Dear Mr. de Boer...
...ecco le (deboli) promesse di riduzione delle emissioni climalteranti inviate da Paesi ricchi ed Economie in via di sviluppo all’Onu, nella speranza di disegnare così un accordo globale sul clima
Abbiamo aspettato con ansia l’arrivo della Conferenza di Copenhagen, svoltasi nel dicembre scorso, e il nulla di fatto non ci ha sorpresi poi molto. Il non aver raggiunto un accordo giuridicamente vincolante non dovrebbe però aver fermato la corsa dei Paesi partecipanti, che si sono dichiarati disposti a portare avanti gli impegni presentati in occasione dell’incontro danese in favore dell’ambiente; in altre parole arrestare l’innalzamento della temperatura e mantenere la promessa di un aiuto concreto ai Paesi in via di sviluppo affinchè possano allinearsi, per quanto possibile, alle nuove normative in fatto di emissioni.
A poco più di un mese dall’incontro dell’Onu il segretario dell’Unfccc (la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), Yvo de Boer, ha annunciato di aver ricevuto le missive, contenenti le ‘dichiarazioni di impegno’ volontarie a favore del clima, da parte dei 55 Paesi responsabili del 78% del totale delle emissioni prodotte dal Pianeta.
Gli Stati in questione hanno proposto obiettivi che, se sommati, non rispettano le intenzioni dichiarate in occasione della Conferenza, in cui si è parlato dell’arresto dell’innalzamento della temperatura globale al limite dei 2 gradi Celsius. Le dichiarazioni hanno spinto il segretario de Boer a sottolineare la necessità di obiettivi che siano più audaci ed ambiziosi “considero questi impegni come chiari segnali della volontà di fare avanzare i negoziati verso una conclusione coronata dal successo” ma “una maggiore ambizione è necessaria per soddisfare la portata della sfida”.
Per tutti vale il 2020 come l’anno del giudizio, l’anno della verità, l’anno in cui si tireranno le somme in merito all’efficacia delle politiche e degli interventi proposti a salvaguardia dell’ambiente che, se rispettati, dovrebbero contribuire notevolmente alla riduzione degli inquinanti in atmosfera e della percentuale di gas serra, ritenuti tra i maggiori responsabili dell’innalzamento della temperatura globale e dell’intensificazione di eventi climatici di straordinaria intensità e frequenza.
In attesa del prossimo incontro, previsto per il maggio 2010, durante il quale si svolgeranno i negoziati formali nonché della prossima Conferenza mondiale sul Clima in Messico il novembre prossimo, i 55 hanno, pertanto consegnato all’Unfccc le rispettive ‘dichiarazioni di impegno’ che fissano gli obiettivi al 2020 di cui riportiamo le principali indicazioni.
Paesi Sviluppati
Australia: si impegna a ridurre le proprie emissioni del 5% rispetto ai livelli del 2000 obiettivo estendibile fino al 5% qualora si dovesse raggiungere un accordo globale teso alla stabilizzazione delle emissioni di CO2 a 450 ppm e condiviso anche dagli altri Paesi;
Canada: riduzione del 17% rispetto al 2005 in linea con gli
impegni proposti dagli Stati Uniti;
Unione europea 27: taglio incondizionato delle emissioni del 20% a partire dai valori del 1990 con possibilità di arrivare al 30% qualora si raggiunga un accordo globale che preveda l’impegno delle economie nascenti in maniera proporzionale alle necessità e strumenti;
Giappone: riduzione del 25% rispetto al 1990 che si fonda sul raggiungimento di un accordo con le maggiori economie;
Norvegia: diminuzione del 30% estendibile al 40% a seconda del raggiungimento di un accordo in merito alla riduzione delle emissioni, in linea con l’obiettivo di rimanere entro il limite di innalzamento della temperatura di 2 gradi centigradi con riferimento ai livelli del 1990;
Federazione Russa: il livello di riduzione (15-25%) dipenderà da due condizioni:
la salvaguardia delle foreste russe nel contesto della riduzione delle azioni antropiche che causano emissioni dannose;
l’adozione di impegni vincolanti per ridurre le emissioni antropiche di gas a effetto serra da parte di tutti i principali responsabili dell’inquinamento globale;
Stati Uniti: si impegnano a ridurre le emissioni del 17% confermando le dichiarazioni fatte in occasione della Conferenza dell’Onu specificando che le percentuali potrebbero subire delle variazioni in virtù dell’approvazione o meno dell’Energy Bill.
Economie Emergenti
Cina: la nazione si impegna a fare il possibile per ridurre le proprie emissioni di anidride carbonica per unità di PIL del 40-45% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005, aumentare la quota di combustibili non fossili nei consumi di energia primaria di circa il 15% entro il 2020 e aumentare la copertura forestale di 40 milioni ettari e il volume delle riserve forestali di 1,3 miliardi di metri cubi entro il 2020, dal 2005.
Brasile: il Paese stima un taglio del 36-39% delle emissioni da ottenere attraverso:
riduzione della deforestazione amazzonica (564 milioni di tonnellate di CO2 eq. risparmiate) e del “Cerrado” (104 mln di ton CO2 eq.);
ripristino dei terreni da pascolo;
fissazione biologica dei nitrati;
aumento dell’efficienza energetica (da 12 a 15 mln tondi CO2 eq.) e dell’impiego di biofuel (da 40 a 60 mln ton di CO2 eq);
incremento dell’energia idroelettrica (79-99 mln ton di CO2 eq.) e da altri fonti alternative (26-33 mln ton di CO2 eq.);
India: l’impegno redatto nella lettera consegnata all’Unfccc indica una riduzione dell’intensità delle sue emissioni del 20-25% entro il 2020 in confronto ai livelli registrati nel 2005 per unità di PIL, sottolineando come molti altri, che si tratta di azioni volontarie senza carattere vincolante;
Sud Africa: la nazione ribadisce che attuerà a livello nazionale misure di mitigazione adeguate per consentire una deviazione della traiettoria di crescita delle emissioni come da modello “Business as Usual” al di sotto del 34 entro il 2020 e al di sotto del 42% entro il 2025.
|