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[Data: 06/10/2011] [Categorie: Ecologia ] [Fonte: Il Cambiamento] |
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Land Grabbing, quando multinazionali e governi rubano la terra ai poveri Una parte del mondo cresce a dismisura e costruisce case vorticosamente, affermando con maggiore incisività la tendenza ad una cultura sempre più urbana. Nel sud del mondo, intanto, multinazionali e governi 'scippano' le terre ai poveri incrementando il fenomeno del land grabbing e gettando le basi di quello che già ha le sembianze di un nuovo colonialismo. Il Panel 'Scenari immobiliari' ha messo a punto l’Outlook di previsioni al 2020, uno studio basato sulle tendenze attuali, sulle elaborazioni dei più importanti osservatori mondiali e su 150 interviste tra economisti, investitori e operatori internazionali per stimare il trend di crescita del settore edilizio mondiale. Si prevede che entro il 2050 sul pianeta vivranno oltre nove miliardi di persone. Circa il 95% della crescita avverrà nei Paesi sottosviluppati, con un riferimento particolare alle cinquanta nazioni più arretrate della terra, dove la popolazione è destinata addirittura a raddoppiare. L’India, entro quella data, diventerà il paese più popoloso al mondo. In termini immobiliari e sociali, oggi, a governare il pianeta è la cultura urbana, quella insomma volta a prediligere le città sulle campagne. Secondo le stime, le città occupano il 2% della superficie mondiale, ma ospitano più del 50% della popolazione con una proiezione del 60% entro il 2020. Seguendo l’escalation costruttiva, il ritmo dello sviluppo sarà particolarmente veloce in Asia, dove circa 12 megalopoli avranno, ciascuna, qualcosa come 12 milioni di abitanti. Tokyo ne avrà più di 35 milioni mentre in Cina è già allo studio un progetto che vorrebbe accorpare nove città per creare un’unica enorme megalopoli con oltre 42 milioni di abitanti. Con l’ingrandirsi delle città, con il loro riqualificarsi dal punto di vista della capienza si fa avanti anche il problema abitativo. Si pensa che nel corso del prossimo decennio le costruzioni globali cresceranno di circa il 70% e cresceranno da 7,5 trilioni di dollari a 12,7 trilioni con un peso che passerà, nel 2020, dal 13,5% al 15% del PIL e dal 7% all’8,5% della forza lavoro. Il dato sconcertante è però quello che riguarda le nazioni emergenti, dove si prevede un aumento medio del 112% e un’incidenza sul PIL superiore al 17%. Dal punto di vista strutturale, invece, le previsioni non sono rosee, se si pensa ai volumi percentuali (di abitanti e abitazioni) in crescita esponenziale. Buona parte delle infrastrutture dei paesi sviluppati, infatti, risulta inadeguata o insufficiente quantitativamente a causa di scarsi investimenti fatti negli ultimi trenta-quaranta anni. Nella proiezione, questa carenza risulterà più marcata nelle grandi città, dove a maggiore popolazione corrisponde una maggiore richiesta ed esigenza di servizi. Se da un lato il Panel di Scenari immobiliari traccia un quadro molto importante di crescita edilizia, un nuovo rapporto di Oxfam Italia ci riporta, invece, alla radice del problema connesso all’inurbamento: la ricerca ossessiva di spazi sempre più grandi per l’impianto delle multinazionali, per la crescita delle aree abitative, per le colture. Secondo il rapporto, che punta il dito contro Governi e multinazionali, sono 227 milioni gli ettari di terra venduti, affittati o concessi in uso in tutto il mondo dal 2001. Un numero che in termini geografici abbraccerebbe una superficie grande quanto l’intera Europa nord-occidentale. Si tratta di land grabbing, ovvero l’accaparramento incontrollato delle terre effettuato da investitori internazionali che stringono accordi su vasta scala. Il fenomeno è in continua espansione e mette a repentaglio le comunità povere che perdono case e mezzi di sostentamento senza indennizzi e senza nemmeno la possibilità di intentare ricorsi per vedere riconosciuti i propri diritti. La lacunosità e la scarsa trasparenza nell’atto della compravendita di terra rendono difficile calcolare con esattezza l’ammontare della terra sottoposta alla pratica di land grabbing. Oxfam Italia ha passato al setaccio circa 1.100 accordi relativi all’acquisizione di 67 milioni di ettari scoprendo che il 50% delle compravendite sono avvenute in Africa per un ammontare di superficie equivalente all’intera Germania. Questa nuova corsa all’oro è fatta sulla pelle dei più poveri; gli investitori ignorano i diritti delle comunità locali che fondano la propria economia sulla terra e non è nemmeno la cosa più grave perché più grave del danno, spesso, è la beffa: l’80% delle terre accaparrate rimane inutilizzato. Oxfam Italia attraverso il suo rapporto-denuncia fa anche chiarezza su alcuni “miti” legati all’investimento sui terreni del sud del mondo portando gli esempi dell’Uganda, del Sud Sudan, dell’Indonesia, dell’Honduras e del Guatemala. Nel caso dell’Uganda, ad esempio, circa 22.500 persone hanno perso casa e terra espropriate dalla New Forest Company, una compagnia britannica che commercia in legname che ha allontanato le popolazioni dalla propria terra causando loro gravi difficoltà nel sostentamento e nel soddisfare le più elementari necessità quotidiane. I dati di Scenari immobiliari ed Oxfam Italia ci dimostrano ancora una volta come il bilanciamento internazionale si confermi squilibrato per eccesso nel nord e per difetto nel sud del mondo in un’infinita saga tra scippatori e scippati in cui i ruoli sembrano lontani dall’invertirsi.
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