Clima, un venerdì nero
AMBIENTE. A Lussemburgo l’Italia si è opposta all’aumento dei target di riduzione di gas serra dal 20 al 30% entro il 2020. A Bonn si sono conclusi, con un nulla di fatto, i negoziati preparatori alla Cop16 di Cancun
Come al solito, quando si chiude un incontro ufficiale della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici dell’Onu (Unfccc), le dichiarazioni di nobili intenti non mancano. Poi però nella sostanza, proprio come è successo alla chiusura della seconda sessione di negoziati ufficiali sul clima a Bonn, i passi in avanti sono pochi. Anche se al vertice di Cancun, in Messico, alla Cop16 (sedicesima Conferenza delle parti) mancano pochi mesi.
Questo, mentre venerdì in Lussemburgo – non senza sorpresa - i ministri dell’Ambiente di Francia e Germania esprimevano un forte appoggio alla possibilità che l’Europa decida sforzi supplementari di riduzione di C02, portando il target dal 20 al 30% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. L’Italia si è invece detta contraria a decisioni prese al di fuori dell’ombrello dei negoziati ufficiali internazionali. Eppure a Bonn, alla fine delle due settimane di lavori (dal 31 maggio all’11 giugno) cui hanno partecipato 185 Paesi, una nuova bozza di 22 pagine è stata scritta: in essa, però, non c’è traccia di misure ‘vere’ per la riduzione delle emissioni di gas serra.
Né tantomeno ci sono riferimenti al vertice Onu di Copenaghen. Un testo che in ogni caso non ha trovato il favore dei Paesi in via di sviluppo e della Cina: i tagli colpirebbero troppo i paesi poveri e non abbastanza quelli ricchi. E anche Usa e Ue hanno mostrato delle perplessità. Secondo il segretario esecutivo uscente dell’Unfccc, Yvo de Boer, sono «stati fatti progressi importanti» ma serve ancora «un lavoro intenso a tutti i livelli» prima della Conferenza di Cancun, cioè nelle prossime due tappe della vicenda ‘negoziati’: la prima in agosto a Bonn e la seconda in Cina a ottobre.
Quanto alla riunione in Lussemburgo, il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo si è richiamata «alla realtà», dicendo che non si deve pensare di dover scrivere «libri di sogni». L’Italia, ha rilevato il ministro, «continuerà a giocare il suo ruolo a livello europeo e cercherà di far ragionare gli altri Paesi». Una posizione che incontra l’appoggio della Polonia e dei nuovi stati membri dell’est Europa. Alcuni Paesi, ha osservato allora Prestigiacomo, mantengono delle «posizioni oltranziste» all’interno del consiglio Ambiente, posizioni che «poi vengono sistematicamente smentite dai loro governi».
La posizione di Francia e Germania è, infatti, per un aumento dei tagli di CO2 fino al 30% al 2020. In questo la Francia è sostenuta anche dalla Spagna, dai paesi nordici e dalla Gran Bretagna. Ma, per il verdetto bisognerà attendere giovedì prossimo, quando il vertice Ue chiamerà i leader dei 27 stati membri a esprimersi sulla questione. A far riflettere su un taglio in più del 10%, ci pensa uno studio della commissione Ue in cui viene dimostrato come i costi di questo sforzo siano inferiori rispetto a due anni fa, soprattutto per la crisi economica. Il commissario Ue al clima, Connie Hedegaard, non ritiene però che al momento ci siano le condizioni per impegni di questo tipo, i quali rimangono – per ora - ancorati alle azioni degli altri Paesi industrializzati.
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