Obesi e stressati, cani e gatti sono diventati il nostro specchio
Gli animali domestici riproducono sempre più le nevrosi dei padroni
Pigri, cocciuti, isterici: esattamente come i padroni. La diceria (o la sorprendente constatazione, a volte) che gli animali domestici – cani e gatti in particolare – siano spesso simili ai loro padroni potrebbe non essere solo un cliché. Gli animali domestici, nella convivenza forzata, assumono i nostri difetti, fisici e psicologici, dall’obesità alle nevrosi.
Se siamo chiassosi, lasceremo che il cane superi più spesso la soglia di decibel, e lui si abituerà. Il comportamento aggressivo del proprietario del cane influenza l’animale, che tenderà a sviluppare atteggiamenti ostili e rabbiosi.
Lo dice anche uno studio dei ricercatori dell’Università della Pennsylvania che hanno intervistato un campione di proprietari di cani: quelli aggressivi con molta probabilità continueranno a rimanere tali, a meno di un radicale cambiamento nelle tecniche di addestramento. A essere più efficaci contro l’eccessiva aggressività dei cani sarebbero il movimento fisico, attraverso il quale l’animale sfoga l’energia e la rabbia represse, e l’utilizzo di premi quando il cane ubbidisce ai comandi. Picchiare il cane o punirlo eccessivamente ottiene il risultato opposto, non fa altro che aumentare l’aggressività. Un proprietario che sappia ammansire il cane, insomma, è fondamentale.
Non stupisce che spesso gli animali facciano pendant con chi li possiede: il comportamento dei proprietari influenza il carattere di cani e gatti. Padroni insicuri ingozzeranno le loro bestie, rendendole obese come loro. E anche la scienza si è sbilanciata: i cani di razza pura assomigliano ai padroni, ha detto una ricerca conodotta all'Università della California di San Diego dagli psicologi Nicholas Christenfeld e Michael Roy e pubblicata su «Psychological Science». Quando una persona deve prendere un cane, «ne cerca uno che, a qualche livello, gli assomigli. E se scelgono un animale di razza pura, ottengono quello che cercano».
A volte si è invece di fronte alla grande empatia che manifestano tante specie: i nostri cugini genetici bonobo sono perfettamente in grado di mettersi nei panni degli altri. E che dire dei cani? Sanno riconoscere decine (se non centinaia) di espressioni facciali e gesti anche minimi dei membri familiari: perché non dovrebbero saper fare gli occhi dolci se vedono che lui o lei si commuovono e sganciano qualche boccone, e mantenere questo redditizio atteggiamento?
Sono creature che respirano, mangiano, dormono vicino a noi: lo sapeva anche Thomas Mann, quando scrisse «Cane e padrone». Certi cani vogliono andare a dormire nel letto dei proprietari, dice Desmond Morris, perché per certi aspetti non maturano mai. Vogliono stare uniti al branco.
La loro sensibilità, a volte, ha qualcosa di miracoloso, come quella di un gatto diventato un caso negli States perché - adottato in una casa di cura per malati di Alzheimer – aveva un dono eccezionale: «sentiva» quando un paziente stava per morire e si accoccolava vicino a lui. La sua storia (raccontata nel libro «Le fusa di Oscar»), è stata pubblicata nel «New England Journal of Medicine» e ha fatto discutere i medici di tutto il mondo.
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