c L'economia è sempre più ecologica - 25/11/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 25/11/2010]
[Categorie: Economia ]
[Fonte: Greenreport.it]
[Autore: Gianfranco Bologna]
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L'economia è sempre più ecologica

ROMA. Più volte ci siamo soffermati nelle pagine di questa rubrica sottolineando un punto cruciale che caratterizza il periodo storico che stiamo attraversando. Dopo la grande crisi economico finanziaria scoppiata nel 2008 e che sta tuttora proseguendo, l'economia non potrà più essere come prima.

Autorevoli e approfondite analisi della situazione in merito provengono da tanti illustri economisti. Due bellissimi libri, tra i numerosi pubblicati in questi ultimissimi anni, hanno fatto ancor più riflettere su un modello economico di crescita continua che è ormai insostenibile a livello ambientale e sociale per tutti i nostri sistemi umani; si tratta di "Managing without growth" di Peter Victor della York University di Toronto in Canada (pubblicato nel 2008 da Edward Elgar Publishing) e "Prosperity without growth" di Tim Jackson dell'Università del Surrey e membro della Commissione Sviluppo Sostenibile del Regno Unito (pubblicato da Earthscan nel 2009).

L'ultimo volume del premio Nobel per l'Economia, Joseph Stiglitz ("Bancarotta. L'economia globale in caduta libera" pubblicato in questi mesi da Einaudi) è estremamente esplicito nei confronti dell'andamento economico che è stato perseguito sino ad ora. Scrive Stiglitz: "Abbiamo creato una società in cui il materialismo predomina sull'impegno morale, in cui la rapida crescita che abbiamo raggiunto non è sostenibile dal punto di vista né ambientale né sociale e in cui la comunità non agisce in maniera concertata per affrontare i problemi comuni, anche perché la spietatezza dell'individualismo e del fondamentalismo di mercato hanno eroso qualsiasi senso di comunità permettendo lo sfruttamento feroce di persone inconsapevoli e vulnerabili e creando sempre maggiori differenze sociali." Tuttavia ci ricorda sempre Stiglitz, non è troppo tardi per rimediare.

Stiglitz ammonisce in maniera estremamente chiara: "L'economia si è trasformata, molto di più di quanto gli economisti non vogliano ammettere, da disciplina scientifica a principale portabandiera del capitalismo neoliberista. Per poter riformare la loro economia gli Stati Uniti dovranno fare innanzitutto riformare la scienza economica". E, parlando dell'abnorme crescita del settore finanziario nell'economia globalizzata, scrive: "Ma qui dobbiamo chiederci come mai qualcosa che doveva essere il mezzo per raggiungere un fine sia potuto diventare il nucleo centrale della new economy. Avremmo dovuto capire che le dimensioni sproporzionate del settore finanziario - negli anni prima della crisi circa il 40% dei profitti aziendale proveniva da quel comparto - erano il risultato di qualcosa di molto sbagliato".

Tutte queste recenti analisi danno ulteriore forza alla crescita ed alla diffusione dell'economia ecologica.

Riflessioni e ricerche molto interessanti, per cercare di costruire un "ponte" tra le discipline ecologiche e quelle economiche risalgono agli anni Sessanta dello scorso secolo, grazie all'opera pionieristica del grande matematico ed economista Nicholas Georgescu-Roegen (1906 - 1994) , di Kenneth Boulding (1910 - 1993) e di un allievo di Georgescu-Roegen, Herman Daly, oggi internazionalmente riconosciuto come uno dei fondatori dell'Economia Ecologica ed uno dei maggiori esperti di sviluppo sostenibile.

Numerose analisi riguardavano più un semplice "aggiustamento" dell'economia neoclassica affinchè tenesse in conto, in qualche modo, delle risorse naturali. Il lavoro sui cosidetti "costi esterni", cioè su quanto la collettività si trova a pagare per non aver preso in considerazione il valore delle risorse naturali e quindi il tentativo di internalizzare" nei conti economici queste esternalità è stato uno dei fronti più significativi in questo campo. Tutte queste ricerche hanno portato vita ad un filone di indagine ed analisi definito di "economia ambientale".

L'economia ecologica ha invece un approccio  più critico e profondo rispetto all'economia tradizionale; si interroga sulla dimensione fondativa dell'economia neoclassica che, basata sull' imperativo della "crescita" continua, in maniera evidente, ad incorrere in due limiti fondamentali alla stessa crescita: quello biofisico e quello etico-sociale. Ritiene quindi che questa visione debba essere profondamente modificata.

Come scrive infatti Daly: "Ciò che è necessario a questo punto non è un'analisi sempre più raffinata di una visione difettosa, ma una nuova visione. Questo non vuol dire che tutto ciò che è stato costruito sulla base della vecchia visione sia necessariamente da buttare via, ma quando si altera la visione preanalitica è probabile che ne conseguano cambiamenti anche fondamentali. Il mutamento di visione necessario consiste nel rappresentare la macroeconomia come un sottosistema aperto di un ecosistema naturale non illimitato (l'ambiente), anzichè come un flusso circolare isolato di valore e scambio astratto, non vincolato da equilibri di massa, entropia ed esauribilità".

