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[Data: 08/06/2010] [Categorie: Economia ] [Fonte: Libreidee] |
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Ecomafia: vale 20 miliardi l’anno l’impero dei rifiuti Ecomafia: un business che vale 20 miliardi di euro l’anno, cioè il doppio della manovra biennale “lacrime e sangue” predisposta da Tremonti. «Quello dei rifiuti – scrive Roberto Saviano nell’introduzione al dossier di Legambiente sugli eco-mafiosi, in libreria dal 9 giugno – è uno dei business più redditizi, che negli anni ha foraggiato le altre economie». Non solo il narcotraffico, ma anche l’interramento abusivo di scorie tossiche ha permesso ai clan di accumulare i capitali per specializzarlsi in altri settori: catene di negozi, imprese di trasporti, proprietà di interi condomini, investimenti nel settore sanitario, campagne elettorali. «Sono tutte economie sostenute con i rifiuti». Esempio lampante? La Campania: ci si chiedeva come fosse possibile che un’intera regione, quella della mozzarella di bufala, fosse in balia dell’assedio della spazzatura? Risposta: «L’emergenza rifiuti in Campania è costata 780 milioni di euro l’anno», cifra stanziata per 15 anni, tanto è durata la crisi. «Equivale a un paio di leggi finanziarie», annota Saviano. «Di fronte a cifre come questa è comprensibile che nessuno avesse convenienza a porre rimedio all’emergenza. Rapporti di consulenza politica, assunzioni, e persino specializzazione delle ditte nello smaltimento; oggi le imprese campane del settore rifiuti, grazie anche ai soldi dell’emergenza e alla pubblicità – sembra assurdo parlare di pubblicità, no? – che ne hanno ricavato, sono tra le più richieste in Europa». Si è tolta la spazzatura dalle strade, ma se non ci saranno altri impianti entro il 2011 la Campania (come molte altre regioni) rischia una nuova crisi rifiuti, avverte l’Asia, l’azienda regionale di igiene ambientale. Si rischia una nuova crisi, perché in Italia «sono ancora le discariche la valvola di sicurezza del sistema rifiuti». Come risulta dal rapporto di Enea e Federambiente, le discariche continuano a ingoiare più di metà della spazzatura italiana, il 36,5% neppure trattata. Bonfiche «rare e lente» nel Sud avvelanato da decenni di sversamenti: i rifiuti tossici hanno spalmato cancro prima nei terreni, poi nei frutti della terra, nelle falde acquifere, nell’aria. Infine addosso alla gente, nelle loro ossa e nei tessuti molli. Ogni ciclo di vita è stato compromesso. Diossina, metalli pesanti e sostanze inquinanti: ingerite, respirate, assimilate ogni giorno. «Il cancro ha raggiunto percentuali molto più alte che negli altri Paesi europei». Lo certifica anche l’Oms: aumento vertiginoso di tumori a pancreas, polmoni, dotti biliari, più del 12% rispetto alla media nazionale. Già nel 2004, la rivista medica “The Lancet Oncology” parlava di un aumento del 24% dei tumori al fegato nei territori delle discariche, dove le donne sono le più colpite. Se il Sud è il regno criminale dell’ecomafia più vistosa, dove in strada va in scena lo spettacolo dei cassonetti incendiati, il fenomeno ormai è nazionale: se l’emergenza investe Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, il Lazio si piazza al secondo posto tra le regioni con il maggior numero di reati ambientali. Inchieste come “Golden Rubbish” si spingono fino a Grosseto, per smaltire le bonifiche industriali di Bagnoli, mentre le indagini “Replay” e “Matassa” si concentrano tra Milano e Varese, terra di conquista dei clan calabresi. Addirittura alpina l’inchiesta “Ecoterra” della Valsugana, in Trentino (traffico illecito di scorie delle acciaierie) mentre “Serenissima” è l’inchiesta che ha scoperto il traffico di rifiuto tossici diretti in Cina attraverso il porto veneziano di Marghera. Direttamente investite anche le regioni dell’Italia centrale: l’operazione “Appennino” ha intercettato nelle Marche un flusso criminale di scarti derivanti dalle lavorazioni delle industrie agroalimentari e casearie, mentre “Laguna de Cerdos” ha colpito in Umbria un traffico illecito di rifiuti liquidi di orifine suina. Ancora al nord, l’inchiesta “Parking Waste” che in Friuli ha smascherato lo smaltimento illecito di medicinali scaduti. «In tutte queste inchieste – sottolinea Saviano – l’aspetto che più colpisce è il legame strettissimo che si è creato tra gestori delle ditte di smaltimento, politici locali e istituti di credito presenti sul territorio». Come può un paese che deve così tanto al suo territorio (montagne, coste, cielo, acque, prodotti tipici) permettere uno scempio simile? «La risposta è nel business: più di 20 miliardi di euro è il profitto annuo dell’Ecomafia, circa un quarto dell’intero fatturato delle mafie», screive Saviano. Attraverso gli affari nel settore ambientale, i clan «ricavano un profitto superiore al profitto annuo della Fiat, che è di circa 200 milioni di euro, e più del profitto annuo di Benetton, che è di circa 120 milioni di euro. Quindi in realtà usare il territorio italiano come un’eterna miniera nella quale nascondere rifiuti è più redditizio che coltivare quelle stesse terre». Bisogna guadagnare il più possibile e subito, ogni progetto a lungo termine è visto come perdente: «Un euro non guadagnato oggi è un euro perso domani», in una logica che, sempre secondo Saviano, «vede coincidere mentalità dell’imprenditoria legale e criminale». Ribellarsi? Per prima cosa, bisogna «comprendere che in molte parti del territorio il cancro non è una sventura ma è causato da una precisa scelta decretata dall’imprenditoria criminale», “coperta” da troppi interessi. «O quello delle ecomafie diventa il tema principale della gestione politica del Paese – aggiunge Saviano – o questo veleno ci toglierà tutto», e allora sarà tardi: «E coloro che sono stati chiamati i grandi diffamatori del Paese sarebbero rimpianti come Cassandre colpevolmente inascoltate» (info: www.repubblica.it). |
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