c Migrazioni climatiche: ogni anno, milioni di persone in fuga - 29/03/2012 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 29/03/2012]
[Categorie: Ecologia;Equità;Politica; ]
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Migrazioni climatiche: ogni anno, milioni di persone in fuga

La Terra si riscalda troppo e fa avanzare il deserto oppure le acque, che sommergono intere regioni. Siccità o inondazioni, stesso risultato: un esodo biblico, con la fuga di milioni di persone, specie dalle aree sovrappopolate dell’Asia e del Pacifico, dov’è più forte l’esplosione demografica degli ultimi anni. Solo nell’ultimo biennio, secondo gli osservatori più attenti, più di 42 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case. E la situazione è destinata a peggiorare: «I cambiamenti climatici aumenteranno la frequenza e la gravità di tali eventi, rendendo zone sempre più ampie inospitali e insicure per gli insediamenti umani», afferma nel suo ultimo rapporto l’Asian Development Bank. Emergenza anche economica, ad aggravare il bilancio della crisi: alluvioni, terremoti, siccità e incendi ci costano sempre di più, e la colpa è del “climate change”. Un conto salatissimo per l’umanità: 300 miliardi di euro, solo nel 2011, cioè il doppio dell’anno precedente.

L'alluvione in Thailandia

Oggi, scrive Andrea Bertaglio sul “Fatto Quotidiano”, anche ai più “eco-scettici” risulta difficile ignorare che decine di milioni di persone, ogni anno, vedono spazzata via la propria casa, o rischiano di vedere il proprio Paese inghiottito dall’oceano. Ma la situazione, ormai a un passo dall’essere fuori controllo, ha in particolare conseguenze enormi sugli abitanti delle aree asiatiche più densamente popolate e degli Stati-Isola del Pacifico, dove sempre più vittime del clima vedono nell’emigrazione l’unica possibilità di futuro. Il pericolo più incombente, secondo lo studio di Adb, rimane quello delle inondazioni, sia nelle zone costiere che fluviali. Ma alluvioni come quelle che hanno recentemente flagellato la Thailandia, mettendo in ginocchio anche l’industria globale dell’high-tech, o che minacciano Paesi come India, Bangladesh, Afghanistan o Birmania, potrebbero essere tenute sotto controllo, per la Banca per lo Sviluppo asiatico, con misure e soprattutto con infrastrutture adeguate.

«I governi non dovrebbero aspettare ad agire», avverte la banca asiatica, istituita negli anni ’60 per iniziativa degli Usa sul modello della Banca Mondiale: «Muovendosi ora, possono ridurre la vulnerabilità, rafforzare la resilienza e sfruttare le migrazioni come uno strumento di adattamento, piuttosto che lasciarle diventare un atto di disperazione». Secondo gli strateghi economici dell’Adb, la minaccia del “global warming” potrebbe persino trasformarsi in un business, investendo centinaia di miliardi per creare nuove infrastrutture capaci di rendere meno traumatici gli effetti di tifoni, uragani ed alluvioni. Non la pensa così la compagnia assicurativa tedesca Munich Re, leader mondiale nel campo della ri-assicurazione, che tutela le grandi compagnie assicuratrici in caso di danni eccezionali, secondo cui il 90% delle catastrofi naturali dello scorso anno è stato causato da eventi estremi legati al clima, in un quadro segnato dalla maggiore densità della popolazione mondiale, nonché da infrastrutture più complesse e più costose di un tempo. Il colpo di grazia arriva dal clima impazzito: ormai il global warming è una realtà anche economica, con spese ogni anno più disastrose. 

Sud-est asiatico: esodo climatico

Secondo Sergio Castellari del Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici, il global warming minaccia innanzitutto i paesi in via di sviluppo accrescendone la vulnerabilità, con oltre il 95% della mortalità causata da disastri naturali. Ma neppure l’Italia può dormire sonni tranquilli: nei prossimi decenni ci si aspetta, ancor più che nel resto della regione mediterranea, di dovere far fronte ad un impatto dei cambiamenti climatici particolarmente negativo. «Questi impatti, combinandosi agli effetti dovuti alle pressioni antropiche sulle risorse naturali, fanno della nostra regione una delle aree più vulnerabili d’Europa». I conti delle assicurazioni tedesche tornano perfettamente: la colpa è dei gas serra, che aggravano la pessima gestione idrogeologica del territorio. «Basti pensare che, sempre nell’arco del 2011, inondazioni e frane sono quasi triplicate», ricorda Bertaglio, citando gli ultimi drammatici eventi che hanno funestato Liguria e Sicilia.

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