Un Nobel meritato
22.10.2007
Molte polemiche su Al Gore, ma l'Ipcc il premio l'ha meritato.
Il
Nobel per la Pace 2007 è stato assegnato all'Intergovernmental
Panel for Climate Change (Ipcc) e ad
Albert Arnold (Al) Gore Jr., l'ex vice presidente degli Stati Uniti
d’America, e se i meriti pacifisti, almeno quelli passati, del
secondo sono discutibili, altrettanto non si può dire di
quelli del Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici
dell'Onu.
L'Ipcc non è un nome
familiare al pubblico, ma dovrebbe esserlo: il suo importantissimo e
altruista lavoro nello scorso ventennio si è pienamente
meritato il premio Nobel di quest'anno.
Dietro quest'organizzazione
ci sono migliaia di scienziati spesso sconosciuti, molto più
spesso non pagati, che studiano meticolosamente lo stato del clima
passato, presente e futuro per fornire all'Ipcc la conoscenza
scientifica più particolareggiata possibile.
La motivazione. Le
attività umane avvengono oggi su una scala che comincia a
interferire con i sistemi naturali, come il clima globale. Poiché
i cambiamenti climatici sono argomento complesso, i politici e i
governanti necessitano di una fonte obiettiva di informazioni in
materia. Riconoscendo questo problema, l’Organizzazione
Meteorologica Mondiale (Wmo) e il Programma Ambientale delle Nazioni
Unite (Unep) fondano nel 1988 l’Ipcc con lo scopo di stimare, sulla
base di una completa, obiettiva e trasparente informazione
scientifica, il rischio di un cambiamento climatico indotto
dall’uomo, il suo effetto e le opzioni per strategie di mitigazione
e adattamento. Le valutazioni sono basate sui contenuti della
letteratura scientifica e industriale e coinvolgono il lavoro di
migliaia di esperti da tutte le regioni del mondo.
La struttura. L’Ipcc
è un comitato intergovernativo, aperto a tutti i paesi membri
di Wmo e Unep, che si riunisce una volta all’anno per delineare la
propria struttura, i principi, le procedure e il programma di lavoro
e per eleggere il presidente (in carica dal 2002 è l’indiano
Rajendra K. Pachauri). E’ composto da tre gruppi di lavoro e da
un’unità di crisi per l’inventario dei gas serra. Il primo
gruppo di lavoro valuta gli aspetti scientifici del sistema clima e
dei suoi cambiamenti; il secondo la vulnerabilità dei sistemi
naturali e socio-economici rispetto ai cambiamenti, le conseguenze
positive e negative e le opzioni per l’adattamento ad esse; il
terzo le possibilità di limitazione delle emissioni di gas
serra.
I rapporti. I
rapporti emessi periodicamente dall’organizzazione garantiscono
un’esposizione bilanciata e apolitica di diversi punti di vista e
costituiscono il riferimento ufficiale e globale del lavoro di
scienziati ed esperti. Essi consistono in diversi volumi che
forniscono un’esauriente informazione scientifica, tecnica e
socio-economica sul cambiamento climatico, le sue cause, le possibili
conseguenze e le misure di reazione ad esso. Il primo rapporto (1990)
confermò la base scientifica dei cambiamenti climatici e portò
alla creazione della Convenzione dell’Onu sui Cambiamenti Climatici
(Unfccc), operativa dal 1994. Il secondo (1995) pose le basi per il
Protocollo di Kyoto della Convenzione. Il terzo (2001) e il quarto
(2007) esaminano più approfonditamente le cause e le
conseguenze del cambiamento climatico in atto e indicano le linee
guida per farvi fronte. I rapporti sono scritti da squadre di autori
nominate da governi e organizzazioni internazionali, selezionati in
base alle competenze, provenienti da università, centri di
ricerca, associazioni economiche e ambientali. Per garantirne la
credibilità e la trasparenza, i documenti devono inoltre
superare due diversi processi di revisione, scientifico e tecnico, e
devono infine essere approvati all’unanimità dai membri del
Comitato.
Il presente e il futuro.
L'attuale comprensione del futuro cambiamento climatico e delle
sue conseguenze sugli ecosistemi e sulla società è una
tesi condivisa della comunità scientifica globale. Nel suo
ultimo rapporto l'Ipcc ha dimostrato il fatto che questo
riscaldamento globale è il pericoloso risultato dell'attività
umana. Prendere le conseguenti misure politiche appropriate è
poi dovere dei singoli paesi. E’ urgente e necessaria una strategia
politica definita, sia per mitigare gli effetti di questo
cambiamento, sia per adattare la società al nuovo ambiente. I
climatologi stanno già studiando proiezioni globali e
regionali per il 2030, che saranno probabilmente il cuore del quinto
rapporto, insieme ai costi economici dei futuri scenari di
mitigazione (incluso il non fare niente, che verrebbe a costare
enormemente di più del fare qualsiasi cosa). Purtroppo molti
politici e personaggi più o meno competenti, ma in qualche
modo influenti sull'opinione pubblica, si ostinano a non
"riconoscere" la base scientifica dietro questo lavoro e ad
avvalorare l’opinione che i cambiamenti climatici siano qualcosa su
cui si può essere d'accordo o meno. Ma ovviamente non è
così: si tratta invece di una verità scientifica che si
può davvero dire scomoda, perché in contrasto con gli
interessi economici che governano le autorità e quindi la
società. Le scienze climatiche si evolveranno rapidamente nei
prossimi anni e l'allarme può crescere molto con l'aumentare
della conoscenza in materia. L'Ipcc indica la strada, sta poi ai vari
governi seguirla e creare un mondo di pace o lasciare che le cose
vadano come vadano e i popoli si combattano per le poche risorse
rimaste.
Luisa Cristini
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