Diossina e tumori
Sunto della relazione presentata nel corso della sessione del X Congresso Nazionale AIOM
Parlare di diossina (TCDD o “diossina di Seveso”) oggi significa parlare di un inquinante che è diventato ormai il simbolo dell’inquinamento del nostro pianeta e dalla cui contaminazione nessuno può ritenersi esente (1). Un editoriale recentemente comparso su Nature (2), riferito a nuovi meccanismi d’azione della TCDD indipendenti dal legame con il recettore AhR e che comportano la formazione di enzimi atipici, alteranti la fisiologica degradazione dei recettori steroidei, conclude con questa frase : “il nostro eco sistema è ormai un esperimento chimico-biologico su larga scala, in cui siamo contemporaneamente coloro che sperimentano e coloro che lo subiscono, speriamo che tutto vada a buon fine, ma solo il tempo lo dirà”. Un primo fondamentale conc etto è quindi che, di fronte ad una contaminazione di cui nessuno può ipotizzare compiutamente effetti e conseguenze, dovrebbe essere assunto un atteggiamento di massima precauzione, evitando il più possibile l’immissione nell’ambiente di inquinanti pericolosissimi e persistenti quali la diossina. D’altra parte di fronte alla crescente incidenza di patologie cronico/degenerative che comportano enormi costi sociali, umani ed economici anche di recente è stata ribadita l’importanza di un approccio “sistemico” alla salute umana, che non può più contemplare solo il versante terapeutico ma deve riscoprire il ruolo della Prevenzione Primaria. (3). Diossina: caratteristiche, tossicità, meccanismi d’azione e fonti. La tossicità della diossina (TCDD) e dei suoi congeneri è correlata al livello di affinità per il recettore AhR (aryl-idrocarbon receptor) e per quanto la letteratura sulla TCDD e soprattutto sulle funzioni del recettore AhR sia crescente (4), ancora oggi si è alla ricerca dei fisiologici ligandi dell’AhR (5). L’AhR è ampiamente conservato nella filogenesi ed ha certamente un ruolo determinante nell’ontogenesi come studi su animali transgenici hanno dimostrato; in particolare l’ AhR sembra avere un ruolo chiave per il normale sviluppo dei sistemi immunitario, vascolare, emopoietico, endocrino ed è coinvolto nelle più disparate funzioni cellulari (proliferazione, differenziazione, apoptosi) fino alla regolazione del ritmo circadiano. Ma non essendo ancor oggi del tutto noti i fisiologici ligandi e quindi le funzioni esplicate, non è
possibile conoscere compiutamente le alterazioni provocate da molecole agoniste, quali la TCDD. A maggior ragione inoltre un atteggiamento prudenziale dovrebbe essere dettato dalle caratteristiche di questa molecola e dei suoi congeneri: persistenza (emivita della TCDD nell’ uomo da 7 a 11 anni, nel sottosuolo fino a 100 anni), assunzione per via alimentare, bioaccumulo, biomagnificazione ed eliminazione attraverso il latte materno. Dai dati di letteratura la contaminazione da parte di diossina e similari nel latte materno varia dai 3.2 ai 15.2 pg/g di grasso ed in un recente campione di latte di donna bresciana, al 3° mese di allattamento, sono stati ritrovati ben 30 pg/g di grasso. Giova ricordare che la normativa in ambito alimentare su queste molecole per prodotti lattiero-caseari prevede un massimo di 3 pg/g. di grasso
(6). Nel 1997 la TCDD è stata classificata dalla IARC come cancerogeno certo per l’ uomo (1A), ad azione multiorgano e rientra inoltre fra i 12 POP’s ( persistent organic pollutant’s) di cui nel 2001 è stato vietato produzione, uso e rilascio dalla conferenza di Stoccolma, sottoscritta da 120 paesi fra cui l’ Italia. Le principali fonti di produzione di queste molecole sono i processi di combustione a determinate T ed in presenza Cloro; secondo l’ultima edizione dell’inventario europeo delle diossine (7) per l’Italia essi sono rappresentati in ordine decrescente da: combustione rifiuti (64.4%), acciaierie, incendi e traffico stradale (1.1%). Dal punto di vista tossicologico la TCDD rientra fra gli “endocrine disruptor” e le molteplici azioni sulla salute umana di questi
agenti sono state anche di recente passate in rassegna (1, 8). Inoltre si stanno accumulando sempre più evidenze sulla possibilità di un danno trans-generazionale di questi agenti (9, 10). Di recente ciò è stato confermato anche sull’uomo con i danni tiroidei nei bambini nati nella popolazione esposta a TCDD per l’incidente di Seveso (11).
