La sindrome nimby sul termovalorizzatore di Milano
Nessuno vuole prendersi il secondo inceneritore milanese. Eppure l’ipotesi di realizzare l’impianto milanese va avanti da diversi anni. Ora l’Amsa ha presentato il progetto in Regione. Il Comune di Milano aveva giustificato la scelta prevedendo un aumento dei rifiuti nel 2008-2011 di 507mila tonnellate all’anno tra Milano e Provincia
L’unica cosa certa sul secondo termovalorizzatore di Milano è che nessuno vuole averlo come vicino di casa. La prospettiva di vedere sorgere nel proprio cortile un impianto brucia rifiuti ha compiuto il mezzo miracolo, un mese fa, di dare vita a una protesta bipartisan.
I sindaci dei comuni di Opera, Rozzano, Pieve Emanuele, Basiglio, Lacchiarella, Locate Triulzi, Melegnano, Noviglio e San Donato hanno manifestato insieme ai cittadini contro l’ipotesi, ormai sempre più realistica, di realizzare un nuovo impianto di incenerimento dei rifiuti nel Parco Sud di Milano. Sono scesi in piazza sindaci del Pd e della Lega, associazioni ambientaliste e cittadini.
Il dibattito sulla necessità o meno di una nuova struttura di incenerimento dei rifiuti si trascina da diversi anni. La proposta venne rilanciata dal Comune di Milano all’inizio del 2008: con un aumento dei rifiuti tra Milano e provincia calcolato in 507 mila tonnellate annue entro il 2011, Silla II, il termovalorizzatore di Milano-Figino, non ce l’avrebbe fatta. Così era necessario averne un altro.
Palazzo Marino aveva quindi già superato la fase del “se” costruire un secondo impianto, e iniziava a porsi il problema del “dove” collocarlo. A dimostrarlo, il fatto che il Comune chiese alla Provincia di inserire la realizzazione del nuovo termovalorizzatore nel Piano provinciale dei rifiuti che il consiglio provinciale aveva approvato nel luglio 2007.
Un mese dopo, siamo nell’agosto 2007, l’allora assessore milanese, Maurizio Cadeo disse che quella dell’inceneritore: “E’ una scelta obbligata, anche se sappiamo già che costruire il consenso attorno al progetto sarà difficile. Ma la città è ai limiti dell´autonomia nello smaltimento dei rifiuti e si prevede che aumenteranno. Non abbiamo ancora la localizzazione precisa, ma visto che l’altro inceneritore è a Nord, giocoforza si farà a Sud”.
L’Amministrazione provinciale si limitò a riconoscere l’utilità dei termovalorizzatori a patto, però, che si integrassero in un piano provinciale volto a raggiungere l’autosufficienza nella gestione dei rifiuti, a incrementare la raccolta differenziata e il risparmio energetico, a ridurre le emissioni di gas climalteranti
Questi obiettivi vennero inseriti nel Piano provinciale dei rifiuti per il 2008-2011, approvato e poi mandato in Regione per le osservazioni previste dalla legge regionale.
In quel Piano c’era un grande assente: non si indicava da nessuna parte se e dove realizzare il nuovo termovalorizzatore. La Provincia era ferma sull’idea di riqualificare un impianto già esistente, senza costruirne uno nuovo. Palazzo Isimbardi aveva anche fatto sapere che nel Piano provinciale dei rifiuti non era stata individuata alcuna localizzazione per un nuovo termovalorizzatore, perché questo non era un compito della Provincia.
L’unico obiettivo del Piano provinciale dei rifiuti era di indicare il fabbisogno dello smaltimento dei rifiuti nell’area metropolitana e come raggiungere l’obiettivo della piena autosufficienza nello smaltimento, evitando che i rifiuti venissero mandati in giro per essere smaltiti da altre parti.
In questo modo, l’allora Presidente della Provincia smentiva così le voci, sempre più insistenti, di una localizzazione del futuro impianto di termovalorizzazione in un comune del sud milanese, in particolare nel territorio di Rozzano, Opera, o Pieve Emanuele.
