c La guerra del clima - 09/03/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 09/03/2010]
[Categorie: Sostenibilità ]
[Fonte: Greenews.it]
[Autore: Andrea Gandiglio]
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La guerra del clima

Da mesi i climatologi del riscaldamento globale e i loro oppositori si combattono per riaffermare, i primi, la validità dei propri studi, i secondi, la possibilità di avervi accesso e di poterli confutare. A farne le spese è il pubblico di cittadini, che assiste attonito e riceve informazioni contrastanti e frammentarie.

Tutto è cominciato lo scorso novembre, quando sono state diffuse su internet più di 1.000 mail sottratte illegalmente dal server del Centro di Ricerca sul Clima (CRU) della University of East Anglia. Da questa corrispondenza sembra emergere che Phil Jones, capo della CRU, e alcuni suoi colleghi abbiano cercato di falsificare alcuni dati sull’innalzamento delle temperature e di sottrarsi a richieste di diffusione dei dati stessi, per poter avvalorare l’ipotesi dell’influenza umana sui cambiamenti climatici.

La vicenda è ora affidata ad una commissione parlamentare che stabilirà se i ricercatori hanno commesso reato o meno. Ascoltato in commissione, Jones ha ammesso di aver scritto mail equivoche, ma ha anche fermamente negato l’accusa di aver nascosto e falsificato dati.

Più recentemente, molti hanno contestato errori nell’ultimo rapporto redatto dalla Conferenza Intergovernativa Onu sui Cambiamenti Climatici (IPCC). Tra questi due sopra tutti: la previsione della scomparsa dei ghiacciai dell’Himalaya entro il 2035 e la notizia, non verificata, del presunto sprofondamento di metà del territorio dei Paesi Bassi sotto il livello del mare. Queste sviste hanno costretto l’IPCC a scusarsi pubblicamente e annunciare la creazione di un comitato di scienziati indipendenti per verificare le procedure di ricerca.

Di fatto, i dubbi sull’attendibilità dei dati istituzionali hanno rilanciato l’opposizione di quanti non credono al principio della responsabilità umana nel processo di riscaldamento globale.

Una delle critiche mosse all’IPCC è quella di utilizzare come fonte anche la letteratura grigia, testi non diffusi dai tradizionali canali editoriali, come denuncia il telegraph.co.uk. In realtà, sono gli stessi scettici a chiedere che il dibattito sul clima comprenda anche fonti non accademiche, ma ugualmente documentabili.

E, se alcuni scienziati hanno scelto di difendersi dalle accuse e di tutelare i propri studi, altri, come la climatologa del Georgia Institute of Technology Judy Curry, incoraggiano una maggiore apertura: “I non addetti devono poter entrare nelle torri d’avorio della scienza, per il suo stesso bene – riporta il Guardian citando Curry – Einstein non ha cominciato la sua carriera a Princeton, ma all’ufficio patenti. Tiriamo dentro i blogger. Probabilmente c’è un Einstein tra loro”.

Dagli esperti e dagli “attivisti” del clima il discorso si allarga ai cittadini, sfiduciati da tanta confusione.

Il New York Times cita uno studio, condotto alla fine di dicembre da due università statunitensi, secondo cui il numero di americani che credono che il cambiamento climatico sia un’invenzione è più che raddoppiato dal 2008, dal 7% al 16%. Un altro 13% di americani è convinto, poi, che anche se il pianeta si stesse riscaldando, sarebbe un risultato dipendente da soli fattori naturali.

Mosse anche da questi segnali di scetticismo alcune istituzioni si stanno dunque sforzando di rendere il loro lavoro più trasparente. L’Agenzia Ufficiale Britannica sul Clima renderà pubblici, per la prima volta, i propri dati sulle temperature, mentre la National Academy of Sciences sta per pubblicare un documento divulgativo per sintetizzare quello che si sa – e non si sa – sui cambiamenti del clima globale.

“Gli scienziati devono continuamente guadagnarsi la fiducia della gente o rischiamo di cadere in un nuovo Medio Evo in cui l’ideologia vince sulla ragione”, ha affermato il responsabile IPCC Rajendra K. Pachauri.

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