Canili-lager, la storia continua randagi “venduti” per 1,60 euro
La megastruttura di Cassano allo Ionio (Cosenza) ha vinto l’appalto per ospitare 420 cani, provenienti dalla Basilicata, con 1 euro e sessanta centesimi al giorno. Gli esperti: “Non basterebbero nemmeno per nutrirli”. La mobilitazione dell’Enpa e di due parlamentari. “La Basilicata non rispetta la legge”
ROMA - Il trasferimento è cominciato e 420 cani randagi lasceranno canili in cui venivano accuditi secondo le norme e con cura per andare in strutture più adatte, almeno secondo il presidente della comunità montana Alto Agri di Potenza, soltanto perché meno costose. C’è però chi vuole vedere chiaro dietro questa operazione che ha molti lati oscuri. L’Ente Nazionale Protezione Animali sta dando battaglia e così il progetto “Il Respiro 1“, associazione che si occupa di salvaguardia della biodiversità.
L’inizio della vicenda risale a un anno fa, quando Antonio Imperatrice, presidente della comunità montana Alto Agri di Potenza, decise di offrire i 420 randagi, per conto di 11 comuni, al miglior acquirente. Le strutture che li ospitano, il canile “Eco” di Potenza e “Pippo” di Paterno hanno il solo difetto di essere più care di quella che ha vinto la nuova gara d’appalto, un mega canile a Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza, disposto a mantenere gli animali con soli 1 euro e sessanta centesimi al giorno 2, tariffa che comprende spese di alimentazione, assistenza veterinaria, accalappiamento dei cani nei territori della Comunità, smaltimento dei corpi delle bestie morte, anche di quelle che non appartengono a specie selvatiche né esotiche, come mucche e pecore.
Per gli esperti con una tale cifra non è possibile mantenere in modo dignitoso i cani, che sembrano destinati, dopo un viaggio stressante, a un trattamento dubbio. Oltre all’Enpa, si sono mobilitati due parlamentari (i senatori Pd Donatella Poretti e Roberto Della Seta), ma le loro interrogazioni non hanno avuto alcuna risposta dalla Regione Basilicata, che ha ignorato anche un parere articolato della Asl veterinaria locale, contraria al trasferimento perché arrecherebbe “inutili sofferenze” agli animali
“Non è una vicenda locale - avverte Annamaria Procacci, consigliere nazionale dell’Enpa - è una questione di carattere nazionale perché la Regione Basilicata ignora la legge 281 del ‘91 sulla tutela degli animali d’affezione e abdica alle sue responsabilità. I randagi vengono trattati come rifiuti tossici, sballottati da un canile all’altro, senza che vengano attuate le politiche previste dalla legge per arginare il fenomeno del randagismo”.
Per chi alle vicende degli animali contrappone l’argomentazione pretestuosa che è più importante occuparsi di esseri umani, c’è anche un importante aspetto occupazionale. “I canili che al momento ospitano i cani in Basilicata impiegano operatori formati dalla Regione con corsi professionali. Con il trasferimento dei randagi queste persone resteranno senza lavoro”, conclude Annamaria Procacci. Nei prossimi giorni i randagi saranno trasferiti secondo un calendario serrato, mentre le richieste di chiarimenti alla Regione rimbalzano contro un muro di gomma. Chi non trova interessante la vicenda dei randagi dovrebbe interrogarsi su un aspetto di carattere etico generale: esistono leggi ed esistono autorità deputate a farle rispettare. Non è chiaro perché se si tratta di animali questi obblighi possano venire meno.
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