La composizione del mix energetico utilizzato per la produzione immessa nel sistema elettrico italiano nel 2011 di Enel Produzione, circa 79 TWh, è per il 48,7% costituita da carbone, mentre la restante parte è costituita da gas (28,9%), rinnovabili (20,7%) e prodotti petroliferi (1,7%). Quote che risultano dall’ultimo rapporto sul “fuel mix disclosure” elaborato dal GSE. Dato interessante quello di Enel Produzione, che vede crescere rispetto al 2010 la sua quota di carbone (era del 40,6%) e diminuire considerevolmente quella di rinnovabili (era del 26,4%) e di gas (30,5%).
Questi dati, forniti a livello nazionale e per singolo produttore, hanno, come spiega il GSE, la finalità di “consentire ai fornitori di energia elettrica di specificare nelle fatture e in tutto il materiale promozionale inviato ai clienti finali, la quota di ciascuna fonte energetica nel mix complessivo di combustibili utilizzato negli anni precedenti”. Sarebbero comunque dati da ricordare quando vedremo quegli spot molto “green” del nostro ex monopolista, alla ricerca di azionisti. Come abbiamo ricordato in un nostro recente articolo (Qualenergia.it, I conti sporchi del carbone), in Italia si produce il 13% d'elettricità da carbone e di questa percentuale il 70% lo fa Enel, che peraltro punterebbe a portare la produzione nazionale di questa fonte al 20%. L'accusa l'ha portata alla ribalta Greenpeace, associazione che, dopo la pubblicazione del rapporto “Enel – Il carbone costa un morto al giorno” (pdf), Enel ha annunciato di voler querelare.
Il carbone di Enel emette ogni anno 27 milioni di tonnellate di CO2 (quanta ne emettono circa 22 milioni di auto nuove percorrendo 10 mila km in un anno) denuncia Greenpeace; libera in atmosfera annualmente circa 24 mila tonnellate di ossidi di zolfo, 15 volte il quantitativo emesso dall’intero settore dei trasporti stradali ogni anno, e circa 20 mila tonnellate di ossidi di azoto: quante ne emettono oltre 3 milioni e 300 mila auto Euro 5 che percorrono 10 mila chilometri in un anno, ancora, il 35% in più di quante ne emette l’intera attività agricola italiana annualmente.
Dei danni ambientali e sanitari se ne parla appunto in quel rapporto accusato da Enel anche di non considerare “fonti di inquinamento come il traffico, il riscaldamento domestico e l’agricoltura, che hanno alte emissioni specifiche e un impatto preponderante rispetto agli impianti industriali”. Greenpeace proprio con le cifre sopra riportate risponde a queste considerazioni dell’Enel.
Tornando alla scala nazionale, va evidenziato come il documento pubblicato dal GSE riporti come la quota di carbone nel mix energetico utilizzato per la produzione elettrica sia cresciuto nel 2011 dal 12,8% del 2010 al 14,6% del 2011. Crescono anche le rinnovabili (da 35,6% a 36,7%) e diminuisce la quota di gas (dal 42,4 al 40%). Queste quote di mix energetico - ricordiamo - sono calcolate in maniera significativamente diversa da quelle relative agli obiettivi nazionali al 2020 per le quali si fa riferimento al consumo interno lordo nazionale e non all’energia elettrica immessa nel sistema elettrico.
Il GSE spiega, inoltre, che il mix energetico 2011 è stato calcolato sulla base dei dati trasmessi dai produttori e su quelli relativi agli impianti di produzione convenzionati Cip 6/92 e agli impianti di produzione operanti in regime di scambio sul posto. Per quanto riguarda invece l’import (nel complesso 45 TWh), sono state considerate “garanzie di origine” estere per circa 35 TWh, mentre la quota residua (circa 10 TWh) è stata attribuita alle fonti diverse dalle rinnovabili secondo il mix energetico dell’Europa dei 15 dell’anno 2010 (fonte Eurostat).
Il GSE ha determinato infatti anche il mix energetico “complementare” nazionale, cioè il mix energetico nazionale che include l’energia elettrica importata, attribuita alle diverse fonti primarie, dedotte le Certificazioni di Origine per impianti alimentati da Fonti Rinnovabili (CO-FER) cedute dai produttori ai venditori e di Garanzie di Origine estere, rilasciate in Paesi esteri, e riconosciute dal GSE come corrispondenti all’energia elettrica da fonti rinnovabili effettivamente importata in Italia.
Un dato, questo, che generalmente si ritiene molto sopravvalutato per la quota delle rinnovabili e sottovalutato per quella da nucleare. Infatti, l'obbligo dei produttori di elettricità da fonti tradizionali di acquistare una certa quota di energia da fonti rinnovabili viene aggirato importando dall'estero energia verde, che però nella realtà spesso non è tale, con un danno al buon funzionamento del meccanismo dei certificati verdi e con un peso per le bollette degli italiani. Con queste false certificazioni di origine le compagnie elettriche evitano dunque l'acquisto di CV per cifre più importanti: la stima è che dall'entrata in vigore di questo sistema di incentivazione abbiano risparmiato così 500 milioni di euro. Per mantenere appetibile il prezzo dei certificati verdi il GSE allora deve acquistarne un certo quantitativo, a un prezzo stabilito, con i soldi dei consumatori.