c Ciao ciao Berlusconi, ma non è il momento di festeggiare - 17/11/2011 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 17/11/2011]
[Categorie: Economia;Politica; ]
[Fonte: Il Cambiamento]
[Autore: Andrea Degl'Innocenti]
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Ciao ciao Berlusconi, ma non è il momento di festeggiare
Berlusconi e Monti, il passato ed il futuro dell'Italia, il primo responsabile di uno dei capitoli più bui del nostro paese, il secondo emissario di forze internazionali che mirano a depredarlo delle proprie risorse

Berlusconi e Monti
Berlusconi e Monti, il passato ed il futuro dell'Italia, il primo responsabile di uno dei capitoli più bui del nostro paese, il secondo emissario di forze internazionali che mirano a depredarlo delle proprie risorse

Certo, dopo 17 anni ce lo saremmo immaginati in un altro modo. Non mancano le feste e i caroselli, le grida di giubilio per le strade, le piazze gremite di gente e di bandiere. Ma la sensazione di fondo è quella di una gioia che non riesce ad esplodere. Quello che con ogni probabilità è l'addio definitivo di Silvio Berlusconi alla politica merita oggi giusto un melanconico brindisi, un'alzata di calici alla fine di un'era buia del nostro paese, con la felicità uccisa sul nascere dalla mancanza di prospettive future confortanti.

Immagino che qualcosa di simile possano averlo provato i popoli libici o iracheni, quando hanno festeggiato la fine di una dittatura salutando al tempo stesso l'avvento di un'altra, forse persino peggiore. Già, perché se un Saddam e, ancor più, un Gheddafi erano figli della storia e della cultura del proprio paese, frutti degeneri del proprio albero, la dittatura avventizia ne era del tutto estranea, e somigliava piuttosto ad un'invasione.

Similmente, Silvio Berlusconi appartiene alla nostra storia. Al lato peggiore della nostra storia, fatta di mafia e di logge massoniche, di corruzione, di inganno delle masse, di populismo di comodo. Ma ogni tratto della sua figura e ogni aspetto della sua controversa parabola personale e politica è riconducibile alle fila delle vicende italiane.

Dai finanziamenti ottenuti dalla Banca Rasini - la principale banca usata dalla mafia nel nord Italia per il riciclaggio di denaro sporco, che aveva come clienti Totò Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò - per avviare la sua carriera d'imprenditore nel campo dell'edilizia, nel 1961, alle pressioni su politici e ministri, qualche anno più tardi, per ottenere il cambio di alcune rotte aeree dell'aeroporto di Linate, che a causa dei decibel eccessivi rendevano difficili da vendere gli stabili di Milano 2.

Per non parlare dell'amicizia con Craxi, sotto la cui ala protettiva nasce e cresce la figura politica di Berlusconi. Fu Craxi, nel 1984 ad evitare con una prima legge ad personam la chiusura delle reti Mediaset, ree di aver infranto il monopolio delle tv di stato. Berlusconi ebbe poi a ringraziare con una letterina inviata all'allora primo ministro – che inizia con “Caro Bettino grazie di cuore per quello che hai fatto” - ed una tangente di 21 miliardi di lire, passati attraverso la società All Iberian.

Fra i mille processi che caratterizzano la parabola di Berlusconi spiccano quello che riguarda le stragi del 1992-93 e quello per mafia. Nel primo gli inquirenti hanno a lungo indagato sulla sua presenza fra i mandanti a volto coperto della morte dei magistrati Falcone e Borsellino, nel '92, e delle stragi di Firenze, Roma e Milano, l'anno successivo. Nel secondo Berlusconi è stato indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco, ma nel 1998 l'indagine è stata archiviata per scadenza dei termini massimi concessi, nonostante i numerosi indizi sui rapporti di Berlusconi e Dell'Utri con uomini di Cosa nostra e la condanna del secondo a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

E poi gli innumerevoli processi per corruzione, ed una carriera politica costellata da leggi ad personam e disprezzo per gli avversari politici e – soprattutto – per la volontà popolare (quest'ultimo mal celato da un finto populismo, sgretolatosi in fretta non appena i suoi interessi si sono allontanati da quelli del suo elettorato).

