La Lav in campo per le galline
Secondo la nuova indagine condotta dalla Lega anti vivisezione, le informazioni sulle etichette di molte confezioni di uova sono ingannevoli, fuorvianti e non corrispondenti alla realtà allucinante della cova in batteria.
Le uova consumate mediamente ogni anno dal cittadino europeo sono 220. Nel nostro Paese, il numero complessivo è di 12,9 miliardi. Le galline “italiane” che ci consento questa alimentazione vivono, nell’80 per cento dei casi (68 nell’Ue), in gabbie di batteria, piccole come un foglio di carta A4. Condizioni di sofferenza quotidiane destinate a venir meno nel 2012, quando entrerà in vigore la Direttiva europea n.74 del 1999 che introduce il divieto della tortura della gabbia convenzionale e la riconversione in sistemi di allevamento sostenibili, come quello “a terra”, garanzia che spesso non è presentata con la necessaria chiarezza sulle confezioni di uova.
Secondo la nuova indagine condotta dalla Lav, 17 differenti confezioni, in vendita nei supermercati di Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Bari, presentano informazioni ambigue, scritte ingannevoli e fuorvianti, a volte poco leggibili perché seminascoste o riportate con carattere molto piccolo, e immagini bucoliche non corrispondenti alla realtà allucinante dell’allevamento intensivo. Per questo motivo la Lega anti vivisezione presenterà un nuovo ricorso all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Un’azione che fa seguito a quella analoga del 2008, che portò l’intimazione, da parte del Garante a gran parte delle aziende contestate, di correggere l’etichettatura, perché fosse resa conforme alla normativa e indicasse correttamente il sistema di allevamento adottato. «Sollecitiamo il Ministero delle Politiche agricole - afferma Roberto Bennati, vicepresidente Lav - a perseguire una politica di maggiore rigore e a farsi promotore di un’azione normativa integrativa, al fine di garantire un’etichettatura delle uova aderente alla realtà della produzione e del sistema di allevamento, nel rispetto delle scelte e della volontà dei cittadini».
Un impulso necessario, anche perché, a livello europeo, l’industria alimentare già ha iniziato ad adeguarsi alla direttiva che sarà in vigore dal 2012, e in alcuni casi non utilizza e non commercializza più uova da allevamento in gabbia o si è impegnata a farlo. Stiamo parlando di gruppi di distribuzione in Olanda, Belgio, Austria, Francia e Regno Unito, come Rewe (la 4° maggiore catena europea). L’Italia è in forte ritardo, eppure dal 2002 al 2008, gli allevamenti “a terra”, “all’aperto” e “bio” sono cresciuti in termini di numero di galline, a fronte di una lenta flessione del sistema in gabbia (-21%) che domina di molto il mercato con 39,5 milioni di animali allevati.
Una maggiore sensibilità è dunque necessaria: per promuoverla, domani e domenica la Lav sarà in 350 piazze italiane, dove verranno distribuite le nuove guide pratiche al sistema di etichettatura e le uova di cioccolato equo e solidale Lav. Si potranno inoltre firmare cartoline-appello rivolte ad amministrazioni locali e supermercati per invitarli a preferire le uova, molto più “buone”, covate da galline libere.
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