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[Data: 11/04/2012] [Categorie: Ecologia; ] [Fonte: Greenreport.it] |
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Carbon capture and storage, la Gran Bretagna fallisce e ci riprova con un miliardo di sterline Oggi sul Sole 24 Ore Fabrizio Forquet portava l'esempio della Gran Bretagna come quello di una buona economia del rigore: «L'attività di spending review è proseguita con round successivi tra il 1998 e il 2010 con tagli ripetuti alla spesa pubblica nell'ordine di 20 miliardi di sterline annui. Gli obiettivi per il quadriennio 2011-2015 sono ancora più ambiziosi: tagli alla spesa pubblica per 81 miliardi di sterline, risparmi sui ministeri per un importo medio pari al 19%, taglio di 7 miliardi di sterline per il welfare state e taglio del 7% agli enti locali. Il settore pubblico, nel periodo considerato, vedrà una riduzione di 490mila dipendenti. Difficile poter pensare a qualcosa di analogo in Italia. D'altra parte bisogna essere seri: all'interno della spesa pubblica, al contrario di quanto un certo populismo vuole credere, non ci sono tesoretti da raccogliere con facilità». Forse a Forquet, nel suo impeto da tagliatore di teste e di fondi, è sfuggita la vicenda di uno spreco gigantesco che non solo è scampato ai tagli del governo britannico, ma che addirittura, nonostante il primo clamoroso fallimento, viene riproposto mentre il governo di Sua Maestà britannica fa il virtuoso con il welfare e le tasche degli altri. Infatti il governo conservatore-liberaldemocratico (appoggiato dall'opposizione laburista) ha rifinanziato con un altro miliardo di sterline la carbon capture and storage (Ccs) dicendo che, se il progetto pilota funzionerà, potrebbero essere realizzata una nuova industria da 100.000 posti di lavoro. Secondo la normativa Ue, le imprese dovranno presentare le loro offerte entro il 13 aprile per un progetto da oltre un miliardo di sterline di fondi pubblici che punta a catturare e stoccare sotto terra la CO2 emessa dalle centrali elettriche (private) per raggiungere così gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra che si è data la Gran Bretagna. Il ministro dell'energia e del cambiamento climatico, Ed Davey, ha detto che l'offerta per l'industria è «Una delle migliori nel mondo e darebbe al Regno Unito una road map per sviluppare le tecniche necessarie. Quello che stiamo cercando di raggiungere è di diventare il nuovo leader a livello mondiale dell'industria Ccs, piuttosto che semplicemente progetti isolati, in uno dei settori in grado di competere con le altre fonti a basse emissioni di carbonio per garantire la sicurezza e la diversificazione della nostra fornitura di energia elettrica e rendere pulite le nostre industrie ad alta intensità energetica. L'industria Ccs potrebbe valere 6,5 miliardi di sterline l'anno per l'economia britannica alla fine degli anni 2020, al termine dei quali ci potrebbero essere impianti tra i 20GW e i 30GW che utilizzano la tecnologia, equivalenti da 12 a 20 grandi centrali elettriche». Se tutto dovesse riuscire i primi impianti pilota di Ccs britannici potrebbero entrare in funzione tra il 2016 e il 2020. Il nuovo bando sarà aperto anche alle centrali elettriche a gas, ma questo potrebbe anche renderlo meno attraente per gli investitori stranieri che sono più concentrati sull'utilizzo del Ccs nelle centrali a carbone, che producono più emissioni di CO2. Ma Jeff Chapman, chief executive della Carbon capture and storage association, non sembra molto preoccupato dei precedenti insuccessi: «Siamo davvero molto felici per questo annuncio che afferma la necessità reale della tecnologia Ccs per soddisfare i nostri obiettivi relativi ai cambiamenti climatici, e fornisce una road map per arrivarci». Al progetto pilota Ccs andranno oltre un miliardo di sterline e il governo ha già stanziato 125 milioni di sterline presi dai fondi per la ricerca e sviluppo e assicura che presto fornirà i dettagli su come la tecnologia potrà essere finanziata a lungo termine, cioè dopo gli impianti saranno costruiti, attraverso "contracts for difference", che danno la priorità alle centrali elettriche low carbon rispetto a quelle tradizionali. Il problema è che la contestata tecnologia Ccs trasformerà in low carbon le centrali tradizionali e toglierà finanziamenti alle vere energie rinnovabili. Anche se esistono piccoli impianti pilota Ccs, e se una tecnologia simile è stata utilizzata per stoccare le scorie nei pozzi petroliferi esauriti, non esiste nessun progetto Ccs su vasta scala commerciale come quella di una centrale elettrica funzionante. Inoltre è probabile che ogni impianto Ccs costerà molto più del miliardo di sterline previste e che le spese per il suo funzionamento saranno molto più alte rispetto alle centrali convenzionali. Ma la cosa che fa riflettere e che mette in dubbio il virtuosismo inglese magnificato dal Sole 24 Ore è che i precedenti tentativi di realizzare un'industria Ccs sono miseramente naufragati. Un bando del precedente governo laburista ci ha messo anni per partire e poi si è lentamente estinto mentre i 9 concorrenti si defilavano. Appena nell'ottobre 2011 è arrivata l'ultima rinuncia: quella del progetto pilota della centrale a carbone scozzese di Longannet, la seconda più grande del Regno Unito e la terza più grande di Europa, sarebbe fallito perché la tubazione richiesta per stoccare in mare la CO2 era troppo lunga e il miliardo di sterline di budget non sarebbe bastato. Longannet è uno degli impianti più inquinanti del Paese e produce energia per 2 milioni di persone ed emette tra i 7 e gli 8 milioni di tonnellate di CO2 l'anno, il progetto pilota Ccs puntava ad iniettare le emissioni di CO2 di Longannet nei giacimenti esauriti di petrolio e di gas nel Mare del Nord, raggiungendoli con 260 km di tubazioni. Il Wwf Scozia, disse subito che il crollo di quel progetto dimostrava che «Sono stati sprecati 4 anni della battaglia per contrastare i cambiamenti climatici». Ora uno dei piani del governo è quello di favorire "cluster" di impianti che utilizzino il Ccs, un approccio accolto da 2Co Energy, una delle società che sono dietro il progetto Ccs Don Valley, nel sud dello Yorkshire, che vuole organizzare un cluster nella regione dell' Humber gateway, per pompare la CO2 nei pozzi petroliferi in esaurimento del Mare del Nord, cercando così di estrarre anche le ultime gocce di petrolio. Ma stoccare CO2 per pompare più petrolio che la produce sembra una cosa abbastanza strana, un circolo vizioso che fa inorridire gli ambientalisti britannici. |
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