Un secondo concetto, altrettanto importante, è che di fronte a molecole come la TCDD, la cui tossicità –ricordiamo-si misura in miliardesimi di milligrammi (picogrammi), non possiamo comunque pensare che valga ancora quanto affermato da Parcelso e cioè che “la dose fa il veleno”; in questo caso infatti, come sempre più sta emergendo dalla letteratura internazionale (12, 13, 14), non è la dose, ma il momento in cui la sostanza agisce che ne determina gli effetti ed il periodo dello sviluppo fetale e della prima fase della vita extra uterina appaiono cruciali per determinare lo stato complessivo di salute da adulti e non solo per quanto riguarda la cancerogenesi (15) . Diossina: cancerogenicità Dal punto di vista cancerogeno la diossina non è un mutageno ( 16) ma agisce come promotore o, meglio ancora, il suo meccanismo di azione è correlato a modificazioni dell’assetto epigenetico, modificazioni che assumono un ruolo di sempre maggior rilievo nel processo della cancerogenesi (17). Evidenze di laboratorio su cavie hanno dimostrato ad esempio come l’esposizione in
determinate “finestre espositive” (15° giorno dal concepimento) di cavie a TCDD e l’ esposizione a cancerogeno certo (dimetil dibenzo antracene DMBA) al 50° giorno dalla nascita, abbia comportato un numero nettamente più elevato di tumori mammari rispetto al gruppo esposto al solo cancerogeno certo dopo la nascita (18). Questi lavori, come numerosi altri (19, 20) aprono pertanto scenari assolutamente nuovi rispetto a neoplasie in netto aumento come i tumori mammari e mettono in discussione la visione stessa della cancerogenesi. Questa potrebbe non essere più vista come il risultato di una mutazione somatica (SMT), con l’acquisizione di vantaggi del clone neoplastico, attraverso step successivi, ma come il risultato di una alterata programmazione
tissutale (TOFT) che avverrebbe nel corso della vita fetale o comunque nel corso di determinate “finestre espositive” (21) . Per tornare alle evidenze epidemiologiche, è stata indagata (22). l’insorgenza di cancro mammario nella popolazione femminile di età inferiore a 40 anni al momento dell’incidente di Seveso, dosando la TCDD a livello ematico e si è evidenziato come la comparsa di cancro mammario sia correlata all’incremento di TCDD nel sangue. Ancora un'altra azione della diossina è la sua
associazione con la traslocazione 14;18,. La traslocazione (14;18) rappresenta un evento cruciale nella linfomagenesi e la si ritrova in oltre il 70% dei linfomi NH centrofollicolari e con minor frequenza in altri istotipi. Essa, comunque, non può ritenersi patognomonica di malattia, in quanto presente anche nei linfociti circolanti di individui in buona salute. Proprio da studi su popolazione in apparente buona salute esposta all’incidente di Seveso e su cui è stato effettuato il dosaggio ematico di TCDD, risulta che, mentre la prevalenza di individui portatori di linfociti con la traslocazione in oggetto è la medesima indipendentemente dal livello di TCDD presente nel sangue, la frequenza di linfociti “traslocati” circolanti è quasi 10 volte più alta nel gruppo con maggior dosaggio di TCDD , quasi che la maggior presenza di diossina comportasse
una sorta di “facilitazione” all’ espansione del clone traslocato (23). La correlazione fra esposizione a TCDD e patologie emolinfopoietiche è ben documentata dai dati
recentemente pubblicati sulla mortalità a 25 anni dall’ incidente di Seveso (24): il Rischio Relativo di morte per patologie del sistema emolinfopoietico è infatti a distanza di 20 o più anni dall’ incidente nell’ area più inquinata ( zona A) pari a 5.38 (CI 95% 2-14.49).
Le patologie più coinvolte, in modo statisticamente significativo, sono: LNH (RR= 3.35) Mieloma Multiplo (RR=4.34) , Leucemie acute (RR=1.73). Non va dimenticato inoltre che anche il RR di morte per tutti i tumori è risultato nella popolazione della zona A statisticamente significativo e pari a 1.65 e ben sappiamo che la mortalità è un indicatore molto approssimativo dello stato di salute complessivo di una popolazione.
