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[Data: 22/04/2010] [Categorie: Pace ] [Fonte: Terranauta.it] |
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L'Italia dichiara guerra alla crisi economica Non è vero che l’economia italiana va così male. Nonostante la crisi, infatti, c’è un settore che non conosce recessioni e che a fine 2009 ha fatto registrare un incremento delle esportazioni del 61 %: l’industria degli armamenti. La settimana scorsa a Brescia, in concomitanza con l’apertura di EXA (la Mostra Internazionale di Armi sportive, Security e Outdoor svoltasi dal 10 al 13 aprile 2010) OPAL - Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa - ha presentato il terzo rapporto annuale sulla produzione ed esportazione di armi. OPAL, nato a Brescia nel 2003 e formato da associazioni e singoli cittadini, è l’unico ente di ricerca in Europa avente lo scopo di monitorare la produzione e il commercio di armi che non riceve finanziamenti pubblici, ma vive grazie al volontariato e ai contributi dei privati e delle associazioni che ne fanno parte. Sull’annuario di quest’anno, intitolato “Difendiamoci dalle armi”, ampio spazio è dato all’esportazione degli armamenti: nel 2009 l’export italiano di armi da guerra è stato di 4,9 miliardi di Euro, con un aumento del 61% rispetto al 2008. A tanto ammontano le autorizzazioni all’esportazione rilasciate dal Governo lo scorso anno, sulle quali la maggior parte dei media nazionali ha taciuto. A questi 4,9 miliardi però andrebbero sommati, secondo OPAL, gli altri 1,8 miliardi di Euro di autorizzazioni per le forniture di armi destinate ai Programmi Intergovernativi NATO-Unione Europea. E non va dimenticato che il 2008, a sua volta, era stato un anno record per le esportazioni di armamenti: 220%. Sì, avete letto bene: due anni fa, mentre l’Italia veniva travolta dalla crisi economica, il settore armiero registrava un incremento dell’export a tre cifre. I più autorevoli istituti di ricerca a livello internazionale - quali il SIPRI in Svezia e il GRIP in Belgio, per citarne solo alcuni - danno l’Italia tra i primi cinque paesi esportatori di armi al mondo. Mentre secondo lo statunitense Congressional Research Service, come pubblicato nel suo Report del 4 settembre 2009, l’Italia si colloca addirittura al secondo posto per contratti di fornitura di armi siglati tra il 2008 e il 2009 a livello mondiale, dopo gli U.S.A. e prima della Russia - con un ammontare complessivo di 3,7 miliardi di Dollari di autorizzazioni all’export. Stando al Rapporto della Presidenza del Consiglio sulla produzione dei materiali d'armamento e sulla loro esportazione (UCPMA), relativo all’anno 2009 e presentato il 29 marzo 2010, i principali clienti del nostro paese sono il Medio Oriente e il Nord Africa: al primo posto Arabia Saudita, seguita da Qatar, Emirati Arabi Uniti, Marocco e Libia. Ma va segnalato che una quota importante delle autorizzazioni governative (il 53% del totale circa) riguarda le esportazioni verso i paesi del sud del mondo, tra i quali spiccano India e Nigeria. Un anno fa, dopo l’edizione di EXA 2009, sono arrivati cospicui sostegni finanziari di stato all’industria degli armamenti (per la prima volta riconosciuta come “entità economica”) pari a 2 milioni di Euro “per investimenti infrastrutturali”. Mentre tutti i nostri settori industriali - dai beni di consumo all’auto, dall’elettronica alla telefonia, ecc. - sono in piena fase recessiva, l’Italia sembra favorire proprio l’unico settore che non conosce crisi. L’Italia sembra ricalcare, quindi, le orme degli Stati Uniti, dove la recente “piccola ripresa economica” tanto sbandierata dai media americani è guidata dal settore militare ( 15% nel 2009) grazie alla domanda di armamenti del Pentagono, mentre tutti gli altri settori industriali civili sono crollati. “Non vorrei parlare esplicitamente di militarizzazione dell’economia” - dice ancora Tombola - “tuttavia è evidente che nel mondo occidentale esiste una ristrutturazione industriale che va in questa direzione. Dal 2000 ad oggi, negli U.S.A. la produzione di armamenti è aumentata del 23%, mentre la produzione di tutti gli altri beni durevoli è scesa complessivamente del 20%. Qui si tratta di scelte, non di fatalità. A livello internazionale l’industria militare è molto più forte di 10 anni fa e questo deve far riflettere tutta la società civile”. “Da anni”, conclude Beretta, “abbiamo avviato una ricerca anche sugli istituti bancari che operano nella provincia di Brescia, con lo scopo di sapere quanti e quali sono impegnati nell’export di armamenti e, in caso affermativo, di conoscere quali misure sono state prese per garantire ai loro clienti la trasparenza di tali operazioni. Perché riteniamo che sia i singoli correntisti sia l’opinione pubblica devono essere consapevoli che anche i propri risparmi possono contribuire in maniera concreta all’esportazione di armi dall’Italia”. |
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