Morales: Cambiare il modello, non il clima.
[Di Marica Di Pierri su Liberazione del 23 Aprile 2010] Da Cochabamba - Le strade di Cochabamba, la cittadina “cuore della Bolivia” si sono riempite in questi giorni di un fiume multicolore di persone di razze, nazionalità e culture diverse - circa 20.000 - provenienti da tutto il mondo. Sono attivisti, studiosi, ricercatori, intellettuali, giornalisti, delegati di forze politiche e governi del nord e del sud del mondo, arrivati in massa nella città andina per discutere di come “cambiare il sistema, non il clima”.
Dopo un primo giorno di frenetiche attività tra panel, gruppi di lavoro, conferenze ed attività autogestite, si è aperta ufficialmente imartedì 20 aprile, con una cerimonia di ringraziamento alla Madre Terra la Prima Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra. Alla cerimonia hanno partecipato rappresentanti dei popoli indigeni dei cinque continenti, riaffermando il proprio impegno in difesa del pianeta e ringraziando il governo boliviano che ha convocato questo appuntamento all'indomani del vertice di Copenaghen.
A fare gli onori di casa, il Presidente Evo Morales, tornato dal Venezuela dove aveva partecipato alle celebrazioni del Bicentenario dell'indipendenza. Di fronte alla grande platea raccolta nel palazzetto dell'Università di Tiquipaya, che ospita gran parte delle attività, Morales ha salutato e ringraziato i movimenti sociali di tutto il mondo e i popoli accorsi all'evento, “uniti dalla lotta per l'uguaglianza, la dignità e i diritti della Natura”. Subito dopo ha ringraziato i governi “venuti ad ascoltare la voce dei popoli”.
Qui in Bolivia la prospettiva sul vertice di Copenaghen è ribaltata: secondo gli organizzatori della Conferenza, non si è trattato di un fallimento. O meglio, si è trattato di un fallimento per la governance mondiale, ma per i movimenti sociali e per i popoli “è stato invece un grande successo, visto che sono riusciti ad impedire la sigla di un accordo-farsa”. Un accordo formulato in maniera verticale, disconoscendo il processo di negoziazione in corso e senza tenere conto delle opinioni dei paesi del sud del mondo e delle forze sociali presenti in Danimarca.
Se in Europa e in Nord America la principale conseguenze dei cambiamenti climatici sono i crescenti flussi migratori cui far fronte - spesso purtroppo attraverso normative che criminalizzano i migranti invece che indagare ed affrontare le cause che li spingono a lasciare i loro paesi - il cambiamento climatico causa invece in quasi tutti i paesi del sud del mondo effetti diretti molto gravi. Sull'altipiano boliviano i ghiacciai si stanno sciogliendo gradualmente. Anno dopo anno è sempre maggiore il numero di persone che, non riuscendo più a coltivare la terra per mancanza di acqua, si vedono costrette a lasciare le loro comunità per traferirsi nelle grandi città, perdendo la propria cultura ed identità.
“Se non cambiamo il sistema capitalista qualunque misura decideremo di adottare avrà carattere limitato e precario” ha precisato Morales. “Dobbiamo costruire un nuovo sistema basato sulla armonia con la natura e con gli altri esseri umani. Non può esservi alcuna armonia in un modello in cui l'1% della popolazione mondiale concentra nelle sua avide mani il 50% della ricchezza del pianeta. Il potere di cambiare le cose risiede nella forza dei popoli. Solo i popoli uniti possono vincere contro i poteri economici e politici che impongono queste politiche di esclusione e di distruzione.” Alla fine della cerimonia Morales ha letto una lettera dedicata alle generazioni future, affinchè resti testimonianza dell'impegno congiunto dei popoli del mondo riuniti oggi nella conferenza.
Dopo l'inaugurazione, vari panel importanti si sono succeduti nel affollato palazzetto dell'Università di Tiquipaya. Il primo, sulle cause strutturali del cambiamento climatico, ha analizzato le responsabilità del modello di sviluppo attuale sul cambiamento climatico e visto la partecipazione del vicepresidente Garcìa Linera, la ministra ecuadoriana Espinoza, il sociologo Edgardo Lander, l'economista Enrique Leff, e il nigeriamo Nnimmo Bassey presidente di Friends of the Earth. Subito dopo si è celebrato il panel sulle “alternative al modello per ristabilire l'armonia con la natura”, alla presenza tra gli altri del ministro degli esteri Choquehuanca, il teologo brasiliano Frei Betto e dell'attivista italiano Giuseppe De Marzo, autore di un libro uscito di recente proprio sul tema del Buen Vivir.
Come dire: dall'analisi delle cause all'elaborazione di alternative, ricalcando il filo logico di questa Conferenza, cui obiettivo è proprio quello di formulare proposte concrete per affrontare la crisi climatica da portare a fine anno al COP16 di Cancun.
Concludendo il suo intervento, il vicepresidente boliviano ha ricordato le parole di Rosa Luxemburg, che un secolo fa parlava di “Socialismo o barbarie”. Volendo rendere attuale il concetto, ha sottolineato Garcìa Linera, oggi potremmmo dire “Madre Terra o barbarie”.
Il tempo dell'attesa è finito: è ora di agire.
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