E' l'Ecuador il primo stato al mondo che si è imposto di ridurre la sua impronta ecologica
La nuova costituzione dell'Ecuador approvata il 28 settembre 2008 e curata dall'Assemblea Nazionale Costituente, riconosce i diritti della natura; si tratta del primo Stato ad aver approvato un riconoscimento formale di questo tipo. I diritti della natura dovranno essere rafforzati dalle leggi e la nuova Costituzione ricorda l'obiettivo di ottenere il benessere (el buen vivir) in armonia con la natura, come obiettivo fondamentale della società.
Proprio in questi giorni il Global Footprint Network, la rete internazionale più autorevole che si occupa di diffondere, standardizzare ed applicare il metodo dell'impronta ecologica come indicatore di sostenibilità (www.footprintnetwork.org), ha reso noto la notizia che l'Ecuador è diventata la prima nazione a dotarsi di un concreto target relativo all'Impronta ecologica. La nazione si è data l'obiettivo di includere nel suo Piano Nazionale, il raggiungimento entro il 2013, di un' impronta ecologica (quindi un utilizzo pro capite di risorse derivanti dalle capacità bioproduttive dei sistemi naturali, dalle foreste alle aree agricole) che rientri nella biocapacità nazionale (quindi nella capacità della nazione stessa di produrre le risorse utilizzate) , con l'impegno a mantenere il trend nel futuro.
Nelle ultime cinque decadi l'Ecuador ha visto annullare il suo vasto surplus ecologico che, nel 1961, era più elevato di quattro volte rispetto all'impronta ecologica pro capite. Attualmente l'impronta ecologica di un cittadino ecuadoregno ( che è di 2,2 ettari globali pro capite) è molto vicina a quella della biocapacità pro capite (che è di 2,1 ettari globali pro capite) e potrebbe essere rapidamente sorpassata se i trend attuali di consumo dovessero persistere (solo per fare qualche comparazione, ricordo che l'impronta ecologica dell'Italia è di 4,8 ettari globali pro capite e la nostra biocapacità è di 1,2; l'impronta degli Stati Uniti è 9,4 e la biocapacità 5,0, l'impronta dell'Etiopia è 1,4 e la biocapacità è 1,0). Per questo motivo l'obiettivo che il governo ecuadoregno si è dato è proprio quello di assicurare alla popolazione del proprio paese di non passare alla fase cosidetta di Overshoot (di sorpasso) rispetto alla biocapacità nazionale. La nazione ha un mandato presidenziale a sviluppare indicatori fisici che possano individuare le migliori performance ambientali e supportare le decisioni che saranno adottate.
Questa decisione dell'Ecuador costituisce un ulteriore interessantissimo segnale concreto che va nella direzione delle riflessioni che, ormai in tutto il mondo, si stanno facendo sui limiti dei nostri modelli di sviluppo socio economici basati sulla continua crescita economica, materiale e quantitativa, che ci ha condotto ad un crescente e ormai ingente deficit ecologico. Il mettere finalmente "in conto" questo debito e il considerare nuovi indicatori di benessere, come elementi fondamentali per l'azione politica sta diventando, come abbiamo visto in numerosi articoli in questa rubrica, un impegno ormai ampiamente diffuso e ulteriormente incrementato in questo periodo di grave crisi finanziaria ed economica.
Alla fine di gennaio la ben nota New Economic Foundation britannica (un vero e proprio think-tank che si pone l'obiettivo di dimostrare il reale benessere dell'economia e che è stata creata nel 1986 dai leader del cosidetto TOES - The Other Economic Sumit - il gruppo di lavoro che poneva nuove tematiche e nuovi approcci di visione alle riunioni del G7 e del G8, vedasi il sito www.neweconomics.org), ha pubblicato un interessantissimo rapporto dal titolo "Growth Isn't Possible:Why rich nations need a new economic direction", che documenta come la crescita economica infinita sia impossibile a causa dei notevolissimi problemi ambientali e sociali che si trascina con sé. Esistono ormai troppi livelli "soglia" che sono o stanno per essere superati nei sistemi naturali, a cominciare dal sistema climatico, e che ci stanno dimostrando l'incompatibilità di una crescita economica continua. Per i paesi ricchi che hanno le maggiori responsabilità storiche (per essere stati i primi a devastare e distruggere gli ambienti naturali dell'intero pianeta) e di impatto sui sistemi naturali della Terra è ormai indispensabile una nuova direzione economica.
