Bhopal, condanna per sette indiani: troppo poco, troppo tardi
"Troppo poco, troppo tardi". Il commento di Amnesty International sulle condanne emesse da un tribunale indiano per il disastro di Bhopal del 1984
Dopo la condanna emessa oggi nei confronti di sette cittadini indiani per il disastro della fabbrica di pesticidi di proprietà della Union Carbide Corporation (Ucc), avvenuto a Bhopal nel 1984, Amnesty International ha chiesto ai governi dell'India e degli Stati Uniti d'America di fare in modo che la stessa compagnia statunitense sia portata di fronte alla giustizia.
Per Amnesty International, il commento rispetto alla sentenza di oggi è: troppo poco, troppo tardi.
"Si tratta di condanne storiche, ma oltre 25 anni sono stati un lasso di tempo inaccettabile per i sopravvissuti al disastro e per le famiglie delle vittime" - ha dichiarato Audrey Gaughran di Amnesty International. "Mentre sette impiegati indiani sono stati processati e condannati, il cittadino straniero sotto accusa è stato in grado di sfuggire alla giustizia semplicemente rimanendo all'estero. Questo è a sua volta totalmente inaccettabile".
La Ucc e il suo ex presidente, Warren Anderson, incriminati sin dal 1987, sono riusciti a evitare il processo. La Ucc è di proprietà della Dow Chemical Company (Dow) dal 2001. I sopravvissuti di Bhopal e le organizzazioni per i diritti umani continuano a chiedere alla Dow di intervenire sull'impatto, ancora in corso, del disastro del 1984. Questa compagnia rifiuta le richieste, negando qualsiasi responsabilità per l'operato della Ucc a Bhopal.
"Troppo spesso, la complessità delle strutture societarie e il fatto che le compagnie operano sotto giurisdizioni multiple costituiscono grandi ostacoli per l'accertamento delle responsabilità. Le condanne degli imputati di nazionalità indiana non sono sufficienti: i governi dell'India e degli Usa devono fare in modo che la Ucc e il suo ex presidente siano processati".
La fuoriuscita di sostanze velenose dallo stabilimento della Ucc di Bhopal, il 2 dicembre 1984, uccise tra le 7000 e le 10.000 persone in pochi giorni e altre 15.000 nei successivi 20 anni. Oltre 100.000 persone continuano ad avere gravi problemi di salute.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 7 giugno 2010
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