Altromercato: «Il sì agli Ogm preoccupa fortemente anche il Sud del Mondo»
La decisione di permettere la coltivazione della patata geneticamente modificata Amflora ci pare presa in base ad interessi economici delle multinazionali più che quelli della sostenibilità ambientale, l'interesse dei contadini europei, dei produttori agricoli del Sud del mondo e dei cittadini consumatori. Da tempo Altromercato denuncia come i prodotti geneticamente modificati che vengono immessi nel mercato incentivino la monocoltura e rappresentino una grave minaccia alla biodiversità, la diversità nelle colture agricole, nell'allevamento e nella silvicoltura.
Voler selezionare, controllare e brevettare le forme di vita, farne commercio con lo scopo di realizzare profitto a favore dei potenti dell'economia globale, come nel caso della patata Amflora, significa, per molti popoli del Sud Del Mondo, veder scomparire colture tradizionali, base per l'alimentazione quotidiana, ed essere costretti a comprare ciò che prima potevano procurarsi in autonomia. Dire no agli Ogm e difendere la biodiversità significa garantire la vita stessa, preservando sia le specie vegetali delle quali ci nutriamo attualmente, sia le altre potenziali risorse di cibo per il futuro.
I produttori del Sud del Mondo ci aiutano ad arricchire la nostra dieta di varietà e di biodiversità, per la nostra salute e per i nostri piatti. Con i loro prodotti (la quinoa, il guaranà, il riso, il mais, ecc.) non ci uniformiamo ad una dieta basata su un numero sempre più ristretto di varietà vegetali, imposte dai sistemi di agricoltura industriale multinazionali."
La scelta della Commissione Europea rappresenta una decisa inversione di rotta rispetto ai criteri di sicurezza alimentare, biodiversità, rispetto dell'ambiente. La preoccupazione dei contadini italiani ed europei coincide con quella di migliaia di produttori del Sud del Mondo, con i quali da anni collaboriamo per la costruzione di un'economia più giusta: la diffusione degli OGM rappresenta per tutti loro l'avanzare di un modello agricolo globale che impedisce alle comunità di definire la propria politica alimentare in modo ecologicamente, socialmente, economicamente e culturalmente appropriato alle specificità locali. Mina, in altre parole, la sovranità alimentare e la possibilità di porre gli interessi di chi produce, distribuisce e consuma alimenti al di sopra degli interessi dei mercati e di poche multinazionali.
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