I fatti successivi “smentirono” a loro volta, in un certo senso, Penati. Il Piano provinciale dei rifiuti venne rispedito dalla Regione alla Provincia di Milano per inserire le osservazioni regionali come previsto dalla legge: tra queste c’era la realizzazione di un termovalorizzatore nel Parco Sud. Così, dopo un lungo dibattito in Consiglio provinciale, il Piano venne approvato con le richieste del Pirellone. Ma la Regione procedette al commissariamento della Provincia sui rifiuti perché non erano state accettate alcune osservazioni: il riferimento era all’emendamento approvato che prevedeva l’esclusione dell’area a sud di Milano per la realizzazione del nuovo termovalorizzatore. Penati venne nominato dalla Regione Commissario ad acta sui rifiuti e, dopo poche ore, firmò la delibera che mandava avanti il Piano Rifiuti con le prescrizioni indicate dalla Regione, escludendo quindi l’emendamento contro l’inceneritore nel Parco Sud.
Ma il vero punto di svolta fu una delibera della Regione Lombardia del maggio 2009 nella quale la giunta lombarda dava l’ok alla eventuale realizzazione del secondo termovalorizzatore milanese nel Parco Agricolo Sud Milano. Presentata dall’Assessore regionale Buscemi, nella delibera si allentavano i vincoli alla collocazione di impianti di smaltimento rifiuti in aree protette. Il vincolo di tutela paesaggistica veniva considerato una “limitazione gravosa” all’individuazione di zone adatte ad ospitare impianti di rilevanza strategica regionale. In altri termini era il via libera ai termovalorizzatori anche in aree protette.
Dopo le elezioni provinciali 2009 il tema dell'inceneritore divenne tabù, scomparso misteriosamente dai confronti della politica; neppure è stato sfiorato nella recente campagna elettorale per le regionali.
Poi, improvvisamente il ritorno: due settimane dopo la riconferma al Pirellone di Formigoni, l’Amsa ha presentato in Regione Lombardia il progetto per il secondo termovalorizzatore milanese da realizzare nel Parco Sud di Milano. Con una lettera ha anche informato i sindaci di Milano, di Opera e di Rozzano che aveva presentato il progetto.
Intanto, il Comune di Milano vuole andare avanti: l’Assessore all’ambiente di Palazzo Marino, Paolo Massari, ha dichiarato che: “i termovalorizzatori sono utili alla città. Sul luogo giusto in cui realizzarlo mi devono convincere che l’area scelta da Amsa non va bene”. Guido Podestà, Presidente della Provincia di Milano, ricorda che “la scelta del sito per l’impianto è stata fatta dalla giunta Penati”, e che “non si può buttare all’aria tutto il lavoro di chi ha governato prima”. Berlusconi, nella campagna elettorale 2009 accusò invece Penati di non volere il termovalorizzatore.
Nel frattempo, il Consiglio di Amministrazione del Parco Agricolo Sud Milano, di cui Podestà è Presidente, ha approvato un documento il cui orientamento è di dire no alla localizzazione dell’impianto nel Parco Sud. L’Amsa invece, da parte sua, ha fatto sapere che non ci sono alternative alla realizzazione dell’inceneritore nel Parco Sud.
Impianto sì o impianto no? La questione è legata alla capacità di smaltimento dei rifiuti rispetto alla loro produzione. Qualche dato può apparire più significativo.
Secondo il Centro studi di Ispra (rapporto 2009 sui rifiuti) Milano ha prodotto nel 2008 748.146 tonnellate di rifiuti, circa 30.000 in più rispetto al 2004 che erano 718.555: 720.633 tonnellate nel 2005, 736.017 nel 2006 e 742.534 nel 2007. La raccolta differenziata è però in aumento: nel capoluogo lombardo si differenzia il 32,7% dei rifiuti pari a 244.668 tonnellate. A Milano e provincia, invece, la produzione dei rifiuti è stata nel 2008 pari a 2.024.176 tonnellate.
Secondo Legambiente Lombardia, si deve incrementare la raccolta differenziata che a Milano, con circa il suo 32 per cento scarso, è molto dietro la media della provincia senza il capoluogo che è del 45 per cento.
In Lombardia esistono 11 termovalorizzatori che trasformano in energia 4,8 milioni di tonnellate di rifiuti secchi bruciati ogni anno. A Milano l’unico termovalorizzatore è Silla II, si trova a Figino e brucia circa 1500 tonnellate al giorno di rifiuti, una quantità che viene eguagliata soltanto da quello di Brescia, mentre tutti gli altri impianti della Lombardia raggiungono in media le 600 tonnellate al giorno.
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