L'ultima danza delle api
01.3.2008
Le api stanno morendo. Muoiono in tutto il mondo. Perché?
All’inizio sembrava una di quelle
notizie “millenariste”, “catastrofiste”, una di quelle cose
insomma che vanno di moda da Kyoto in poi e che in fondo lasciano il
tempo che trovano… la fine del Mondo che si avvicina, i sensi di
colpa di una società troppo opulenta ed ineluttabilmente in
declino… Poi oltre la boutade, oltre il ragionevole scrupolo da
“uomo-qualunque” e l’innegabile fascino da scoop giornalistico
sono cominciate ad arrivare le prime conferme scientifiche, la cruda
analisi dei dati, i bollettini specializzati e i bilanci delle
associazioni di categoria, gli allarmi di enti locali e nazionali.
Allora adesso possiamo dirlo, si può
dire, anzi adesso è meglio che lo si dica e si cominci anche a
rifletterci seriamente: le api stanno morendo. Muoiono in tutto il
mondo. Con percentuali diverse, probabilmente per cause e concause
diverse tra loro, ma stanno proprio morendo. E’ un dato di fatto, è
una orrenda certezza statistica. E, purtroppo, non è nemmeno
più una novità: succede da anni, costantemente, senza
margini d’errore.
Siccome in certi casi spaventarsi è
non solo giusto ma anche doveroso, cominciamo da una frase di
Einstein ( o almeno attribuita ad Einstein ma si sa che citare una
frase di Einstein fa sempre più effetto, quindi stabiliamo che
sia davvero sua) : “Se le api dovessero scomparire, al genere umano
resterebbero cinque anni di vita”.
Il ragionamento che sottende
all'affermazione è sicuramente valido, sia o meno di Einstein,
almeno in via di principio: niente più api, niente più
impollinazione, niente più frutta e vegetali (non tutti, ma
gran parte), con conseguente spirale a discendere il cui limite sta
solo nella fantasia di ciascuno di noi.
Cosa vuol dire “le api stanno
morendo”?
Vuol dire che in Italia, secondo le
stime riferite al 2007 dell’Agenzia per la protezione dell'ambiente
e i servizi tecnici (Apat), il numero degli insetti si è
dimezzato. In un anno. Una cifra enorme con rischi gravi per i
delicati equilibri dell'ecosistema e per il ciclo naturale, con danni
economici stimati in 250 milioni di euro. Il disastro interessa tutta
l'Europa, con una perdita tra il 30% e il 50% del patrimonio di api;
ed è ancora più grave negli Stati Uniti, con punte
anche del 60-70% in alcune aree per il fenomeno da spopolamento
definito Ccd (Colony collapse disorder). L’allarme negli USA è
scattato almeno nel 2003; da allora la strage continua. E si allarga.
Perché? Con certezza
non lo sa nessuno, perlomeno nessuno è in grado di individuare
un’unica causa. Semmai molteplici concause. L’inquinamento (di
aria, acqua e suolo), i cambiamenti climatici repentini e prolungati,
che avrebbero influito negativamente sulla disponibilità e
sulla qualità dei pascoli e dell’acqua. Per quanto riguarda
l’inquinamento, le maggiori responsabilità sono attribuibili
all’inquinamento da fitofarmaci e da pesticidi come i
neonicotinoidi a base di imidacloprid. Come il Gaucho della Bayer, a
detta dell’entomologo Giorgio Celli. La Bayer ha introdotto sul
mercato un nuovo prodotto, quando ancora si stanno studiando i suoi
effetti sulle api. Per colpa dei telefonini, secondo uno studio
condotto dal dottor Jochen Kuhn dell’Università di Landau.
Kuhn imputa alla crescita esponenziale dell’inquinamento
elettromagnetico il fatto che le api, stordite e sviate dal segnale
dei telefonini, perdano il senso dell’orientamento. Ma peggio
ancora il caos elettromagnetico favorirebbe alcune malattie come
virosi e varroa (malattia causata da un acaro che attacca sia la
covata sia l’ape adulta, e la cui diffusione è favorita
proprio da queste forme di inquinamento). Per quanto riguarda i
cambiamenti climatici, le maggiori responsabilità sono
attribuibili all’andamento sempre più irregolare del clima
(periodi siccitosi prolungati, periodi con temperature molto elevate
seguiti da repentini ritorni di freddo, temporali intensi) che
comporta un’interruzione al flusso normale dei nutrienti necessari
alle api per la loro crescita e per il loro sviluppo, indebolendo di
conseguenza le difese dell’alveare. Il problema è che così
come l’italiana APAT nessuno oggi al mondo è in grado di
identificare una sola causa.
Ma tutti sono d’accordo sugli
effetti, del resto ben visibili: crollo verticale delle popolazioni
di api in tutto il mondo.
A rischio. Sono le colture di
mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie,
albicocche, susine, meloni, pomodori, zucchine, soia, girasole e
colza (come denunciato dalla Coldiretti), ovvero tutte quelle piante
la cui produzione dipende completamente o in parte dalle api (grazie
alla loro impollinazione). Ma a rischio sono anche gli allevamenti,
visto la sempre minore impollinazione da parte delle api delle
colture foraggiere a seme (come l’erba medica ed il trifoglio)
fondamentali per i prati destinati a pascolo. Il forte calo dei
prodotti agricoli e da allevamento comporta effetti negativi
inevitabili come un aumento sensibile del suo prezzo di mercato e un
aumento delle importazione dall’estero, con tutto quello che ne
concerne…
Insomma, di sicuro c’è solo che l’uomo si
sta dando la zappa sui piedi, se già non se li è
amputati.
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