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[Data: 17/03/2010] [Categorie: Politica ] [Fonte: Peacelink] |
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La presenza delle sostanze inquinanti costituisce di per sé elemento di prova Inquinamento: rivoluzionaria sentenza della Corte europea di Giustizia Possono essere condannate alla bonifica dei siti adiacenti le aziende che emettono le sostanze inquinanti rinvenute nei terreni circostanti C’è qualcosa di rivoluzionario nella recente sentenza della Corte europea di Giustizia. Possono essere condannate alla bonifica dei siti adiacenti le aziende che emettono le sostanze inquinanti rinvenute nei terreni circostanti. Tanto basta a far nascere una presunzione di responsabilità che solleva la pubblica amministrazione dal dover dimostrare eventuale colpa o dolo da parte dell’azienda. L’autorità pubblica che solleva l’addebito può semplicemente presumere un collegamento tra l’attività produttiva e il danno sulla base di indizi plausibili. Insomma la presenza delle sostanze inquinanti costituisce di per sé elemento di prova dell’avvenuto inquinamento ed è sufficiente a emettere una sentenza di condanna al ripristino dei luoghi. Se tali spazi sono proprietà dell’azienda non potranno essere usati fino ad intervenuta bonifica. La sentenza della Corte di Giustizia costituisce fonte di diritto e pertanto può essere adottata senza esitazione nel nostro Paese. Il criterio è semplice ed elementare: chi inquina paga per il ristoro dei danni prodotti. Interessante potrà essere a questo punto la strategia di difesa che potranno adottare le aziende ad alta capacità inquinante.
A Taranto, la città a più alta concentrazione di industrie inquinanti, in materia di polveri sottili potrebbero palleggiare le responsabilità l’Ilva e la Cementir che spuntano nel cielo di Taranto sostanze tossiche. Sono aumentate vertiginosamente le malattie dell’apparato respiratorio e i tumori polmonari. Corresponsabilità potrebbero insorgere nelle emissioni di diossine. Insistono sul territorio provinciale inceneritori, industria siderurgica e raffineria. Non ci sono dubbi su chi debba provvedere alla bonifica del sito industriale della ex Belleli. Note: ''Gli operatori con impianti limitrofi a una zona inquinata possono essere considerati presunti responsabili dell'inquinamento. Le autorità nazionali possono subordinare il diritto degli operatori ad utilizzare i loro terreni alla condizione che essi realizzino i lavori di riparazione ambientale imposti''. E’ questo il passaggio chiave con cui la Corte di Giustizia Europea chiarisce le disposizioni comunitarie in merito al risarcimento per danno ambientale. L’alta Corte chiamata ad intervenire sull’argomento dal Tar della Sicilia precisa che ''la direttiva sulla responsabilità ambientale prevede, per quanto concerne determinate attività, che l'operatore la cui attività abbia provocato un danno ambientale o una minaccia imminente di un danno siffatto è considerato responsabile. Pertanto, esso deve adottare le misure di riparazioni necessarie e assumersene l'onere finanziario''. Il contenzioso a cui fanno riferimento i chiarimenti della Corte Europea è nato quando il Governo italiano ha imposto alle imprese operanti nelle vicinanze della rada di Augusta l'obbligo di risanare il fondale marino contaminato, seguendo il principio ''chi inquina paga'' previsto appunto dalla normativa europea. Le imprese hanno lamentato l'assenza di accertamenti preventivi e il Tar della Sicilia ha chiesto alla Corte Ue di intervenire per chiarire le disposizioni. La sentenza fa riferimento alla causa che vede da una parte le Raffinerie Mediterranee SpA (Erg) e dall'altra il Ministero italiano dello Sviluppo Economico per danno ambientale attribuito alla Erg riguardo alla Rada di Augusta, situata nel territorio di Priolo Gargallo (Sicilia), interessata da fenomeni ricorrenti di inquinamento ambientale, la cui origine risalirebbe gia' agli anni '60, quando e' stato realizzato il polo petrolchimico Augusta-Priolo-Melilli. Da allora, pero', numerose imprese operanti nel settore degli idrocarburi e della petrolchimica si sono installate e succedute in questo territorio: di qui la difficolta' di individuare le singole responsabilita'. Le reazioni alla nota chiarificatrice della Corte di Giustizia Europea non si sono fatte attendere. Per Salvo Sorbello, consigliere comunale di Siracusa e componente della commissione Ambiente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani la sentenza “riveste importanza fondamentale per il nostro territorio in quanto afferma il principio secondo cui le bonifiche devono essere fatte e si deve intervenire anche laddove la responsabilità non sia direttamente da imputare alle imprese ad oggi esistenti ma che hanno rilevato le stesse attività affini da altre industrie che hanno operato in precedenza”. "La sentenza della Corte di Giustizia Europea consente finalmente alle autorità competenti di imporre alle industrie misure di riparazione dei danni ambientali - commenta il consigliere provinciale del Pdl, Giuseppe Bastante - presumendo l'esistenza di un nesso di causalità tra determinati operatori e un inquinamento accertato. Speriamo che si possa ora finalmente intervenire per risanare una zona saccheggiata dall'inquinamento ed i cui abitanti hanno pagato un prezzo altissimo". APPROFONDIMENTI TRATTI DA http://www.giornaledisiracusa.it/cronaca/12802-qchi-inquina-pagaq-una-sentenza-della-corte-di-giustizia-europea-da-ragione-al-governo-italiano.html |
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