c
Home
Capitolo |
RASSEGNA STAMPA Invia questa notizia ai tuoi conoscenti |
Home
Sito |
[Data: 09/02/2011] [Categorie: Politica ] [Fonte: Climalteranti] |
[Autore: ] |
Social network: e decine d'altri attraverso addthis.com |
Spazio autogestito Google |
La COP16 e la fine del diritto di veto Uno dei passaggi importanti alla COP16 è stata la fine del diritto di veto. Adottando l’Accordo di Cancún anche senza il consenso della Bolivia e negandole così il diritto di veto, i delegati erano consapevoli di creare un precedente per negare in futuro il diritto di veto a posizioni isolate, spianando così la via a quello che sarà l’accordo di Durban. Uno sviluppo sostenibile deve ottenere le risorse necessarie a garantire una crescente qualità della vita senza che ciò comprometta lo sviluppo futuro. Il concetto di sostenibilità si concretizza perciò in sistemi socio-economici in grado di produrre progresso economico e sociale con un bilancio in equilibrio tra input e output. Nel caso dei cambiamenti climatici gli output prodotti dalle attività antropiche, i gas ad effetto serra, alterano le condizioni ambientali con conseguenti e crescenti impatti sul pianeta e quindi sui sistemi socio-economici. Gli impatti attesi più evidenti sono l’aumento delle temperature e degli eventi estremi meteorologici; per l’Italia, l’aumento dell’intensità delle precipitazioni, con conseguenti problemi di erosione e dissesto del territorio, e l’aumento in frequenza, lunghezza ed intensità dei periodi di siccità. La conseguenza più diretta è la perdita di fertilità ed il cambiamento dei processi di sviluppo delle colture e degli organismi ad esse collegati, con conseguenti perdite di biodiversità e produzione. Per arginare tali effetti e azzerare le emissioni nette di gas serra, la comunità internazionale cerca da anni meccanismi di governance in grado di indurre modifiche negli stili di vita ed incentivare e guidare lo sviluppo tecnologico. Il Protocollo di Kyoto, rigido e incompleto, è stato il primo tentativo in tale direzione. Cancellato il diritto di veto, che la richiesta di unanimità consegna ad ogni singolo votante, resta il diritto di ognuno di vedere riflessa la propria posizione nel compromesso finale. Al contempo si è fissato il dovere di ognuno di mettere in discussione, ovvero negoziare, le proprie posizioni per dare la possibilità a tutti di progredire (come riportato da Chiara Rogate - il mantra di Cancún è stato “moving forward” piuttosto che “reaching consensus”). L’Accordo di Cancún contiene tutti gli elementi necessari a garantire efficacia e flessibilità al futuro meccanismo per la lotta ai cambiamenti climatici che a Durban dovrà impegnare tutti i paesi. Riconosce l’urgenza di un’azione collettiva da cui nessuno può ritenersi escluso. Si dovrà dunque stabilire un obiettivo globale in termini di riduzione netta delle emissioni tale da assicurare che la crescita della temperatura non superi i 2° C. L’obiettivo dovrà essere suddiviso tra tutti i paesi, tenendo conto delle responsabilità e delle capacità di ogni nazione, e della necessità di non bloccare la crescita dei paesi in via di sviluppo. È stato dunque dato inizio a un circolo virtuoso in grado di produrre mitigazione e adattamento, e di minimizzare i cambiamenti climatici, una delle più gravi minacce legate alla insostenibilità degli attuali cicli produttivi e stili di vita. La speranza si potrà concretizzare a Durban, dove tutti saranno chiamati a dare il loro contributo; l’Italia questa volta non dovrebbe tirarsi indietro, ma essere attore di una lungimirante politica internazionale che abbia nelle politiche per lo sviluppo sostenibile, e perciò nella lotta ai cambiamenti climatici, gli strumenti necessari a garantire progresso economico e sociale ad ogni paese. . Testo di Sandro Federici, con il contributo di Sylvie Coyaud |
Per il nostro
Emporio...
clicca!
Spazio autogestito Google