c Che fare adesso? - 23/09/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 23/09/2010]
[Categorie: Animali ]
[Fonte: Promiseland]
[Autore: Leonora Pigliucci]
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Che fare adesso?

Direttiva Ue antivivisezione: che fare adesso?



E’ passata una settimana dall’approvazione da parte del Parlamento europeo della direttiva 86/609 sulla vivisezione e ancora non si sono spente le polemiche intorno a un testo che cancella molti progressi della prima bozza proposta dalla Commissione due anni fa.

Gli animalisti sono spaccati:

Molti sono pronti a dare battaglia e già raccolgono firme per una nuova legge d’iniziativa popolare, mentre altri, come AgireOra, sottolineano l’importanza di alcuni aspetti migliorativi del testo rispetto alla norma in vigore, pur riconoscendo come l’Europa abbia perso l’occasione di imprimere una svolta e continui a lasciar aperto lo spazio per nefandezze inaudite.

Nel dettaglio, di meglio c’è l’obbligo di richiedere autorizzazioni al Ministero (ora si procede per notifica) prima di cominciare gli esperimenti, di pubblicare informazioni sui progetti che comportino l’uso di animali (informazioni fino ad oggi praticamente irreperibili) e una valutazione da parte di soggetti terzi dei costi/benefici di ciascun test; e in generale l’introduzione di una maggiore trasparenza (ampliamento delle specie tutelate dalla regolamentazione, statistiche sugli stabilimenti allevatori e fornitori delle cavie, ispezioni, classificazione del livello di dolore degli animali).

Di peggio, ci sono cose molto gravi:

Dall’inedita possibilità di riutilizzare lo stesso animale in test diversi (di livello di dolore non solo “lieve” ma anche “moderato”), all’esplicita autorizzazione alla tortura di cani e gatti randagi.

La lobby animalista non l’ha spuntata nemmeno su alcuni punti ritenuti chiave: restano le deroghe all’uso di anestesia e antidolorici, gli interventi invasivi a scopo didattico, i metodi cruenti di soppressione delle cavie a fine esperimento, la vivisezione sulle scimmie e tutti gli esperimenti che comportano gravi livelli di sofferenza.

Prevale, in sostanza, la libertà delle aziende di lavorare nel modo più economico (sugli animali appunto) anziché investire in metodologie più avanzate che, secondo un assurdo passaggio della direttiva, non saranno obbligatorie nemmeno quando riconosciute scientificamente valide, ma solo a seguito di un complesso iter burocratico.

Di tutto questo si avvantaggeranno di certo i ricercatori, visto che l’uso del modello animale permette di collezionare un gran numero di pubblicazioni, ma difficilmente il progresso della scienza (come fa notare la Lav, il 90% dei prodotti licenziati dalla sperimentazione animale non supera i test sull’uomo, che resta la vera cavia). E sono lapalissiane a questo proposito le argomentazioni riportate da un comunicato del comitato scientifico Equivita che contrappone i fondamenti della nuova direttiva europea alla linea intrapresa dal Consiglio nazionale delle ricerche Usa, che nel 2009 ha annunciato l’imminente “cambiamento epocale” che porterà la tossicologia (uno degli ambiti privilegiati della sperimentazione animale) a fare a meno delle cavie in favore di più attendibili prove su cellule umane, e gli articoli pubblicati negli ultimi anni da numerose riviste scientifiche del calibro di < Cors>Nature < Tondo>che definiscono quella della vivisezione una cattiva scienza pronta ad essere archiviata.

Lascia allora sconcertati il fatto che, al di là della libertà di far del male concessa ai ricercatori, gli europarlamentari non abbiano voluto accogliere nemmeno l’emendamento dei Verdi che chiedeva una maggior incentivazione dei metodi sostitutivi e abbiano di fatto rilanciato un sistema che, a differenza delle sue rigorose e moderne alternative, non è stato mai validato.

Ma perché approvare un testo del genere, in fretta e furia, in soli 10 minuti di discussione?
Sui retroscena ha fatto luce l’intervista rilasciata all’agenzia Geapress da Sonia Alfano dell’Idv, una degli europarlamentari che più si è battuta per un rinvio del testo alla Commissione. «Le pressioni delle lobby farmaceutiche erano tali», racconta Alfano, che «se la direttiva non fosse passata così, le industrie interessate avrebbero sbaraccato tutto e si sarebbero trasferite all’estero».

Ricatto che, secondo Alfano, sarebbe avvenuto in un clima di generale disinteresse e ostinata ignoranza da parte dei rappresentanti in Parlamento dei cittadini europei, compresi quelli della lobby animalista.

La sorpresa è che alla superficialità con cui sono stati mandati a morte milioni di animali, si è contrapposta subito dopo l’appassionata reazione polemica di un numero cospicuo di cittadini che ha travolto, come ha potuto, gli europarlamentari responsabili: i loro spazi sui social network sono stati riempiti di immagini cruente di animali sottoposti a sperimentazione, di promesse di non voto futuro e addirittura di insulti e minacce.

C’è anche chi ha scritto a Napolitano, annunciando la rinuncia alla cittadinanza italiana in caso il nostro Paese non si impegni a rigettare la direttiva, mentre già migliaia di firme sono state raccolte per proporre una legge d’iniziativa popolare.

La Lav ha invece sottolineato come, a questo punto, in Italia diventino fondamentali due passaggi: che nell’iter di recepimento nazionale della direttiva vengano introdotte «disposizioni più restrittive di quelle di Bruxelles e lo sviluppo concreto dei metodi di ricerca che non fanno uso di animali»; e che finalmente si approvi una nuova legge nazionale, approvando un progetto (il “testo Schmidt”) risalente a tre legislature fa e attualmente all’ordine del giorno della commissione Sanità del Senato.

Intanto si avvicina una data importante, il 25 settembre, quando era stata già indetta dal coordinamento di base Chiudere Green Hill una manifestazione a Roma (a cui non parteciperanno le associazioni) per dire no a ogni tipo di sperimentazione animale e di allevamento di animali destinati alla tortura: se il clamore nel frattempo non si sarà spento, quello potrà essere il giorno di un rilancio quanto meno del movimento, di un allargamento della base delle persone sensibili anche alla sofferenza degli inermi, di una mobilitazione per il progresso morale, di una presa di coscienza di cui far tesoro per il futuro.

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