Diario da Cancun
Nei primi giorni del vertice Onu sul clima si fa largo un cauto ottimismo. Dentro la Cop 16 insieme alla delegazione di Legambiente
I negoziatori arrivati a Cancun non lo nascondono e evitano di creare aspettative troppo alta rispetto ai risultati che potranno emergere dai lavori della COP16.
Da un lato pare evidente, anche dopo gli incontri di Bonn e Tianjin, in preparazione del vertice messicano, che non si uscirà dalle stanze del Moon Palace e del Cancun Messe con un accordo vincolante che obblighi i paesi più sviluppati a ridurre le emissioni. Ancora, purtroppo, non esistono per questo aspetto le condizioni politiche.
Dall'altro un cauto ottimismo si fa strada per il raggiungimento di un accordo, che qui in Messico definiscono come il "Paquete de Cancun". I lavori di questi primi giorni portati avanti dai cosidetti "sherpa", prima degli arrivi dei capi di Stato e Ministri delle varie delegazioni per il rush finale, dovranno condurre alla definizione di questo accordo orientato tendenzialmente su quattro temi.
Definire l'architettura del funzionamento del "Fondo per il Clima". Previsto lo scorso anno a Copenhagen a sostegno dei paesi in via di sviluppo per la mitigazione, l'adattamento e il trasferimento di tecnologie verdi, il Fondo di 30 miliardi di dollari per il periodo 2010-2012 (i cosi detti "finanziamenti rapidi") non è ancora chiaro se tratterà fondi di provenienza pubblica o privata, se sono previsti prestiti e a quali condizioni, se verranno considerati anche i "crediti di emissione. Per adesso il Giappone si è fatto carico dell'impegno maggiore (15 miliardi di dollari) poi l'Unione Europea (10,41 miliardi di dollari) e infine gli Stati Uniti che contribuiranno per 1,3 miliardi nel 2010 e 1,7 miliardi nel 2011. Per la gestione di questi fondi aleggia la preoccupazione dei paesi poveri che si tratti in molti casi solo di riciclaggio di aiuti allo sviluppo già stanziati, per questo la comunità internazionale dovrà garantire trasparenza nella gestione e che si tratti di fondi nuovi e aggiuntivi a quelli esistenti.
Per quanto concerne invece i "finanziamenti a lungo termine" sono Norvegia e Etiopia a guidare il gruppo di lavoro che dovrà valutare se saranno sufficienti i 100 miliardi di dollari previsti al 2020 e con quali modalità dovranno essere gestiti e reperiti. Tra le azioni previste, l'introduzione di tasse sul trasporto aereo e marittimo, recuperare i sussidi dedicati ai combustibili fossili, il settore privato interverrebbe con investimenti diretti e attraverso il mercato del carbonio ed un ruolo potrebbe avere anche la Banca Mondiale.
La questione della deforestazione è uno degli altri punti nodali del vertice, vista la consapevolezza che se questa non si fermerà difficilmente si potranno arrestare gli effetti del cambiamento climatico. In discussione vi sono gli impatti sociali e ambientali che potrebbero avere sulle comunità locali i progetti stessi di tutela delle foreste. Ma anche l'assurda proposta per cui la semplice conservazione di queste consentirebbe un risparmio delle emissioni che quindi potrebbero essere introdotte nel mercato. Si valuta che questa opzione consentirebbe l'emissione di 450 milioni di tonnellate di CO2, pari alla quantità emessa dalla Spagna in un solo anno.
Per quanto riguarda invece il trasferimento di tecnologie verdi dai paesi ricchi ai paesi in via di sviluppo, come azione tesa alla mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, la discussione è incentrata sul ruolo dei brevetti e della proprietà intellettuale che i paesi poveri vorrebbero condividere gratuitamente mentre gli stati industrializzati, contrari, temono per la riduzione degli investimenti delle imprese che detengono i diritti sulle proprietà intellettuale, che potrebbe compromettere l'innovazione tecnologica. Il "Paquete de Cancun" potrebbe portare ad un compromesso,tra le due distanti posizioni, legato al reperimento di adeguati finanziamenti.
Infine, a separare ancora tra loro i paesi partecipanti al vertice, il tema dell'estensione del Protocollo di Kyoto oltre il 2012 e la sua forma giuridica. Gli Stati Uniti non vorrebbero alcun riferimento al Protocollo per i prossimi anni mentre a sostenerne l'utilità, i paesi in via di sviluppo, con l'Unione Europea e alcuni paesi industrializzati che lo manterrebbero, riformandolo.
L'avvio di questa COP16 sembra orientato a porre i fondamenti affinché il "Paquete de Cancun" raccolga il necessario consenso indirizzando verso un nuovo accordo globale e vincolante, che dovrà aspettare però, per essere realizzato, le necessarie condizioni politiche di contorno nella COP17 di Johannesburg, nel dicembre 2011.
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