Nota di Progetto Gaia -
La notizia è positiva ma un po' strana, sembrano non sapere che il cibo prodotto attualmente sarebbe già sufficiente per tutti! Bisogna cambiare alimentazione evitando la carne e rinunciare ai biocarburanti. Ribadiamo la nostra posizione:
a) - Produzioni agricole biologiche e finalizzate al nutrimento DIRETTO delle popolazioni umane locali;
b) - Drastica riduzione dell'uso di carne e derivati animali sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli industrializzati;
c) - Una Politica demografica di stabilizzazione delle popolazioni a più alto tasso di crescita.
Vedi: www.alimentazionesostenibile.org
La Fao lancia un nuovo modello di sviluppo agricolo sostenibile per produrre di più con meno: è una rivoluzione
La crescita demografica, che si sia maltusiani o no, è comunque questione di rilievo da tutti i punti di vista. La Fao lo sa meglio di chiunque altro e ha annunciato oggi il lancio di una nuova grande iniziativa per riuscire a produrre più cibo per una popolazione mondiale in continua crescita in modo, questo è l'aspetto determinante - sostenibile dal punto di vista ambientale. Una rivoluzione, va detto senza temere di cadere nella retorica.
L'appello della Fao per un'intensificazione della produzione agricola che sia sostenibile, ad oltre mezzo secolo dalla piuttosto discussa Rivoluzione Verde degli anni '60, è contenuto in una nuova pubblicazione "Save and Grow" curata dalla Divisione Fao Produzione vegetale e protezione delle piante.
Il nuovo approccio - si legge in una nota - si rivolge soprattutto ai piccoli contadini dei paesi in via di sviluppo: circa 2,5 miliardi di persone, famiglie rurali a basso reddito dei paesi in via di sviluppo che vanno aiutate ad economizzare sui costi di produzione e a costruire prosperi sistemi agro-alimentari. Questo li metterà nelle condizioni di massimizzare le rese ed investire i risparmi nella salute e nella scolarizzazione. Si stima che la Rivoluzione verde abbia salvato dalla carestia un miliardo di persone, e che tra il 1960 ed il 2000 sia riuscita a produrre cibo più che a sufficienza per una popolazione mondiale che nello stesso periodo era raddoppiata, passando da 3 a 6 miliardi di persone.
Tuttavia, l'attuale paradigma di produzione intensiva non riesce più a stare al passo con le sfide poste dal nuovo millennio. Per crescere l'agricoltura deve ora imparare a preservare. Un vero approccio da economia ecologica dunque.
L'approccio "produrre di più con meno" attinge in parte alle tecniche dell'agricoltura di conservazione - una serie di pratiche agronomiche che permettono una migliore gestione del suolo, limitando gli effetti negativi sulla sua composizione. Per fare questo - che va detto è esattamente contrario a quanto fu fatto con la Rivoluzione Verde - essa promuove una lavorazione minima del terreno, facendo a meno di un'aratura profonda, per mantenere in modo permanente la copertura organica. I residui delle coltivazioni vengono lasciati sui campi e si fanno rotare le colture alternando quelle cerealicole con le leguminose che arricchiscono il terreno. Qualcosa questo che molto assomiglia ai dettami dell'agricoltura biologica che, prima di tutto, rompe il modello di quella intensiva.
Tra le altre tecniche sviluppate dalla Fao e dai suoi partner nel corso degli ultimi anni ed ora presentate nella pubblicazione "Save and Grow", vi è l'irrigazione di precisione, per produrre di più con meno acqua, ed un impiego più preciso dei fertilizzanti per raddoppiare l'ammontare di nutrienti assorbiti dalle piante.
La gestione integrata delle infestazioni parassitarie, le cui tecniche combattono i parassiti senza un eccessivo ricorso ai pesticidi, è un altro elemento chiave.
Questi metodi aiutano le colture ad adattarsi al cambiamento climatico e non solo fanno produrre più cibo, ma contribuiscono anche a ridurre il fabbisogno di acqua del 30 per cento ed i costi energetici sino al 60 per cento. In alcuni casi si possono incrementare le rese di sei volte, come dimostrano i test effettuati di recente in Africa australe. Le rese dei coltivatori che hanno seguito queste tecniche in 57 paesi a basso reddito sono aumentate di circa l'80 per cento.
Un nuovo modello produttivo che incorpora anche un approccio che rispetta gli ecosistemi e capitalizza il ruolo della natura nella crescita delle colture - sostanze organiche contenute nel suolo, regolazione del flusso idrico, predatori contro i parassiti, pollinazione naturale. Questo nuovo approccio affonda le sue radici sull'esperienza fatta con la Rivoluzione Verde degli anni '60, che puntava ad innalzare i livelli produttivi, trascurando però - come detto - l'impatto ambientale.
Decenni di coltivazione intensiva hanno talvolta degradato terre una volta fertili ed esaurito le falde acquifere, provocato recrudescenze di infestazioni parassitarie, eroso la biodiversità, inquinato l'aria, il suolo e l'acqua. Peraltro va notato che stanno calando i tassi di crescita dei rendimenti dei principali cereali.
Per nutrire una popolazione mondiale che si prevede nel 2050 raggiungerà i 9,2 miliardi di persone - che nei paesi in via di sviluppo implica riuscire a soddisfare una domanda alimentare raddoppiata - non c'è altra scelta se non intensificare ulteriormente la produzione agricola. Per sconfiggere la fame e soddisfare la domanda di cibo per il 2050, la produzione deve crescere del 70 per cento nel mondo, e del 100 per cento nei paesi in via di sviluppo.
L'elemento chiave per vincere questa sfida sta in un'intensificazione della produzione che sia sostenibile, che è quello che viene proposto in "Save and Grow". Questo implicherà un passaggio da un modello omogeneo di produzione agricola a sistemi produttivi responsabili che si adattino ai diversi luoghi e situazioni.
Sarà inoltre necessario dare sostegno agli agricoltori così che possano apprendere le nuove pratiche e tecnologie, mentre i governi da parte loro dovranno rafforzare i programmi nazionali di miglioramento e selezione delle specie vegetali per sviluppare nuove varietà di sementi resistenti ai cambiamenti climatici.
I governi dovranno anche fornire incentivi all'adozione di questo nuovo modello, come ad esempio ricompensare la buona gestione degli ecosistemi e promuovere maggiori investimenti in agricoltura.
I paesi sviluppati dovranno incrementare la quota di aiuti ufficiali allo sviluppo da destinare all'agricoltura dei paesi in via di sviluppo, i quali da parte loro dovranno allocare una quota più ampia dei loro budget nazionali al settore agricolo. Lo studio auspica anche un aumento degli investimenti del settore privato sia a livello nazionale che internazionale.
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