Devastare il Camerun per garantire biofuel all’Europa
Colera, febbre tifoidea e dissenteria: sarebbe il “regalo” alla popolazione del Camerun che subisce la distruzione della foresta per far posto alle piantagioni di palma da olio destinate a produrre biocarburanti. Operazione sostenuta dall’Europa, che punta sul biofuel per sostituire gradualmente il petrolio. Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale sostengono la campagna per il biodiesel in Camerun: 140.000 ettari di superficie, 30.000 dei quali ottenuti a spese della foresta africana, delle popolazioni rurali e della biodiversità: la distruzione di foreste vergini accelera il surriscaldamento terrestre.
L’attuale obiettivo del governo camerunense, spiega Alessandro Ingaria su “PeaceReporter”, è di aumentare di altri 50.000 ettari le piantagioni di palma da olio. Parte della materia prima viene trasformata dall’industria locale e la restante parte viene esportata principalmente verso Nigeria, Francia, Italia, Malaysia e Indonesia. «Tuttavia, questo piano di sviluppo della palma da olio, sta causando notevoli ripercussioni nella selva camerunense, affliggendo la popolazione che dipende da essa», spiega Ingaria.
I principali effetti di questa politica sono il taglio delle foreste per la sostituzione con le palme e gli incendi forestali, a scopo speculativo. «L’intervento delle aziende interessate alla coltivazione della pianta sta generando conflitti con la popolazione, soprattutto per gli accordi basati su promesse poi rivelatesi false, e con le comunità locali, escluse dal processo decisionale in merito al territorio in cui vivono». Tra le principali accuse: la violazione dei diritti consuetudinari, il tentativo di impiantare senza autorizzazione governativa, gli indennizzi mai pagati e le promesse mai mantenute relative a un vero sviluppo locale.
«Argomenti purtroppo già noti quando si tratta di risorse naturali di paesi in via di sviluppo e di interventi del Fondo Monetario Internazionale», osserva “PeaceReporter”. Testimonianze della regione del Kribi, raccolte dal Centre Tricontinental, descrivono che gli abitanti della regione sono stati fortemente colpiti dalla diminuzione della selva e delle risorse in essa disponibili, a causa dell’aumento delle piantagioni di palma.
Gli stessi abitanti denunciano che il loro modo di vivere tradizionale è diventato impossibile, pur non beneficiando dei vantaggi di questa nuova economia, in quanto le aziende non impiegano manodopera locale. «E’ inoltre molto alto il sospetto che i prodotti chimici impiegati nella zona stiano inquinando i corsi d’acqua, provocando infermità quali colera, febbre tifoidea e dissenteria» (info: www.peacereporter.net).
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