Insomma, il nome di Berlusconi spunta in molte delle vicende più oscure della nostra storia, compresa quella della loggia massonica P2 di Licio Gelli; egli annovera fra i membri del suo entourage rinomati mafiosi, faccendieri, massoni. Per questi motivi avrebbe avuto un sapore diverso se a porre fine al suo percorso politico fosse stata una sollevazione popolare, un movimento intestino, piuttosto che una tempesta finanziaria internazionale, sorretta e convogliata sul nostro paese da poteri che hanno le proprie origini altrove. E se a prendere il suo posto fosse stato un soggetto democraticamente eletto, magari figlio della cultura legalista, pacifista e ambientalista che da anni si oppone all'ex presidente del consiglio.

Invece, se andiamo ad analizzare la figura che si prospetta come leader dell'instaurando governo tecnico, il grido di gioia per la fine dell'era Berlusconi rischia di morire in gola, sul nascere. Mario Monti è un emissario diretto di quelle forze ultraliberali che premono sui governi nazionali per imporre altre ondate di privatizzazioni e deregolamentazioni, facendole passare come ricette anticrisi. È la figura scelta per perpetuare il furto di democrazia, diritti e beni materiali ai danni del nostro paese, il dottore che ci farà ingerire l'amara pillola, propinandocela come medicina.

Il meccanismo è noto, ed è illustrato con chiarezza nel documentario “Shock Economy” curato da Naomi Klein. La giornalista e scrittrice canadese spiega come il sistema capitalistico neoliberista, nato dalle teorie dell'economista Milton Friedman in opposizione politiche keynesiane, utilizza gli stati di shock emotivo per imporre alle popolazioni misure che altrimenti non sarebbero disposti ad accettare. Gli shock possono essere provocati da catastrofi naturali, guerre, crisi economiche. In ciascuno di questi casi il risultato non cambia. È avvenuto in Cile con il regime di Pinochet, amico e seguace di Friedman, si è ripetuto ad Haiti dopo lo Tsunami – tutte le spiagge sono state privatizzate – e avviene nelle recenti guerre in Iraq, Afghanistan e Libia.

“Stiamo assistendo ad un trasferimento di beni di dimensioni incommensurabili – spiega la Klein nel documentario – dalle mani pubbliche, dei governi (soldi presi dalla gente comune, sotto forma di imposte), nelle mani delle persone e delle imprese più ricche del mondo, tralasciando di dire che sono le stesse persone e imprese che creano questa crisi”. E tutto ciò avviene proprio attraverso la “Dottrina dello shock”, ovvero “ il sistematico saccheggio della sfera pubblica dopo un disastro”.

Mario Monti ha tutte le caratteristiche per essere il nostro “Dottore dello shock”. Si è formato negli Usa, dove ha conseguito una laurea a Yale ed è cresciuto sotto l'influenza di Zbigniew Brzezinski, influentissimo politologo statunitense alla base di molte delle decisioni strategiche nella politica estera americana degli ultimi quarant'anni.

Dopo essere stato rettore e presidente della Bocconi, è diventato, a partire dal 2005, international advisor della Goldman Sachs, la più potente banca d’affari americana, che condiziona mercati e governi. Per dare un'idea dell'influenza della Golman Sachs sulle politiche mondiali, basta citare le parole del trader indipendente Alessio Rastani e riportate da un interessante articolo del Fatto Quotidiano: “i governi non governano il mondo, Goldman Sachs governa il mondo”.

Ma non è tutto. Monti è stato anche il primo presidente del Think Thank “Bruegel”, finanziato da 16 stati membri dell'Ue e da 28 multinazionali per influire sulle politiche comunitarie ed è presidente europeo della Commissione Trilaterale. Quest'ultima è un club ultraliberale fondato nel 1973 da Brzezinski su incarico di David Rockfeller per incentivare la collaborazione fra Stati Uniti, Europa e Giappone, diventato in breve un luogo d'incontro degli uomini più potenti del pianeta, all'interno del quale si stringono patti informali destinati, secondo molti, a condizionare l'economia mondiale.

Insomma, sebbene nessuno ci possa togliere la soddisfazione di un brindisi all'addio di Berlusconi, condito dalla certezza che non lo rimpiangeremo, è pur vero che forse non è ancora giunto il momento di festeggiare.

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