Il villaggio di Asterix della Val di Susa è tornato a far sentire la propria voce contro l’alta velocità. Fallisce infatti il primo tentativo delle forze dell’ordine di sgomberare i blocchi stradali e i presidi che hanno impedito alle ruspe di raggiungere l’area prevista del cantiere nei pressi di Chiomonte. Quando l’altra notte, le scavatrici e i blindati della polizia hanno provato a dare inizio ai lavori del tunnel di 7.5 chilometri della Maddalena, si sono imbattuti nel fronte compatto e deciso dei tanti valsusini accorsi per ostacolare i lavori. Dopo la marcia di sabato, la lotta si è spostata alla Maddalena dove il movimento No Tav ha ridato vita alla forma di protesta che da sempre lo contraddistingue: quella dei presidi permanenti.
Ed è proprio dal presidio della Maddalena che la scorsa notte è partita la segnalazione dell’arrivo delle ruspe. Poco dopo le undici di sera, l’autostrada A32 è stata bloccata dalle autorità per permettere l’arrivo delle scavatrici scortate dai mezzi delle forze dell’ordine. Le altre strade che portano all’area del cantiere erano state bloccate in precedenza dagli abitanti con barricate naturali di tronchi e alberi. Non è facile districarsi tra gli stretti tornanti che conducono alla Maddalena e solamente chi ci vive può conoscere le vie d’accesso. Qui, tra i vigneti e le rovine degli insediamenti neolitici, le vie che permettono gli spostamenti più veloci sono quelle dei sentieri che in passato venivano utilizzati dai contrabbandieri per superare il confine francese. «Queste terre – racconta uno dei più anziani del presidio – hanno conosciuto prima il passaggio di Annibale, poi la predicazione di Fra Dolcino e infine la lotta partigiana».
Storie di resistenze passate che fondendosi con la lotta No Tav hanno contribuito a creare una vera e propria mitologia su queste valli. Nel corso di questi anni, la lotta No Tav sembra aver raccolto quella eredità che ha portato alla riscoperta di un nuovo senso di appartenenza al proprio territorio. Una nuova identità che, nata nel conflitto sul Tav, si è evoluta in una valorizzazione della propria terra e nella sua difesa attiva. Diversi giovani, dopo aver concluso gli studi universitari a Torino, hanno deciso di cercare lavoro nella propria valle, così come nuove famiglie sono tornate a ripopolare i piccoli comuni nei quali erano nati. Ed ora si ritrovano a condividere le proprie esperienze al presidio della Maddalena, nell’area dove dovrebbe sorgere il cantiere. Il presidio è dunque tornato ad essere il fulcro centrale della protesta. Una realtà che ricorda il villaggio dei galli disegnato da Goscinny e Uderzo e che si è dimostrata capace di mobilitare in pochi minuti centinaia di persone anche nel cuore della notte.
A sei anni di distanza da Venaus, i metodi della mobilitazione non sono cambiati, anzi si sono rafforzati grazie all’uso dei social network e del web 2.0. che hanno amplificato istantaneamente il segnale arrivato dalla Val di Susa e hanno costretto gli ufficiali a rimandare l’inizio dei lavori.
Sono giorni decisivi per il futuro della Tav. Mentre i sindaci dei comuni di centrosinistra hanno creato un comitato di crisi pronta ad intervenire nel caso la tensione dovesse salire, rimane fissa la scadenza del 31 maggio quale data ultima per l’inizio dei lavori, pena la perdita di una parte di fondi europei. Gli abitanti della val di Susa lo sanno bene e proveranno a resistere fino alla fine del mese. Si profilano altre notti insonni per i No Tav. All’indomani del tentativo di blitz, il timore è paragonabile alla stanchezza per un’altra notte in bianco. Mentre al mattino arrivano altri giovani a dare il cambio a chi ha passato la notte sveglio, ci si chiede quale sia la ricetta che ha permesso ai val susini di bloccare fin qui la costruzione della grande opera. L’unica risposta che arriva è questa: «Nessuna pozione magica, ma solamente vin brulè e tanto amore per la nostra terra».