Il nucleare? Una catastrofe economica
Gli analisti di Citigroup bocciano l'atomo in economia. Il nucleare in un mercato liberalizzato non si può fare se non trasferendo rischi e costi sul pubblico. Come si vorrebbe fare in India, dove per realizzare centrali, una legge limiterebbe fortemente, in caso di incidente, la responsabilità di che le costruisce e di chi le gestisce.
Il nucleare? Bocciato in economia. Non si può fare se non è il pubblico a pagare e a farsi carico dei rischi, parola degli analisti del gruppo finanziario Citigroup. Mentre il nostro paese continua per sulla strada del ritorno all’atomo - è della settimana scorsa la firma dell’accordo di collaborazione con la Francia – sui giornali internazionali vengono riportate notizie che dovrebbero porre seri dubbi sull’opportunità della scelta italiana anche in chi sia scevro da pregiudizi ideologici o preoccupazioni ambientaliste.
Si legga ad esempio quanto sta avvenendo in India: per convincere gli operatori a venire a costruire centrali nella nazione affamata di energia è in arrivo una controversa legge che limiterebbe fortemente la responsabilità economica dei costruttori in caso di incidenti, lasciandola ovviamente alla collettività. La legge – la cui discussione attesa per oggi è stata rimandata - prevede che la responsabilità economia e legale in caso di incidente nucleare venga interamente trasferita dall’azienda costruttrice all’utility (controllata statale) che gestirà la centrale. E anche per quest’ultima sarà una responsabilità fortemente limitata: fissato un tetto massimo per i danni a 450 milioni di dollari. Briciole - commentano gli attivisti sentiti da Reuter - se si pensa ai danni che può causare un incidente atomico e se si considera che negli Stati Uniti il massimale analogo è di 10,5 miliardi di dollari: 23 volte tanto.
Chiaro che metà del mondo politico indiano – la sinistra e i nazionalisti indù del BJP – sia insorta: nel paese è ancora forte la memoria di disastri come quello della nuvola tossica di Bhopal nel 1984 dove - a fronte di un bilancio di 8mila morti sul momento, circa 25mila successivamente e 100mila persone con problemi di salute - Union Carbide se l’era cavata con 470 milioni di dollari di risarcimento. Ora la legge che deresponsabilizzerebbe costruttori e operatori dell'atomo è ferma e, secondo il governo indiano, questo bloccherà le ambizioni nucleari del paese. Tradotto: l’energia atomica si può avere solo scaricando i rischi sulla collettività.
Come l’industria nucleare non possa sopravvivere senza trasferire al pubblico i rischi economici lo spiega un interessante articolo riassuntivo pubblicato da Reuter e costruito attorno alle dichiarazioni dell’analista di Citigroup, Peter Athrton (si veda anche, in allegato, l’impietoso studio di Citigroup, pubblicato a novembre 2009). “Nessuno ha mai costruito un reattore in un mercato dell’energia liberalizzato – spiega l’analista a Reuter – e ci sono dei buoni motivi per questo”. Il nucleare richiede strategie che “tolgano il rischio dalle compagnie e lo trasferiscano al consumatore”.
E via con gli esempi di come i rischi economici vengano scaricati: uno è quello dei costi di decommissioning e smaltimento dei rifiuti radioattivi. Nel 2008, si spiega, il governo britannico ha stabilito un prezzo fisso per decomissioning e gestione delle scorie, ma come sappiamo, i veri costi, che sono spalmati su periodi lunghissimi, sono virtualmente impossibili da stimare e gli sforamenti restano a carico del pubblico. A proposito, oltre al caso britannico dove si rivede continuamente al rialzo il costo di decommissioning delle centrali già chiuse - l’ultima volta di 10 miliardi di sterline, (Qualenergia.it, I conti per chiudere col nucleare) - si veda il conto salato e imprevisto a carico del governo tedesco (Qualenergia.it, Bufera sulle scorie tedesche).
Anche senza tenere conto del decommissioning, il nucleare, continua l’articolo, non è competitivo con le altre fonti: lo dimostrano le condizioni poste dalle compagnie che dovrebbero costruire i nuovi reattori britannici, che hanno chiesto incentivi sull’energia prodotta e garanzie sul prezzo della CO2 (Qualenergia.it, Nucleare, Edf allunga la mano ). Altro esempio di soccorso pubblico all’atomo sono i fondi di garanzia stanziati da Obama nel suo ultimo budget e senza i quali negli Usa non si costruirebbe nessuna centrale (Qualenergia.it, Obama al capezzale del nucleare).
D’altra parte concedere un finanziamento a chi vuole costruire un reattore non è cosa che una banca farebbe a cuor leggero. Oltre a guardare i cattivi voti che Moody’s dà all’affidabilità degli investimenti in nucleare (Qualenergia.it, Moody’s boccia il credito al nucleare), si pensi all’esperienza degli unici impianti in costruzione al momento in Europa: il cantiere di Olkiluoto in Finlandia è in ritardo di 3 anni e ha sforato dell’80% il budget previsto.
Reuter cita infine uno studio del MIT secondo il quale l’energia dall’atomo con i suoi 0,08$/kWh è troppo costosa per competere in un mercato elettrico liberalizzato e conclude con la lapidaria stroncatura dell’analista Citigroup: dal punto di vista economico “il nucleare è stato una catastrofe”.
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