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[Data: 02/03/2010] [Categorie: Sostenibilità ] [Fonte: Terranauta.it] |
[Autore: Virginia Greco] |
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Valutare lo “zaino ecologico” degli oggetti per ridurre la nostra impronta sull’ambiente Prodotti e servizi di uso quotidiano sono portatori di un grosso bagaglio di effetti sull’ambiente: dalla nascita alla morte (fino all’eventuale riciclo), ogni oggetto consuma una sorprendente quantità di materie prime e risorse, rilasciando rifiuti ed emissioni inquinanti. Un indice che valuti efficacemente tale “zaino ecologico” deve prendere in considerazione ogni fase dell’esistenza dell’oggetto, nonché ogni tipo di ingresso richiesto dal sistema. Non usare è comunque meglio che riciclare”: si tratta di una ricetta generalmente a tutti nota, come i motti di saggezza popolare. Eppure la (positiva) diffusione della pratica del riciclo alleggerisce le coscienze dei consumatori e a volte può persino indurli a concedersi il superfluo con meno scrupoli. In realtà il processo del riciclo è a sua volta dispendioso (in termini energetici) e consente il recupero di solo una parte della materia prima. Tutti gli oggetti presenti nella nostra vita quotidiana - di fatto - si portano dietro un pesante fardello: un bagaglio di effetti sull’ambiente, determinati durante il processo di produzione, il trasporto, l’uso, fino allo smaltimento o riciclo. Tale bagaglio è stato definito “zaino ecologico” dai ricercatori del Wuppertal Institute for Climate, Environment and Energy, autorevole centro di ricerche ambientali tedesco. In seno a tale istituto è stato concepito un indice per il calcolo dell’impatto ambientale di prodotti e servizi, chiamato MIPS, ossia “Material Input Per Service Unit”. Si tratta di un indicatore focalizzato sugli ingressi, il quale prende in considerazione tutte le materie prime e le risorse (i “materiali” appunto) coinvolte in vario modo con l’oggetto durante tutto il suo ciclo vitale. Vari altri indici si basano sull’esame delle uscite del processo, che sono rappresentate in piccola parte dal prodotto in sé (il bene di consumo) e in larga quantità da scarti ed emissioni. Un’analisi di questo tipo, però, rischia spesso di essere parziale, cioè di tralasciare alcuni effetti più o meno secondari non direttamente connessi con gli output del sistema. Al contrario, se si esamina in dettaglio tutta la vita dell’oggetto sotto studio e si prende in considerazione ogni materia prima e risorsa necessaria ai vari livelli e nelle varie fasi, se ne può stimare con maggiore completezza l’impatto ambientale effettivo. la produzione, che include l’approvvigionamento delle materie prime grezze (in molti casi si tratta di estrazione di minerali), con tutti i processi ad esso connessi, la manifattura degli eventuali pre-prodotti (ossia prodotti intermedi necessari alla realizzazione di quelli finali), il trasporto e la vendita; l’uso, in cui vanno considerati tutti gli effetti dell’attività dell’oggetto in questione, le eventuali riparazioni e gli ulteriori trasporti dopo la vendita; lo smaltimento (trasporto, stoccaggio, processi di combustione, ecc); il riciclo, se effettuato. Gli ingressi, ossia le risorse, sono a loro volta classificati in cinque categorie differenti: materie grezze abiotiche, materie grezze biotiche, movimenti della terra, acqua, aria. Le materie abiotiche sono quelle non rinnovabili, ossia i minerali e i combustibili fossili, mentre le biotiche rappresentano le materie prime rinnovabili, come le piante, gli animali e le biomasse provenienti da terreni coltivati dall’uomo, da allevamenti o da aree spontanee. I movimenti della terra si riferiscono agli effettivi spostamenti meccanici del suolo, le modifiche apportate alla superficie del pianeta, l’erosione e i processi simili. L’acqua è quella estratta a tutti i livelli, in superficie come a profondità più o meno maggiori. Nella classe dell’aria vengono presi in considerazione tutti i processi di combustione, trasformazioni chimiche e fisiche che influenzano o modificano la composizione dell’atmosfera terrestre. Negli ultimi anni la questione dell’impronta ecologica lasciata da noi esseri umani ha interessato ed appassionato diversi ricercatori e giornalisti. E’ di recente uscita in Italia il libro Confessioni di un eco-peccatore, testo a metà fra il saggio e la narrazione leggera in cui il giornalista scientifico inglese Fred Pearce cerca di ricostruire i flussi di materie prime di alcuni oggetti di uso quotidiano. Dall’oro al caffè, dall’olio di palma allo zucchero, fino alle terre rare presenti nell’elettronica di consumo e una maglietta di cotone, Pearce va in giro per il mondo per condurre la sua approfondita ricerca. E’ così che scopre, ad esempio, che la fede d’oro da 10 grammi che porta al dito ha richiesto l’estrazione di 2 tonnellate di materiale grezzo, il consumo di 5 tonnellate d’acqua e 30 d’aria, nonché 10 ore di lavoro e ancora elettricità, cianuro, zinco, ecc. Dati inquietanti che gettano una luce diversa su tanti degli oggetti che fanno parte della nostra comune esperienza quotidiana. In alcuni casi, anche tramite il calcolo del MIPS, se occorre discernere tra due processi analoghi, ossia che conducono al medesimo prodotto ma attraverso percorsi differenti, non sempre è facile decidere. I criteri e metodi di ricostruzione e valutazione impiegati, per quanto caratterizzati dalla massima scientificità possibile, non sono infatti sempre univoci, esaurienti o precisi (poiché affetti da approssimazioni). I ricercatori continuano a lavorare per affinare sempre di più i metodi di indagine e di calcolo. Ad ogni modo, come detto al principio, la prevenzione resta ancora la migliore cura. |
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