Per dimostrare in maniera simpatica e divertente l'impossibilità della crescita economica illimitata, la New Economic Foundation ha attivato il "Club del criceto impossibile" (vedasi www.impossiblehamster.org), nell'ambito del quale un breve e semplice video-cartoon dimostra come in natura non esiste una crescita senza limiti, prendendo come spunto un noto e simpaticissimo roditore, spesso utilizzato anche come animale da compagnia, il criceto.
Un giovane criceto raddoppia il suo peso ogni settimana che trascorre dalla sua nascita al periodo di pubertà. Ma se continuasse paradossalmente a crescere, come avviene dal suo giorno di nascita, giungerebbe a divorare in un giorno l'intera produzione mondiale annuale di granturco. Ovviamente esistono molti motivi per cui il criceto non può crescere indefinitamente, motivi che costituiscono la base dei meccanismi dell'evoluzione della vita sulla Terra, e che governano i sistemi naturali del Pianeta. Prima o poi questi meccanismi devono governare anche l'economia. L'economia non può continuare a far finta di essere al di fuori dei sistemi globali entro i quali invece opera quotidianamente e deve seguirne le regole. Ormai siamo giunti a dei livelli di impatto dei sistemi economici e sociali sui sistemi naturali che il mondo scientifico ritiene molto pericolosi per la nostra stessa sopravvivenza.
Un precedente rapporto della New Economic Foundation "The Great Transition" individua come organizzare al meglio un nuovo indirizzo per l'economia delle nostre società, nell'ambito della quale la gente può ricercare e soddisfare un autentico benessere rimanendo in una dimensione di equilibrio dinamico con la biosfera.
Anche il puntuale lavoro della New Economic Foundation si inserisce nella direzione di porre nuove basi all'economia mondiale e rientra nell'ambito del vasto impegno che, a partire già dagli anni Settanta del secolo scorso, si è andato formando nell'individuazione di articolate critiche alla crescita economica (e quindi all'utilizzo della crescita del maggior indicatore economico, il PIL) come unico motore di sviluppo. Da allora, come abbiamo visto in tanti articoli di questa rubrica, è iniziata una ricerca sistematica di misure del benessere e della sostenibilità del nostro sviluppo sociale ed economico, rispetto all'impatto da noi esercitato sui sistemi naturali, in grado di superare i limiti del PIL stesso.
In particolare, come abbiamo già visto in altri articoli, negli ultimi anni il dibattito sul bisogno di trovare un indicatore o un insieme di indicatori comuni del benessere che possano diventare guida e obbiettivo delle politiche pubbliche è stato costantemente presente. L'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), insieme ad altre influenti organizzazioni internazionali, ha lanciato il progetto "Global Project on Measuring the progress of societies" (Progetto globale su come misurare il progresso delle società); il Presidente francese Sarkozy ha istituito la "Commissione Internazionale sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale", guidata dai premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen, di cui è stato pubblicato il rapporto finale nel settembre scorso; una nuova comunicazione della Commissione Europea dell'agosto 2009 ha illustrato cinque interventi chiave per integrare gli indicatori del progresso nei sistemi ufficiali di statistiche usati dalla politica, ecc. Se benessere, sviluppo e progresso sostenibili sono gli obbiettivi da raggiungere, allora devono essere supportati da un cambiamento degli indicatori utilizzati. Chiudendo l'importante conferenza "Beyond GDP" (Oltre il PIL), tenutasi a Bruxelles nel novembre 2007, ed organizzata dalla Commissione Europea, dal Parlamento Europeo, dall'OCSE, dal Club di Roma e dal WWF, il Presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, sostenne, parafrasando una celebre frase di Albert Einstein, che "non è possibile affrontare le sfide del futuro con gli strumenti del passato: e` ormai tempo di andare oltre il Pil" (vedasi il sito www.beyond-gdp.eu).
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