Per un futuro più potabile
[di Guglielmo Ragozzino su Il Manifesto 19 settembre 2010] A Firenze l'assemblea dei movimenti in difesa dell'acqua pubblica, per passare dalla raccolta delle firme al referendum. E alla vittoria che impedisca di trasformare l'oro blu in merce. Da Cochabamba all'Amiata, dal generale al particolare, la lotta continua.
Antonio che ha il microfono chiama alla presidenza tutti insieme i diecimila militanti che hanno raccolto le firme tra aprile e l'estate. È una battuta, ma i rappresentanti di quei diecimila, venuti in centinaia a Firenze alla casa del Popolo di S. Bartolo a Cintoia, non ci trovano niente da ridere, anzi applaudono convinti. Tutti sanno cosa è stato il lavoro di raccolta e mobilitazione. Sanno poi che ora occorre proseguire. Come si passi dalla raccolta delle firme al referendum e alla vittoria che stabilisca che in questo paese l'acqua non è una merce, ma un diritto, un bene comune, inalienabile, non è facile stabilirlo. L'assemblea consiste proprio in questo: misurare l'ostacolo e trovare strategie e tattiche, alleanze e percorsi per superarlo. Non esaltazione, ma lavoro ragionevole.
Il discorso ufficiale per un'Assemblea sui referendum futuri in Italia lo tiene Oscar Oliveira che arriva da Cochabamba per dare una mano e chiedere aiuto. Poi altri toccano il tema delle dighe sul Tigri e dell'imperativo morale di salvare Hasankeyf, una delle più antiche città del mondo. Si parla della falda dell'Amiata che è, o era, la maggiore dell'Italia centrale e ora si è abbassata di 200 metri, perdendo miliardi di litri, anche e soprattutto per i prelievi dell'Enel e dei suoi impianti geotermici. Probabilmente quelli di Astrid non capirebbero, ma così la democrazia universale dell'acqua ha avuto una giusta cornice. Dal generale al particolare, l'obiettivo comune e la lotta intelligente sull'acqua potabile, della città e del circondario, da difendere e da salvare. Tra gente dell'acqua i discorsi sono semplici e condivisi.
Per semplicità di discussione si fanno emergere quattro temi: il futuro dell'acqua con le vertenze locali e la possibilità di arrivare a una moratoria generale, il quorum da raggiungere con il punto essenziale del finanziamento per la campagna verso il voto, la gestione pubblica partecipata e infine il pianeta acqua: Cochabamba, il Kurdistan, l'Amiata.
Viene descritto in primo luogo con precisione (da Marco Bersani) il calendario che aspetta il movimento ed è tra il giuridico e il lunare. Noi lo riportiamo, secondo gli appunti, ma senza certezze, anzi con beneficio d'inventario: la Corte di Cassazione il 1 ottobre chiude il rubinetto alla raccolta di firme - ci sono i tre referendum di Di Pietro, uno dei quali è sulla privatizzazione dell'acqua e potrebbe sempre materializzarsi una richiesta per un referendum sconosciuto. Poi c'è la verifica delle firme, con l'eventuale proposta di accorpare richieste referendarie simili. Questa fase dura fino al 31 ottobre. Fino al 15 dicembre la Cassazione riflette, per poi scaricare, con una sentenza, il problema alla Corte Costituzionale che entro il 10 febbraio deciderà della proponibilità dei referendum: tutti o qualcuno. E già questo è un terreno minato. Qualche giorno prima, il 20 gennaio, la Corte indica il giorno in cui delibererà. Questo perché fino a tre giorni prima è possibile indirizzare memorie alla Corte. Quindi un'altra data da ricordare: tre giorni prima della decisione, finiscono i giochi e la Corte si ritira.
Poi, se tutto va bene, la gimkana continua. Tocca al governo, sempre che esista ancora e sempre che non abbia inventato una serie di leggi per ottenerne l'esclusione di tutti i referendum o almeno di quelli che ci stanno a cuore in modo surrettizio. Tocca al governo decidere la data dei referendum, tra il 15 aprile e il 15 giugno. In quel periodo ci sarà anche un voto amministrativo, per esempio a Milano e spetterà al governo accorpare i referendum alle elezioni, oppure scegliere date diverse. Difficile immaginare una data diversa da quella più sfavorevole ai referendum.
Se questi sono gli ostacoli e le insidie principali, di certo ve ne sono altri disseminati e ancora oscuri. Spetta a un gruppo di giuristi, esperti e affezionati ai problemi della democrazia e dell'acqua, il compito di affrontare nel modo migliore le difficoltà. Franco Russo tra gli altri ha ben descritto la fase. Servono persone capaci di praticare la Corte oltre che i movimenti, serve gente con un buon tasso di credibilità presso gli alti magistrati. Devono però spiegare bene cosa stanno facendo, confrontarsi con il movimento. Da qui nasce una proposta che oggi discuterà l'assemblea plenaria, di un convegno di carattere giuridico e liquido insieme, per mettere a punto la strategia e la tattica.
Si discute molto di moratoria e di moratorie, quella generale e quelle locali. Concordano tutti e tutte sul punto dell'ingiustizia di una serie di decisioni irrimediabili sulla gestione idrica in molte località, quando sono state raccolte firme in quantità e pendono i referendum. La volontà popolare è stata disprezzata: qualcuno vuole imbrogliare la situazione tanto da rendere impossibile tornare indietro. Alcuni fanno presente la disparità delle situazioni locali: non si chiude la stalla della moratoria quando i buoi sono scappati.
In generale è difficile il confronto con gli altri, con quelli che non hanno ancora messo l'acqua al centro della democrazia per la quale lottano. Come si apre il discorso ai milioni di voti che serviranno a giugno inoltrato, quando, finite le trappole, si andrà a votare per il referendum?
Il problema delle alleanze si presenta sempre davanti a un movimento ragionevole; e questo lo è. Oggi (per voi che leggete) si deciderà di partecipare il 16 ottobre alla giornata di lotta della Fiom, si andrà per scuole (e fuori dalle scuole) per convincere gli studenti che ne vale la pena e che si lotta anche per loro e con loro; quando in dicembre, a Cancun il mondo discuterà di acqua, anche l'Italia del movimento non farà mancare il suo appoggio, solo perché c'è altro da fare, monitorare la Cassazione. E ci sarà anche un nuovo 20 marzo - sarà il 19, per motivi di calendario - quando tutto il movimento, ma tanti e tante di più si daranno appuntamento a Roma per sostenere il nostro referendum.
Altrove, in altre riunioni si parla d'altro. Quanti soldi servono per il referendum? A chi li si chiede, chi li amministra? Dobbiamo contare solo sulle nostre forze, è giusto tassarsi ancora? Avere un tesoriere non snatura il movimento? Domande, domande.
|