c Lav, Legambiente e Marevivo hanno presentato il dossier sulla pesca illegale - 25/11/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 25/11/2010]
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Lav, Legambiente e Marevivo hanno presentato il dossier sulla pesca illegale

Lav, Legambiente e Marevivo hanno presentato il dossier "La pesca Illegale, non documentata e non regolamentata nell'Unione Europea: il caso delle derivanti italiane" con cui le associazioni lanciano l'allarme sul "mare" di illeciti in cui si dibatte la pesca italiana.

A ottobre in Italia termina la stagione di pesca del pescespada e contemporaneamente riaffiorano vecchi mali come la diffusissima pratica dell'uso illegale delle reti derivanti (le spadare, messe al bando dalle Nazioni unite e dal 2002 in tutta l'Unione europea) e le ferrettare, utilizzate spesso in modo illegale.

Questi sistemi di pesca aselettivi comportano la cattura accidentale di diverse specie protette o a rischio come tartarughe, delfini, squali e balene. Su queste infrazioni gli organi di controllo conoscono tutto tanto da avere una mappatura chiara del fenomeno: matricole, porto di registrazione, accesso ai finanziamenti pubblici, recidività nelle infrazioni, zone di pesca, tecniche per eludere i controlli. Nonostante questo, ancora nel 2010 sono stati segnalati tantissimi casi di "malapesca" e ben 37 pescherecci sono stati sanzionati per uso illegale di reti derivanti solo nei primi sei mesi dell'anno.

«La Pesca Illegale, Non dichiarata e Non documentata (Pesca INN) - dichiarano le associazioni - contribuisce allo sfruttamento eccessivo degli stock ittici, danneggia gli ecosistemi marini e costituisce una forma di concorrenza sleale nei confronti dei pescatori onesti. Si stima che il volume d'affari della pesca illegale a livello mondiale possa essere superiore a 10 miliardi di euro. In Italia il problema è aggravato dalla mancata applicazione di sanzioni efficaci che non consente di intensificare le misure repressive - continuano i rappresentanti di Lav, Legambiente e Marevivo - A ciò si aggiungono gli atteggiamenti di tolleranza, talvolta al confine con la compiacenza che spesso si riscontrano da parte delle autorità italiane nei confronti di chi opera al di fuori delle norme: eclatante il caso del comune di Acitrezza dove a giugno di quest'anno si è organizzata addirittura la "Sagra del Pescespada di San Giovanni" pescato dalle "storiche spadare trezzote».

Nel dossier sono elencate le barche sanzionate negli ultimi sei anni dalle Capitanerie di Porto e quelle segnalate dalle associazioni ambientaliste: si tratta di circa 300 pescherecci, che hanno utilizzato illegalmente le reti derivanti, registrati principalmente nei porti di Ponza, Bagnara Calabra, Lipari, Porticello, Santa Maria La Scala.

Questo quadro si spiega anche con il regime sanzionatorio che non pare troppo "rigide": la sanzione massima prevista è di soli 4.000 euro, la metà o ancor meno per chi patteggia; il sequestro delle reti, spesso non viene confermato dai giudici con conseguente restituzione delle stesse ai proprietari che riprendono a pescare illegalmente.

L'unica misura davvero dissuasiva, contenuta in un Decreto Ministeriale del 1998, prevede la sospensione dell'autorizzazione di pesca dai 3 ai 6 mesi ma non risulta sia mai stata applicata e lo scorso ottobre la Direzione generale della Pesca del ministero dell'Agricoltura ne ha addirittura sconsigliato l'applicazione, informano le associazioni. Anche se l'Italia è già stata condannata dalla Corte europea di Giustizia con modeste conseguenze, l'unica speranza per uscire da questa situazione è ancora l'Europa a cui le associazioni chiedono mano ferma alla vigilia del processo di riforma della Politica comune della Pesca.

«Il ripristino della legalità nella pesca non solo è una condizione indispensabile per il recupero degli ecosistemi marini ma è anche un elemento imprescindibile per lo sviluppo di una pesca realmente sostenibile - hanno continuato Lav, Legambiente e Marevivo - E' nell'interesse della parte sana del settore garantire che chi viola le regole venga escluso dalle attività di pesca. Per questo l'applicazione delle nuove sanzioni previste dall'Unione europea nei confronti di cittadini e pescherecci europei coinvolti nella pesca INN potrebbe costituire un serio deterrente alla pesca pirata». Infatti per contrastare le violazioni, l'Unione europea, infatti, ha approvato un nuovo regolamento sulla Pesca INN entrato in vigore il 1 gennaio 2010, ed oggi esistono strumenti che consentono alla Commissione europea di intervenire sugli Stati membri inadempienti con tempi più rapidi e sicuramente più incisivi delle procedure di infrazione.

«E' necessario, pertanto che la Commissione europea applichi all'Italia la sanzioni previste dal Regolamento INN che prevedono la sospensione degli aiuti comunitari destinati alla pesca e l'inserimento in lista nera dei pescherecci pirata. Solo attraverso un'azione decisa, infatti, si potrà sradicare il fenomeno delle reti derivanti illegali dai porti italiani e dimostrare agli operatori e all'opinione pubblica l'impegno concreto dell'Unione Europea contro la pesca illegale» hanno concluso le associazioni ambientaliste.

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