Scrivendo sul ruolo di Nicholas Georgescu-Roegen nel porre le basi della bioeconomia, lo studioso Jacques Grinevald scrive nel suo saggio su Georgescu-Roegen apparso nel volume curato da Mauro Bonaiuti "Obiettivo decrescita" (Emi edizioni): "E' fondamentalmente il dogma meccanicistico della società industriale occidentale a rappresentare l'errore fatale, le cui conseguenze tecnologiche ed economiche sono all'origine della crisi che attende l'umanità, lanciata nel vicolo cieco (ecologico e sociale) della crescita illimitata. Ciò che dobbiamo avviare, a livello intellettuale, non è quindi una semplice riforma che sostituirebbe, per esempio, una contabilità energetica  alla contabilità monetaria in vigore, ma un capovolgimento radicale della nostra visione del processo economico. Questo allo scopo di integrare il metabolismo globale dell'umanità - con le sue estensioni tecnologiche - nell'ambiente biosferico limitato del pianeta Terra, di una "natura" generata da miliardi di anni di co- evoluzione della vita e della Terra stessa, in una parola della biosfera, di cui la specie umana è momentaneamente l'erede. Anche in ragione alla nostra potenza, ci ritroviamo co-responsabili della sua evoluzione, cioè del destino della Terra".

L'economia standard presenta una visione che prescinde dai sistemi ambientali che racchiudono il nostro sottosistema economico. Negli anni Ottanta si vanno formando le basi per la nascita di una nuova disciplina. Nel 1982 Ann-Mari Jansson dell'Università di Stoccolma, organizza in Svezia, a Saltsjobaden, un simposio dal titolo "Integrare ecologia ed economia", al quale Robert Costanza ed Herman Daly danno un seguito per avviare la pubblicazione di una rivista ad hoc sull'argomento, per tastare la quale, preparano l'edizione di un numero speciale della nota rivista "Ecological Modeling" nel 1987; nell'introduzione a questo numero speciale, Costanza e Daly individuano le necessità' ed una prima agenda di base dell'economia ecologica.

Dopo altri due meeting pianificatori tenutisi in Svezia e in Polonia, viene organizzato un nuovo simposio a Barcellona, dal 26 al 29 settembre 1987 dal titolo "Integrating Ecology and Economics" che vede come organizzatore principale il noto economista Juan Martinez-Alier. Dal meeting parte l'idea di avviare una specifica associazione professionale di economia ecologica e la pubblicazione di una rivista scientifica dedicata all'approfondimento di questi temi.

Nel 1988 viene così fondata l'International society for ecological economics (ISEE), primo presidente Robert Costanza, che all'inizio ha base presso la Lousiana State University e dal 1989 parte la pubblicazione della rivista "Ecological Economics".

Il primo congresso mondiale di economia ecologica ha luogo a Washington nel maggio 1990, seguito da un workshop all' Aspen Institute, cui partecipano 38 studiosi invitati ad hoc e dal quale nasce un volume curato da Bob Costanza "Ecological economics: the science and management of sustainability" pubblicato nel 1991 dalla Columbia University Press.

Da allora numerosi sono i convegni e i workshop sul tema, mentre si formano sezioni dell' ISEE in altri paesi e fioccano le ricerche e gli studi relativi all'integrazione delle due discipline (ecologia ed economia) che, di fatto, si intersecano fortemente proprio sul tema della sostenibilità e del concetto di sviluppo sostenibile (vedasi il sito dell'International Society for Ecological Economics www.ecoeco.org ).

Si pubblicano libri di testo di economia ecologica e si istituiscono corsi di laurea sulla materia. I problemi ed i principi dell'economia ecologica costituiscono una base fondamentale per la sostenibilità.

Le riflessioni e le ricerche dell'economia ecologica, incrociate con quelle di altre discipline, hanno consentito di giungere a definire alcuni principi fondamentali che caratterizzano il concetto di sostenibilità. Herman Daly che ne è stato uno dei principali elaboratori, ricorda quelli che, a suo avviso, sono i principi fondamentali dello sviluppo sostenibile:

  • 1. la scala dell'intervento umano sui sistemi naturali dovrebbe essere limitato ad un livello che rientra nella capacità di carico dei sistemi stessi;
  • 2. il progresso tecnologico per lo sviluppo sostenibile dovrebbe essere basato sull'incremento dell'efficienza dell'uso e non sull'incremento dell'input di materie prime e di energia nel processo economico;
  • 3. i tassi di utilizzo dei sistemi naturali non dovrebbero eccedere i tassi di rigenerazione degli stessi;
  • 4. le emissioni degli scarti non dovrebbero eccedere la capacità assimilativa dei sistemi naturali;
  • 5. le risorse non rinnovabili non dovrebbero essere utilizzate se non ad un tasso tale equivalente alla creazione di sostituti rinnovabili.

A questi si sono aggiunti i principi individuati dal gruppo di Karl-Henrik Robèrt che costituiscono la base operativa della Fondazione Natural Step (vedasi www.thenaturalstep.org) :

  • 1. le sostanze estratte dalla litosfera (dalla crosta terrestre) non possono essere sistematicamente accumulate nell'ecosfera;
  • 2. le sostanze prodotte dall'industria umana non possono essere sistematicamente accumulate nell'ecosfera;
  • 3. le condizioni fisiche per la produzione e la diversità nell'ecosfera non devono essere sistematicamente deteriorate;
  • 4. l'utilizzo delle risorse deve essere efficiente e rispettare i bisogni umani.

Comincia ormai ad essere evidente un po' a tutti che le nostre società si devono preparare con grande rapidità al cambiamento.

 

 

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