De Boer: «Il protocollo di Kyoto a rischio collasso»
No money, no action - no action, no money
Il segretario uscente della Framework Convention on Climate Change dell'Onu (Unfccc), Yvo de Boer, ha detto che «I governi devono affrontare i rischi che corre il Protocollo di Kyoto dell'Onu per combattere il cambiamento climatico che avrà un collasso a causa delle divisioni sul trattato che dovrebbe succedergli. Nel 2010 i negoziati climatici tra le 194 nazioni serviranno probabilmente solo a gettare le basi per un nuovo patto giuridicamente vincolante per rallentare il global warming dopo il summit Onu a Copenhagen di dicembre è arrivato solo ad un accordo non vincolante».
Ad ascoltarlo c'erano i 45 ministri dell'ambiente che hanno partecipato agli incontri informali (e a porte chiuse) sul clima di Petersberg, in Germania, ai quali de Boer ha ricordato ironicamente: che la scadenza del Protocollo di Kyoto del 31 Dicembre 2012, è «Nella mente di tutti, ma, purtroppo, sulla bocca di nessuno. E' vostra responsabilità politica, come ministri di prendere per le corna questo argomento spinoso». Poi ha avvertito che se i ministri che hanno sostenuto Kyoto saranno restii a fissare gli obiettivi per il post-2012 «Questo a sua volta significherà la fine del Protocollo di Kyoto».
I Paesi in via di sviluppo premono perché quelli industrializzati accettino l'estensione degli impegni di Kyoto, prima di qualsiasi accordo sui tagli o la crescita delle loro emissioni nel quadro di un accordo separato. La maggior parte dei Paesi ricchi vuole un nuovo Protocollo con obiettivi fissati per tutti i Paesi.
Parlando dei magri risultati ottenuti a Copenhagen, de Boer ha detto alla Reuters: «Pochi si aspettano che un trattato completo venga elaborato nel meeting annuale a livello mondiale dei ministri dell'ambiente a Cancun, in Messico, dal 29 novembre al 10 dicembre. Ma la gente non si lecca le ferite. C'è un sentimento condiviso, abbiamo bisogno di mettere dietro le nostre spalle Copenhagen e guardare in avanti. Un numero significativo di Paesi sta dicendo che forse a Cancun si possono gettare le basi. Cancun può adottare una serie di decisioni che possono rendere le azioni climatiche operative, e girare intorno al testo del trattato richiederebbe più tempo».
Secondo de Boer a Cancun potrebbero essere sbloccati gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo per l'adattamento ai cambiamenti climatici, promuovere nuove tecnologie verdi o avviare un sistema di compensazioni per proteggere le foreste tropicali... peccato che siano le stesse cose che si pensava sarebbero state approvate a Copenhagen.
Un documento presentato a Petersberg da Germania e Messico sottolinea la situazione di stallo per quanto riguarda gli effettivi finanziamenti in contanti: i Paesi poveri vorrebbero i soldi in anticipo per aiutarli a rallentare i cambiamenti climatici, mentre i ricchi dicono che prima i poveri devono cominciare ad agire: «I negoziati sui finanziamenti sembrano essere stati imprigionati in un circolo vizioso: "no money, no action - no action, no money"».
De Boer dubita che l'Ue e gli altri Paesi industrializzati dell'allegato 1 del Protocollo di Kyoto siano disposti ad assumere nuovi impegni se gli Usa non approveranno una legge sul clima: «Come spiegare agli elettori in alcuni paesi industrializzati, per esempio, che hanno un impegno internazionale, un impegno giuridicamente vincolante, quando gli altri non lo fanno? La presenza di un doppio standard fra paesi ricchi, leggi internazionali per alcuni, leggi nazionali per gli altri, potrebbe erodere la volontà, anche dell'Unione europea, il che a sua volta, significherà la fine del Protocollo di Kyoto. Continuando a ignorare il problema può solo portare ad una maggiore scontro».
Le difficoltà non spaventano certo i pretendenti alla poltrona di de Boer, che ormai sono arrivati ad 11, anche se secondo molti dei ministri e dei funzionari dell'Onu presenti a Petersberg solo due di loro hanno la possibilità di farcela: la negoziatrice climatica della Costa Rica Christiana Figueres e il ministro del turismo sudafricano Marthinus van Schalkwyk.
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