure potrebbero darti parecchi vantaggi. Taglia (le pagine), che ti passa (la voglia di capire).
È la legge dell’economia, baby: ti troverai con uno strumento costosissimo, che potenzialmente può fare mille cose, e faticherai a fargliene far bene una.
Ma che c’entra questo con la scuola o con la geografia? C’entra. Accade che, nei secoli, il mondo si sia enormemente complicato: gli esseri umani si spostano a milioni da una parte all’altra del globo – o almeno ci provano -; i flussi di materie prime si spostano con logiche esoteriche (sapete che si vendono mele cinesi in Val di Non, a un prezzo molto più basso di quelle locali?); i nostri vestiti e ciò che abbiamo attorno non viene più, in prevalenza, dal nostro Paese, ma da parti lontanissime del mondo. L’inquinamento si disinteressa di barriere e confini; fiumi e laghi rischiano di scomparire per l’eccessivo uso umano, per non parlare delle calotte polari; intere foreste scompaiono nel giro di pochi anni, portandosi via innumerevoli specie animali. Neppure le stagioni, ormai si sa, sono più “quelle di una volta”. Insomma, il mondo è molto, molto più complesso che nel passato.
E il “libretto delle istruzioni”? Quello dovrebbe fornircelo la scuola. La formazione e le informazioni dovrebbero aumentare, assieme alla complessità del mondo, per metterci in condizione di comprenderlo, di vivere in maggiore armonia con l’ambiente e di utilizzare al massimo tutte le possibilità che la complessità può offrire per costruire uno sviluppo umano durevole e sostenibile. Maggiore complessità, maggiore formazione, più ore di scuola. Qual è, invece, la risposta? La miglior cosa che viene in mente è tagliare, tagliare e ancora tagliare. Nello specifico, tagliare ore di scuola per risparmiare. Anche qui il “manuale” si va assottigliando…
Ma sarà un vero risparmio quello che toglie alle giovani generazioni i mezzi per comprendere ed attivare le potenzialità di sviluppo? In questa epoca una delle prospettive più promettenti è quella di collegare l’informazione ai luoghi: si paga, e tanto, l’informazione che serve, al momento giusto, nel posto giusto. Pensiamo a tutte le possibili connessioni tra geografia e informatica: dal turismo alla cultura, dalla mobilità ai servizi, locali e globali. Ma pensiamo anche al territorio, raramente compreso, ancor meno valorizzato ma pur sempre presente in ogni discorso “impegnato”. E a tutti gli elementi di complessità con i quali dobbiamo confrontarci per costruire realmente una società multiculturale; con gli strumenti giusti la complessità vuol dire valore; senza, significa solo grossi guai. Ma sì, “taglia che ti passa!”: anche in questo caso, ti passa la voglia di capire, conoscere, approfondire. E rischi di diventare un cittadino più povero, certamente di strumenti di comprensione ma anche di prospettive.
Poiché su Luogoespazio ci siamo ripromessi di non pubblicare semplici opinioni ma, piuttosto, approfondimenti e analisi che possano rappresentare “notizie” utili al dibattito pubblico, proviamo anche qui a dar conto di una notizia che, in questo caso – e ce ne scusiamo – ci riguarda anche direttamente. La notizia è che i geografi, per professione o anche per diletto e per passione, si stanno mobilitando per manifestare dissenso nei confronti del progetto di forte riduzione dell’insegnamento della geografia tra gli insegnamenti scolastici. Questa mobilitazione si sviluppa su impulso dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia e delle altre organizzazioni disciplinari – come ad esempio la Società Geografica Italiana, l’Associazione dei Geografi Italiani, la Società di Studi Geografici di Firenze, il Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici – ma si sta rapidamente allargando ai più diversi ambiti sociali e culturali. Concretamente questo dissenso si manifesta nella sottoscrizione di un appello/petizione che sottolinea l’importanza degli strumenti di conoscenza propri della geografia, pubblicato proprio su luogoespazio.info.
Infatti la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei Licei e degli Istituti tecnici in via di definizione si basa principalmente, come si è ricordato, su una forte diminuzione del monte ore settimanale, con inevitabili effetti anche sui contenuti didattici dei nostri Istituti superiori. In questo contesto, la situazione della Geografia si fa sempre più difficile. Il Consiglio di Stato ha dato via libera al Ministro, che presto porterà in Consiglio dei Ministri la Riforma. Nel biennio dei Licei la disciplina avrebbe 3 ore da condividere con storia, ma a quanto sembra si potrebbe scendere addirittura a due. Per gli Istituti Tecnici e Professionali la situazione è per molti versi ancora peggiore. Negli Istituti Tecnici è quasi del tutto assente, generando paradossi talmente gravi da apparire quasi comici: non è più presente in Trasporti e logistica (ovvero negli – ex istituti Nautici: ve lo immaginate un professionista della nautica che non abbia mai sentito parlare di geografia? definirlo “spaesato” sarebbe poco…) e viene ridotta in quelli del Settore economico, amministrazione, finanza e marketing. Anche nei Professionali manca completamente.
Le continue sollecitazioni presso gli organismi e le Istituzioni competenti e le audizioni alla Camera e al Senato (rispettivamente nella Commissione Cultura e nella Commissione Istruzione, Beni Culturali e Ricerca Scientifica, impegnate nella discussione e approvazione dei Regolamenti della Riforma) non hanno finora ricevuto grande ascolto. Per questo si è allora deciso di ricorrere a una mobilitazione dell’opinione pubblica, chiedendo di sottoscrivere l’appello, al quale in meno di 48 ore hanno risposto quasi 2.500 persone (numero che cresce continuamente), tra cui Ilvo Diamanti, autore anche di un interessante articolo sulla questione; Gino Latorre (Rettore dell’Università della Calabria); l’architetto Paolo Portoghesi, Folco Quilici e Jean-Bernard Racine, illustre geografo francese.
E ci scusiamo per non averne citati molti altri: lo faremo prossimamente, dando conto degli sviluppi dell’iniziativa e pubblicando sul sito tutti i sottoscrittori (senza, ovviamente, le loro email). Numerose anche le associazioni, pure straniere, come la Royal Geographic Society di Londra, la Società Geografica Ungherese e tantissime altre.
La cosa più difficile è stata far comprendere ai nostri colleghi stranieri, i cui paesi investono nella scuola e nella ricerca come strada per uscire dalla crisi, che non si trattava di uno scherzo: stiamo davvero tagliando il “libretto delle istruzioni”!
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