Hanefi, secondo l'articolo di Fausto Biloslavo, "avrebbe incontrato l’autista
e l’interprete di Mastrogiacomo, mentre erano in mano ai tagliagole islamici (da
notare l'uso della parola islamici e non di quella più appropriata talebani, n.d.r.).
Durante il drammatico faccia a faccia, Sayed Agha, l’autista, lo avrebbe apertamente
accusato di averli venduti".
Il Giornale riporta la testimonianza del fratello
di Adjmal, Munir Nashkbandi, che avrebbe raccontato che "il giorno dopo il rapimento,
Sayed Agha e Adjmal hanno ricevuto la visita di Hanefi. Mio fratello e Rahmatullah
hanno cominciato a discutere animatamente. Alla fine Sayed Agha gli disse: 'Come
hai potuto farci questo'?". Proprio questa è una delle frasi chiave che secondo
il Giornale inchioderebbero Rahmatullah Hanefi, il dirigente di Emergency rinchiuso nelle
carceri afgane, senza alcuna accusa formale e per oltre due mesi senza nemmeno
un avvocato.
PeaceReporter ha sentito Daniele Mastrogiacomo, il giornalista de
La Repubblica che Hanefi ha contribuito a liberare.
"Il giorno dopo il rapimento - racconta Mastrogiacomo - abbiamo solo viaggiato.
Impossibile che Sayed e Ajmal abbiamo potuto vedere Hanefi. Anche perché noi tre,
io Sayed e Adjmal, siamo stati sempre insieme, 24 ore al giorno. Nessuno dei nostri
carcerieri si è mai coperto il volto. Se fosse venuto Hanefi - continua Daniele
- lo avrei certamente visto. Altro non è dato. Sayed, ma molti giorni dopo il
rapimento, è stato portato via per 24 ore da una altro comandante che non era
Dadullah, ma probabilmente il suo vice. E quando è tornato, ci ha raccontato
solo di essere stato duramente interrogato. Picchiato selvaggiamente. Non ci ha
certo accennato a Rahmatullah".
L'articolo de il Giornale cita tra le accuse la testimonianza di un non meglio precisato talebano che
avrebbe visto Hanefi nello stesso villaggio dove eravate tenuti prigionieri.
"Non siamo stati tenuti prigionieri in un villaggio. Solo la notte del primo
giorno della nostra detenzione siamo stati in un villaggio. Ma ci siamo arrivati
che era buio pesto, e siamo stati portati via all'alba. Tutti sulla stessa jeep.
Da allora siamo stati sempre nel deserto, sulle montagne deserte credo verso il
Pakistan. E non è mai arrivato Rahmatullah. Del resto non sarebbe potuto arrivare
nessuno senza che ce ne accorgessimo, eravamo, appunto, in una specie di ovile
in mezzo al deserto. Avremmo certamente sentito il rumore".
Ma avevate contattato Rahmatullah o altri di Emergency prima di avventurarvi
nell'Helmand?
"Assolutamente no", racconta ancora Daniele smentendo altre accuse. Secondo i
servizi afgani, infatti sarebbe stato proprio Rahmatullah a preparare la trappola
per il giornalista de
La Repubblica e per i suoi collaboratori afgani. "Quando l'ho visto per la prima volta, al
momento della liberazione, ero talmente preoccupato e spaventato e ovviamente
malfidente che Rahmatullah alla fine, per tranquillizzarmi, mi ha fatto vedere
un suo documento di identità. Che diceva chi era e che lavorava per Emergency.
Prima non lo avevo mai visto, né sentito".
Maso Notarianni