Se questi sono i risultati di un’esposizione elevata e concentrata nel tempo, quale quella che si è registrata per Seveso, non possiamo però trascurare il rischio correlato ad esposizioni relativamente basse ma prolungate nel tempo a diossine emesse da impianti di incenerimento. I dati epidemiologici non mancano ed in particolare si documenta l’associazione con linfomi Non Hodgkin (25-28) con Rischio Relativo per incidenza fino a 2.3 (25-26) e con tasso standardizzato di mortalità (SMR) variabile da 111 a 184.2 (27-28) ). Oltre ai linfomi NH vanno ricordati anche i sarcomi che vengono ritenuti patologie “sentinella” del multiforme inquinamento prodotto da
impianti di incenerimento e sono stati correlati in particolare all’esposizione a diossine (29, 30). Di grandissimo interesse, a questo proposito, risulta il recente studio (31) sui sarcomi in provincia di Venezia che ha dimostrato un rischio di sviluppare la malattia 3.3 volte più alto fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione ed ha evidenziato inoltre come il massimo rischio sia correlato, in ordine decrescente, alle emissioni provenienti rispettivamente da rifiuti urbani, ospedalieri ed industriali.
Inoltre, il 2 aprile 2008 (32) sono stati resi noti i risultati della ricerca condotta da La Veille Sanitarie in Francia nella popolazione adulta residente in prossimità di impianti di
incenerimento. I risultati preliminari erano stati presentati nel novembre 2006 ed avevano riguardato 135.567 casi di cancro insorti nel periodo 1990-1999 su una popolazione residente in prossimità di 16 inceneritori di rifiuti urbani attivi tra il 1972 ed il 1990. Lo studio aveva considerato l’esposizione a diossine valutate in diversi percentili ed i risultati preliminari, si sono ulteriormente rafforzate davanti a quelli conteggiati a marzo 2008 e non ancora definitivi. Si evidenziano infatti i seguenti incrementi: sarcomi: 22%, linfomi non Hodgkin: 12% in entrambi i sessi 18% nelle femmine, cancro al fegato: 16%, mieloma multiplo: 16% in entrambi sessi e 23% nei maschi e tutti i cancri nelle donne: 6%. Ricordiamo che anche lo studio condotto sulla popolazione di un quartiere di Forlì (Coriano) (33) esposta a due impianti di incenerimento (rifiuti urbani e ospedalieri) aveva evidenziato gravi danni per la salute specie nel sesso femminile con aumento statisticamente significativo del rischio di morte per tutte le
cause e soprattutto per tutti i tumori, rischio crescente e coerente con il crescere dei livelli esposizione a metalli pesanti: dal 17% al 26% al 54% (25). In particolare è risultato aumentato e statisticamente significativo il rischio di morte per cancro alla mammella (RR=2.16) , al colon (RR=2.47) , allo stomaco (RR=2.56).
Infine degni di nota sono gli studi di Knox in Gran Bretagna che anche di recente (34) ha
confermato che il più importante fattore di rischio di morte per cancro in età infantile è
rappresentato dalla prossimità dell’abitazione a fonti emissive di agenti quali : particolato, IPA, benzene, diossine ed altro. In definitiva, la diossina è un cancerogeno IA IARC multiorgano, non mutageno, persistente con azione di promotore che agisce con verosimili meccanismi epigenetici che aprono la strada a traslocazioni e risulta convolta in neoplasie la cui incidenza sta drammaticamente aumentando quali il cancro alla mammella ed i linfomi. A fronte di dati epidemiologici inquietanti che vedono in Italia un incremento complessivo di incidenza di cancro nelle donne, indipendentemente dall’ età dell’1% annuo (35) e di cancro nell’ infanzia del 2% annuo (36), esattamente doppio di quanto si registra in Europa (37), ci vengono in mente le parole di A. Einstein: “un uomo intelligente risolve un problema, un uomo saggio lo evita” e queste parole ci sembrano particolarmente azzeccate se pensiamo a ciò che comporta la crescente pratica dell’incenerimento dei rifiuti. E’ stato calcolato che con le
previsioni di incenerimento previste complessivamente in Europa (38) si andranno ad
immettere, utilizzando le migliori tecnologie disponibili (BAT) e nel rispetto dei limiti di legge, quantità assolutamente non trascurabili di inquinanti: ben 500 gr ad es. di diossina e composti dioxin like. Si pensi che solo in Emilia Romagna, situata all’ interno della Pianura Padana, in una delle 5 aree più inquinate del pianeta ed in cui si registra la più alta incidenza di cancro nelle donne, dalle circa 480.000 ton/anno attualmente combuste si andrà ad incenerire oltre un milione di ton/anno di rifiuti.
Dal momento che ben altre soluzioni, ben più rispettose per l’ambiente e la salute, sono
disponibili per lo smaltimento dei materiali post-consumo, perseverare sulla strada dell’
incenerimento appare sempre più una follia. Non a caso le parole con cui Lorenzo Tomatis esordì nel corso di una audizione pubblica al Comune di Forlì sulla questione dell’
incenerimento dei rifiuti furono:“ le generazioni a venire non ci perdoneranno i danni che noi stiamo loro facendo”.
Note:
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