Dichiarazione di Giustizia Climatica Ora!
L’appello per "un cambiamento del sistema e non del clima" si unisce al movimento globale
L' "accordo" fallito di Copenhagen mostra la grande spaccatura esistente tra le richieste dei popoli e gli interessi delle élites.
La tanto attesa Conferenza dell'ONU sul Cambiamento Climatico a Copenhagen si è conclusa con un accordo fraudolento, progettato dagli Stati Uniti e presentato dinnanzi alla Conferenza all'ultimo momento. L’ "accordo" non è stato però adottato dalla conferenza. Al suo posto, la decisione è stata di "prendere nota", utilizzando una nuova e assurda strategia parlamentare, progettata per adattare i risultati agli interessi degli Stati Uniti e permettere a Ban Ki-moon di pronunciare la ridicola frase "Abbiamo raggiunto un accordo."
La Conferenza dell'ONU non è stata capace di apportare soluzioni alla crisi climatica, né tanto meno di realizzare un minimo progresso verso le stesse. In concreto, le negoziazioni hanno rappresentato un tradimento nei confronti dei paesi poveri e degli Stati isole, conducendo ad una situazione vergognosa per le Nazioni Unite e per il Governo danese. In una Conferenza realizzata per limitare le emissioni di gas con effetto serra si è parlato ben poco della riduzione di emissioni. I paesi ricchi e sviluppati hanno continuato a rinviare qualsiasi conversazione rispetto a riduzioni profonde e obbligatorie e hanno trasferito la responsabilità verso i paesi meno sviluppati, senza mostrare la benché minima disposizione a compensare i danni causati.
La coalizione Climate Justice Now!, insieme ad altre reti, si è riunita qui a Copenhagen intorno all’appello per "Un Cambiamento del Sistema, Non del Clima". La Conferenza sul Cambiamento Climatico ha difatti evidenziato che le soluzioni reali, invece di false soluzioni basate sul mercato, non saranno adottate finche non riusciremo a superare l'ingiusto sistema politico ed economico attuale.
Le elites governative e corporative riunite a Copenhagen non hanno affatto provato a soddisfare le aspettative del mondo. Si sono appropriate totalmente del processo ONU. Ad esse piacerebbe privatizzare l'atmosfera attraverso il mercato del carbonio; sezionare i boschi, le praterie e le savane che rimangono nel mondo, violando i diritti degli indigeni ed appropriandosi dei loro territori; promuovere tecnologie ad alto rischio per ristrutturare il clima; trasformare i boschi in piantagioni di monocolture, i territori agricoli in canali di scolo di carbone; e finire col delimitare e privatizzare ciò che è patrimonio comune. Tutte le proposte discusse a Copenhagen si basavano sul desiderio di generare maggiori benefici invece di ridurre le emissioni, e perfino le esigue somme di finanziamento promesse, potranno utilizzarsi solamente per finanziare il trasferimento di tecnologie rischiose.
L’unico confronto circa possibili soluzioni reali a Copenhagen è avvenuto tra i movimenti sociali. Climate Justice Now!, Climate Justice Action e Klimaforum09 hanno espresso molte idee creative e hanno fatto in modo che giungessero alla Conferenza dell'ONU sul Cambiamento Climatico attraverso la Dichiarazione Popolare del Klimaforum09 ed l’Assemblea per Reclamare il Potere del Popolo.
Tra i governi, i paesi ALBA, molte nazioni africane ed AOSIS è risuonata l’eco del messaggio del Movimento di Giustizia Climatica, riguardo la necessità di pagare il debito climatico, di creare fondi di mitigazione e di adattamento al di fuori delle istituzioni neoliberali, come la Banca Mondiale ed il FMI, ed evitare che l'aumento della temperatura globale superi 1,5 gradi.
L'ONU ed il Governo danese hanno servito gli interessi dei paesi ricchi e industrializzati, escludendo le nostre voci e le voci dei meno poderosi nel mondo e hanno tentato di mettere a tacere le nostre richieste di soluzioni reali. Tuttavia, la nostra voce ha risuonato con maggior forza, crescendo ogni giorno di più durante le due settimane della Conferenza. Mentre le nostre voci si rafforzavano, i meccanismi implementati dall'ONU e dalle autorità danesi per regolamentare la partecipazione della società civile erano meno operativi e meno democratici e più repressivi, sempre più simili a quelli dell'OMC e Davos.
La partecipazione dei movimenti sociali è stata limitata durante tutta la Conferenza e ridotta drasticamente nella seconda settimana. A varie organizzazioni sono state tolte persino le credenziali per accedere alle trattative a metà della seconda settimana. Mentre le corporazioni continuavano a fare i propri affari all’interno del Bella Center.
All’esterno della conferenza, la polizia danese ha mostrato il suo volto repressivo, limitando massicciamente il diritto alla libera espressione ed arrestando e picchiando migliaia di persone, compresi delegati della società civile. Il nostro movimento ha oltrepassato questa repressione per innalzare le voci di protesta ancora una volta. Le nostre manifestazioni hanno mobilitato oltre 100.000 persone in Danimarca in nome della giustizia climatica, mentre i movimenti sociali di tutto il mondo hanno organizzato numerose manifestazioni locali. Nonostante la repressione del governo danese e l'esclusione da parte dell'ONU, il movimento per il cambiamento del sistema e non del clima è ora più forte di quando siamo giunti in Danimarca.
Benché Copenhagen sia stato un disastro rispetto alla ricerca di soluzioni giuste ed ugualitarie sul clima, è stato un importante momento di ispirazione nella battaglia per la giustizia climatica. I governi delle elites non hanno soluzioni da offrire, ma il movimento per la giustizia climatica ha offerto una visione forte ed alternative chiare. Copenhagen sarà ricordato come un avvenimento storico per i movimenti sociali globali. Sarà ricordato, insieme a Seattle e Cancun, come un momento cruciale in cui le diverse agende di molti movimenti sociali si sono unite e fortificate, chiedendo con una sola voce il cambiamento del sistema, e non del clima.
La coalizione Climate Justice Now! invita i movimenti sociali di tutto il mondo a mobilitarsi in beneficio della giustizia climatica.
Avanzeremo nella nostra lotta non solo nelle negoziazioni sul clima, ma anche nelle basi sociali e per le strade, per promuovere soluzioni vere che includano:
- lasciare le energie fossili sotto terra ed investire in energie rinnovabili efficienti e sicure, pulite e governate dalla comunità.
- ridurre radicalmente il consumo eccessivo, innanzitutto nel Nord, ma anche nelle élite del Sud.
- grandi bonifichi finanziari dal Nord al Sud, basate sula restituzione dei debiti climatici e soggetti al controllo democratico. I costi di adattamento e mitigazione devono giungere dal riscatto di spese militari, imposte progressive ed innovatrici, e la cancellazione di debiti.
- conservazione delle risorse basata sui diritti degli Indigeni rispetto ai loro territori e sulla promozione della sovranità dei popoli sull’energia, sui boschi, sulla terra e sull'acqua.
- agricoltura e pesca familiare sostenibile e sovranità alimentare.
Ci stiamo impegnando nella costruzione di un movimento diverso - a livello locale e globale - per un mondo migliore.
Giustizia Climatica, Ora!
Copenhagen
Traduzione di Marica Ganelli
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