Inverno “freddo”? Per la Noaa è stato il quinto globalmente più caldo dall’inizio delle misurazioni
Ma è il caos climatico: copertura nevosa nell’emisfero nord seconda per estensione dal 1967, gelo negli Usa, caldo-record in Australia occidentale
«Un nuovo 1985». «Inverno tra i più freddi di sempre». «Altro che global warming: il climatologo spiega perché sta arrivando una nuova glaciazione»: ma dopo un inverno che, sia sull'Europa sia sul Nordamerica, ha mostrato una faccia rigida come (a livello di percezione popolare) non si vedeva da tempo, ecco però che i primi bilanci ufficiali mostrano una realtà ben diversa da quella che molti (sia in buona fede, sia non) avevano tentato di far credere all'opinione pubblica.
Per l'Italia, anzitutto, vanno ribaditi i dati Isac-Cnr che (vedi link in fondo alla pagina) indicano un inverno 2009/10 caratterizzato da un'anomalia positiva di 0,17°: anche se il dato va interpretato alla luce di una forte discrepanza tra il centro-nord (lieve anomalia negativa) e l'anomalia positiva al centro-sud, comunque si è trattato, termicamente, del 52° inverno italiano più caldo (cioè il 160° più freddo) dal 1800. In termini precipitativi, invece, l'inverno appena trascorso ha visto anomalie positive medie del 39% sull'Italia, dato che pone l'annata al 23° posto delle stagioni più piovose degli ultimi due secoli.
Per il pianeta nella sua globalità, i dati Noaa (che a inizio marzo avevano indicato un inverno statunitense che nel 63% del territorio era stato sotto la media termica, e nel corso del quale erano perfino caduti alcuni record secolari di freddo, come in Texas e in Florida) testimoniano che quello chiamato da molti "l'inverno record" è in realtà stata la quinta stagione invernale più calda dall'inizio delle misurazioni ufficiali (cioè dal 1880, per quanto attiene al territorio statunitense).
Più specificatamente, la temperatura media planetaria è stata 0,57° C superiore alla media: per le sole terre emerse, l'anomalia ha toccato gli 0,64° (il 13° inverno più caldo, per le terre emerse), mentre per i mari si è sfiorato il record di calore, pur con un'anomalia più contenuta rispetto alle terre emerse, a causa del forte calore specifico dell'acqua: gli 0,54° sopra la media rappresentano infatti, per gli oceani, il secondo valore record dopo il 1998.
E il dato sui mari acquisisce particolare significato se consideriamo che le previsioni annuali del Met-Office, che con stupefacente (ma dimostrata dai numeri) attendibilità pubblica ogni anno stime sulla temperatura media dell'anno a venire e che per il 2010 ha previsto un'annata record per le temperature, si basano prevalentemente proprio sullo status termico dei mari del pianeta.
La Noaa riporta anche il dato sulla banchisa artica (che a febbraio - vicino al momento del picco annuale - aveva un'estensione inferiore del 6,8% alla media 1979-2000, la quarta minore estensione dall'inizio delle misurazioni), quello sulla banchisa antartica (che ne conferma il lieve trend positivo, con un'estensione superiore alla media del 7,3% - l'8° maggiore nei record), e soprattutto viene reso noto anche il dato sulla copertura nevosa nell'emisfero nord, che nell'inverno appena terminato è stata la seconda maggiore - dopo il 1978 - dall'inizio delle relative misurazioni (1967) per il pianeta nella sua globalità, e la più estesa di sempre per quanto riguarda il territorio americano.
In definitiva, quindi, emerge un apparente paradosso: in molte zone del mondo (compresa l'Italia centrosettentrionale) l'annata è stata fredda e nevosa, ma le temperature globali sono state comunque superiori alla media, anche per quanto riguarda le terre emerse. Eppure, nelle cronache dei media scritti o radio-televisivi si è parlato quasi esclusivamente di "inverno gelido": ciò è stato causato probabilmente, oltre che dal sempre maggiore dilagare della pubblicistica clima-scettica (che aveva ed ha tutto l'interesse a parlare di rigidità dell'inverno) e dal fatto che le grandi nevicate fanno più notizia rispetto all'inverno mite, da un black-out comunicativo che si è creato nel corso della stagione: al freddo inverno che ha colpito l'Italia settentrionale ha fatto sponda un inverno molto mite nel sud, ma ciò che i media hanno prevalentemente riportato (anche per considerazioni "geo-mediatiche" legate al fatto che buona parte dei principali telegiornali - almeno quelli privati - e delle cronache stampate vengono prodotti al nord) è stato prevalentemente improntato alla descrizione dei rigori dell'inverno.
Allo stesso modo, l'inverno freddo che - riporta la Noaa - ha colpito gli Usa (oltre ad Europa centro-settentrionale, Russia, Messico, parti dell'America meridionale) è stato contemporaneamente la stagione estiva più calda nei record per quanto riguarda l'Australia occidentale, e in generale comunque i mari hanno proseguito il loro trend di riscaldamento: eppure, anche negli Stati Uniti e in gran parte dell'opinione pubblica del mondo occidentale l'inverno appena terminato sarà ricordato come una delle stagioni più fredde mai viste da decenni.
E anche il dato sulla copertura nevosa-record, in questo contesto climatico, va visto più probabilmente come una conferma degli effetti caotici del surriscaldamento globale, più che come una sua temporanea eccezione: ma il bilancio a questo riguardo avrà corso (e senso) scientifico solo nei prossimi anni.
Ed ecco che quindi, se davvero le citate previsioni del Met-Office dovessero (come negli anni passati) rivelarsi veritiere - e lo vedremo a dicembre - potremmo essere entrati nell'anno più variabile, oltre che più ingannevole, dall'inizio delle misurazioni: l'inverno che ha battuto vari record di freddo e soprattutto di neve (almeno in alcune zone) potrebbe essere solo l'incipit dell'anno globalmente più caldo dall'inizio delle misurazioni. Un dato che - letto così - non può che destare preoccupazioni per lo stato del clima nei decenni a venire, ma che in primo luogo va interpretato come (l'ennesima) clamorosa smentita delle affermazioni dei tanti che avevano - anche a livello scientifico, e non solo di discussione da bar - già iniziato a parlare di "fine del global warming", davanti ad un inverno che si credeva freddo, ma che - dati alla mano - freddo non era.
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