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[Data: 24/08/2010] [Categorie: Diritti della Terra ] [Fonte: A sud] |
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Oggi vince Madre Terra! Creato il fondo per non estrarre nel Parco dello Yasunì E' notizia di questi giorni: la proposta lanciata anni fa dai movimenti ecuadoriani e recepita dal governo di Correa arriva finalmente alla fase di applicazione. E' stata firmata infatti a Quito tra l'Ecuador e le Nazioni Unite l'istituzione del fondo necessario a permettere all'Ecuador di non estrarre petrolio nel lotto ITT del Parco. Una proposta lanciata tre anni fa che parla di responsabilità ambientale differenziata: rinunciare all’estrazione lasciando il petrolio nel sottosuolo a fronte dell'acquisto, da parte dei paesi industrializzati, di bond emessi dallo Stato ecuadoriano per il petrolio che non verrà estratto pari a metà del valore del mancato guadagno. E invece il guadagno reale è, per l’umanità intera, in termini di conservazione della biodiversità, di riduzione delle emissioni di CO2 e di difesa dei popoli originari. Del resto una delle principali cause del surriscaldamento del pianeta è proprio l’utilizzo dei combustibili fossili. Di fronte a tale problema, di proporzioni mondiali, esistono responsabilità collettive, ma differenziate: i paesi industrializzati hanno senza dubbio una responsabilità maggiore, e tuttavia non stanno ancora elaborando soluzioni. Ora che il fondo è aperto, Governi e associazioni potranno sottoscrivere «bond» per 3 miliardi e 600 milioni di dollari. La Germania, capofila del piccolo gruppo di paesi (tra cui Svezia, Spagna, Francia e Svizzera) che hanno accettato di sostenere la proposta, si è impegnata a versare 50 milioni di dollari l'anno per 13 anni. A Sud ha promosso e porta avanti in Italia la campagna sin dal suo lancio; portandola in parlamento nel 2007 (dove la proposta raccolse 54 firme ma non venne poi mai tradotta in legge).
ECUADOR, la selva batte il petrolio [di Roberto Zanini] Da Il Manifesto del 5 agosto: "Se questa è green economy allora ci piace, ma noi preferiamo chiamarla buen vivir. E speriamo che non finisca come l'altra volta". Giuseppe De Marzo è il portavoce di A Sud, l'associazione che nel 2007 provò a far passare in Italia il progetto Yasunì. Usa il motto reso famoso dalla costituzione della Bolivia di Evo Morales per dire che quella dell'Ecuador è una bella sfida, ma deve essere raccolta. E' passata infatti anche dall'Italia la campagna internazionale per convincere i governi dell'ovest ricco a finanziare l'operazione Yasunì. Complice A Sud, nel luglio del 2007 vennero raccolte le firme di molti deputati che impegnava l'Italia ad aiutare lo sforzo di far restare nel sottosuolo il petrolio dell'Amazzonia. Al governo c'era Prodi e i numeri erano risicati. Le firme raccolte furono 54, ma al momento di trasformarle in un atto legislativo tutti si tirarono indietro e il documento rimase lettera morta. "Un'occasione persa - ricorda oggi con amarezza De Marzo - da parte dell'Italia e della sinistra in particolare. Ancora una volta la politica decise quali erano le priorità: ciò che riguarda la nostra vita come l'aria che respiriamo e l'acqua che beviamo, contro i tatticismi per sostenere un governo traballante". Ma A Sud non demorde: "Quanto è accaduto in Ecuador - dice De Marzo - è la dimostrazione di come i movimenti, in un quadro costituzionale nuovo, possano trovare punti di incontro con i governi, momenti di relazione". Relazioni che contano ancora di più oggi, in un momento in cui in Italia il governo è sull'orlo del baratro e la sinistra si divide su problemi tecnici e candidature alla leadership: "Proprio di queste cose vorremmo parlare con Bersani, con Vendola, con Di Pietro. Senza fare polemiche, ma di questo cosa ne pensano?". [r.za.] Leggi anche:
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