Le emissioni europee di gas serra in calo anche per effetto della crisi economica
Più che Kyoto poté la crisi economica, si potrebbe dire facendo il verso a Dante. Leggendo l’ultimo rapporto diramato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente si capisce, infatti, che le emissioni di gas serra del vecchio continente stanno calando, non solo per la bravura di alcuni stati particolarmente virtuosi come Germania, Francia e Gran Bretagna, che si sono impegnati seriamente a rendere i propri sistemi energetici più efficienti e a investire in rinnovabili, ma anche per la sfavorevole contingenza economica. La domanda di beni si contrae, cala la produzione, chiudono fabbriche, aumenta la disoccupazione, si consuma meno energia e, di conseguenza, anche le emissioni si abbattono. Certo, dei gas serra evitati in questo modo non c’è affatto da compiacersi. Ben altro era lo spirito del Protocollo di Kyoto, che indicava la decarbonizzazione energetica come frutto degli ammodernamenti energetico-industriali, piuttosto che come conseguenza di collassi economico-industriali. Ma, piaccia o no, questa è la ricaduta della crisi internazionale. Il rapporto, aggiornato al 31 dicembre del 2008 (la complessità dei dati da raccogliere e trattare non consente di includere anche il 2009), illustra l’andamento delle emissioni europee a partire dal 1990, anno scelto dai firmatari del Protocollo di Kyoto come base di riferimento.
L’ANALISI - L’analisi comprende sia l’Europa dei 15, quella che nel 1997 assunse l’impegno di ridurre le emissioni dell’8% entro il 2012; sia l’Europa allargata dei 27, che nel 2008 si è data l’obiettivo, ancor più ambizioso, chiamato ‘20-20-20’ (dalla percentuale di riduzione delle emissioni, di aumento delle rinnovabili e dell’efficienza da raggiungere entro il 2020). Ebbene, si può constatare che l’Europa dei 15, alla fine del 2008, aveva già ridotto le sue emissioni del 6,9%. Per raggiungere l’obiettivo del -8% resta da fare una piccola riduzione dell’1,1% da attuare antro il 2012. Non dovrebbero esserci problemi di sorta. In valori assoluti, la riduzione delle emissioni europee al 2008 si traduce in 295 milioni di tonnellate di CO2 equivalente risparmiate all’atmosfera. Nell’Europa dei 15 gli obiettivi di riduzione sono differenziati: alcuni stati più solidi si sono impegnati a ridurre di più, ad altri più deboli è stato concesso uno sconto o addirittura un permesso di aumentare le emissioni. I Paesi finora più virtuosi, che sono andati oltre l’impegno di riduzione concordato, risultano:
- Germania (obiettivo -21%; riduzione -22,3%)
- Gran Bretagna (obiettivo -12,5%; riduzione -19,1%)
- Francia (obiettivo 0,0%; riduzione -6,5%)
- Svezia (obiettivo 4.0%, riduzione -11,3%)
- Belgio (obiettivo -7,5%, riduzione -8,6%), - Finlandia (obiettivo 0,0%, riduzione -1,2%)
MALE L’ITALIA, MA MIGLIORA - Tra i paesi meno virtuosi ci sono: Austria, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna, tutti accomunati dall’aumento, invece che dalla riduzione delle emissioni. L’Italia, in particolare, durante una prima fase, si è comportata come le cicale della fiaba di Esopo; ora, complice la crisi, sta riducendo lo svantaggio rispetto al proprio impegno del - 6,5%. Infatti, le emissioni del nostro Paese, dal 1990 al 2004, sono passate da 517 milioni di tonnellate di CO2 equivalente a 574 milioni. Poi la tendenza si è invertita e le emissioni si sono ridotte fino a 541 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel 2008. Per raggiungere l’obiettivo del - 6,5% le emissioni italiane al 2012 dovranno scendere fino a 507 milioni. Complici la crisi economica e gli sconti ottenuti grazie alle riforestazioni e al ricorso ai cosiddetti «meccanismi flessibili» (green economy a favore dei Paesi via di sviluppo) potremmo, miracolosamente, tener fede all’obiettivo.
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